Futuro e utilità del MiBACT
MiBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo): ci s’interroga sull’utilità e l’avvenire di tale Ministero, che si colloca all’interno di uno scenario di mancanza di risorse, riforme avventate, e costi di mantenimento che divengono ingiustificati. Salvatore Settis si concentra su critiche oramai senza tempo, in un futuro disastroso, mentre Stefano Monti, dall’alto di una più effervescente cattedra di Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana, stila una diagnostica del presente piuttosto sistematica.
Non mancano i punti in comune tra i due che, con in mente l’articolo 9 della Costituzione, riconoscono che tutela non è sinonimo di valorizzazione; per sentirsi autorizzati a volgere il pensiero alla seconda, bisognerebbe aver adempito alla prima, che in Italia sembra mancare. E per la tutela è inutile stanziare somme superiori alla norma una tantum, del resto anch’esse irrisorie, da impiegare in interventi che sono tutt’altro che “straordinari” (come lo è stato per il piano Grandi Progetti Beni Culturali da 80milioni per il biennio 2015-16).
Le riforme si fanno, ma a costo zero siccome nuovi fondi non vengono investiti e non viene assunto nuovo personale. Le 500 assunzioni non copriranno il migliaio di pensionamenti che presto interesserà il Ministero, dove l’età media dei dipendenti è di 57 anni. Sono questi spesso individui professionalmente non aggiornati e, quindi, non preparati a un settore che si necessita dinamica e nuove competenze. Basti pensare che dai tempi del Ministero di Veltroni (1996-98) sono state varate ben 5 riforme e si sono susseguiti 10 Ministri.
Roberto Cecchi nel suo Abecedario. Come Proteggere e Valorizzare il Patrimonio Italiano scrive: “Degli 1,6 miliardi di costo dell’amministrazione [del MiBACT], che nelle previsioni 2013 vale lo 0,22% dell’intera spesa dello Stato, i fondi destinati a scopi diversi da quelli per il personale sono solo 500 milioni, che a loro volta vanno divisi tra i 400 milioni per il Fondo Unico per lo Spettacolo e poco più di 100 milioni di Euro per i Beni Culturali”. Insomma, costi di mantenimento elevatissimi per un Ministero la cui raison d’être sembra essere stata persa secondo Stefano Monti; senza nominare il sostentamento delle strutture amministrative e delle sedi ministeriali.
Continuando sul pensiero di Monti, l’azione del MiBACT viene messa in dubbio come redistribuibile tra gli altri numerosi ministeri, primo fra tutti quello dell’Economia e delle Finanze, considerato l’orientamento delle attività recenti condotte dal suddetto; la loro efficacia non sembra giustificarne i costi. Una redistribuzione potrebbe portare una maggiore coerenza economica, e quindi una maggior efficacia di implementazione, quando viene il momento della realizzazione di legislazioni la cui natura si propone la riscossione di finanziamenti, come nel caso dell’Artbonus.
Questo, a fronte di un MiBACT le cui “politiche culturali avviate negli ultimi anni sono state più influenzate da esigenze di bilancio dello Stato (taglio ai FUS, fiscalità agevolate per il Cinema, Film Commission ecc.) che da una linea di produzione culturale”, secondo nuovamente Stefano Monti. Ne deriva un Ministero che ha perso il contatto con la realtà odierna caratterizzata da linee produttive culturali innovative, quali start-up e reti di imprese, che sono state invece recepite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. È in questi modus operandi che si registrano profonde incoerenze e vizi.
Tra la Riforma Franceschini dei Beni Culturali, lo Sblocca Italia e la Legge Madia, Settis vede idee deleterie che plasmano un destino di sciagura, che potrebbe essere ammortizzato esclusivamente da nuovi fondi e personale qualificato, visto che “accorpare le Soprintendenze mortifica la professionalità, uccide la specificità delle competenze, depotenzia la tutela.” Il solito uccellaccio del malaugurio, dimessosi nel 2009 dal ruolo di Presidente del Consiglio Superiore del MiBACT con il disaccordo e le smentite dello stesso Ministro Sandro Bondi, non sembra essere cambiato di una virgola ma imperterrito continuare a gracchiare sentenze permeate di un’inguaribile integrità e coerenza che non sembrano accordarsi a questo Paese e alla sua cultura materiale allo scatafàscio.