Vertice di Bratislava, la UE a un cambio di passo?

Era stato annunciato sin dalla scorsa primavera come il summit ufficiale per il nuovo inizio dell’Europa del dopo Brexit: anche se definito “informale” sin da subito, il vertice di Bratislava sembrava l’occasione per ridefinire concretamente la politica dell’Unione europea dei prossimi anni. Ma cosa è uscito fuori da questa riunione nella capitale slovacca, in una giornata di sole del 16 settembre? Per prima cosa, il tema dell’uscita del Regno Unito dall’UE, ragion per cui è stato convocato subito dopo il referendum del 23 giugno, è stato trattato solo in maniera indiretta, senza essere inserito come tema chiave dei dibattiti.

Secondo il premier Matteo Renzi, si tratta purtroppo di un’occasione persa: «Bratislava doveva essere la svolta, e invece è stata l’ennesima riunione finita a discutere le virgole di un documento che dice tutto e non dice nulla. Dopo Brexit l’Europa deve reagire, non tergiversare». Il presidente del Consiglio ha colpito così duramente gli esiti del meeting, e soprattutto il testo del documento presentato, perché non vi ha trovato alcun riferimento al tema dell’immigrazione e degli accordi con l’Africa, come stabilito al vertice di Malta del 2015, né alcuna proposta sulla crescita sociale dell’Europa. E non ha neanche accettato di presenziare alla conferenza stampa congiunta della Merkel con Hollande, proprio perché  in disaccordo con delle decisioni da lui ritenute per nulla efficaci.

Si tratta di una presa di posizione precisa dell’Italia, stanca di riunioni UE in cui “si dicono sempre le solite cose”. Il che in realtà è la stessa impressione che può avere il cittadino comune che segue le notizie, non avendo nessuna strategia di influenza politica su cui Renzi invece potrebbe puntare. E difatti, dal vertice di Bratislava i capi di Stato UE hanno evinto che «L’Unione europea non è perfetta, ma non abbiamo niente di meglio, dunque individuati i difetti bisogna tentare di correggerli ed andare avanti»; secondo Donald Tusk, i leader riuniti sono pronti a “correggere gli errori” e a trovare “soluzioni comuni”.

Tale visione armonica, con tanto di dichiarazione finale firmata dai partecipanti, sembra però cozzare con alcune realtà politiche in netto contrasto con l’attuale assetto politico dell’UE. Fra tutte, il duplice ruolo del presidente della Slovacchia, Robert Fico: da un lato in qualità di presidente di turno e patron dell’evento, e dall’altro come membro del gruppo Visegrad dei quattro paesi dell’Europa centrale (Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia) che si oppone fermamente alle politiche UE di accoglienza agli immigrati.

Un altro aspetto da osservare con cura nei prossimi mesi è il rischio che la leadership di Angela Merkel come “collante” dell’Unione europea possa crollare all’improvviso. Nelle scorse settimane il partito dei Cristiano-Democratici è stato battuto sia nella regione di Pomerania-Meclemburgo che alle elezioni locali della regione di Berlino. Forse la Merkel, pur perdendo consensi, potrebbe avere la situazione sotto controllo. Ma in ogni caso, sia all’interno che all’esterno dell’Europa, l’importanza di mantenere una figura guida in questi momenti di incertezza è assolutamente cruciale. Anche perché un burocrate come Jean-Claude Juncker non possiede lo stesso impatto mediatico della Cancelliera, pur essendo il capo dell’esecutivo dell’Unione europea.

I temi discussi durante il vertice sono stati riassunti nei sei capitoli del documento finale, così suddivisi: 1) il lancio del processo di Bratislava, 2) il rafforzamento della legittimità democratica (sia come equilibrio istituzionale in UE che nel ruolo dei Parlamenti nazionali), 3) il valore della diversità, con parità di trattamento tra vecchi e nuovi paesi membri, 4) la sicurezza per il controllo delle frontiere esterne, e l’ok per la difesa comune, 5) l’immigrazione e 6) il mercato unico.

Riprendendo le dure parole di Renzi, definire l’incontro di Bratislava un passo in avanti sull’emergenza migrazioni «richiede qualche forma di fantasia, da funamboli del vocabolario». E in effetti lo scarto tra l’ufficialità dei summit periodici e il dramma quotidiano che si vive sulle coste con l’arrivo dei barconi, oltre al sentimento generale di paura e insicurezza dei cittadini europei, ci porta a chiederci ancora una volta: quando l’UE deciderà di agire concretamente per rinnovare il proprio impatto sul continente? Aspettiamo con ansia. Intanto, rimane la speranza che nel prossimo futuro possiate leggere su questo giornale un articolo dal titolo “La Nuova Europa è cominciata”.

©Futuro Europa®

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