Elezioni Russia, nulla cambia

Domenica 18 Settembre, undici milioni di Russi hanno partecipato ad elezioni politiche che per la prima volta hanno permesso di eleggere la metà dei deputati a suffragio maggioritario. Non si sono però visti grandi entusiasmi e la campagna elettorale è stata decisamente apatica  e dominata dal Partito al potere.

I primi a votare sono stati gli abitanti della Penisola di Kamtchatka nell’estremo Oriente russo, undici fusi orari prima di Mosca e San Pietroburgo. Queste elezioni si sono svolte in un momento critico per il Paese che sta attraversando una profonda crisi economica. La caduta dei prezzi degli idrocarburi, che rappresentano una parte importante delle entrate di bilancio, e le sanzioni occidentali decise in seguito alla crisi ucraina hanno innescato il più lungo periodo di recessione da quando Vladimir Putin ha fatto il suo ingresso sulla scena politica nel lontano 1999. Lo scrutinio avviene poi in un contesto politico particolare: si tratta del primo confronto su scala nazionale dalla contestata annessione della penisola di Crimea, dall’inizio del conflitto nell’Est separatista pro-russo dell’Ucraina e dalla profonda degradazione delle relazioni con gli Occidentali dalla fine della Guerra fredda. E’ anche un test importante in Crimea, dove gli abitanti partecipano per la prima volta a un’elezione russa. Queste elezioni politiche dove più di 6500 candidati provenienti da 14 Partiti sono in corsa per 450 seggi alla Duma di Stato, camera bassa del Parlamento, arrivano anche dopo quasi un anno di interventi militari in Siria che hanno fatto della Russia un attore di primissimo piano nel conflitto. Gli elettori hanno anche dovuto alcuni parlamenti regionali ed eletto i propri governatori. Qui, il Presidente ceceno Ramzan Kadyrov ha dovuto per la prima volta fare i conti con i suoi elettori dalla sua nomina da parte del Cremlino avvenuta nel 2007.

Vladimir Putin, forte di una popolarità da record che tocca l’80% delle preferenze, soprattutto per via dell’annessione della Crimea molto apprezzata dai russi, e il suo Partito Russia Unita, che ha sempre dominato la Duma, hanno vissuto queste elezioni serenamente (nella miglior accezione del termine…), sicuri di una vittoria che pone il Presidente russo sulla strada migliore per un eventuale quarto mandato, se decidesse di presentarsi alle presidenziali del 2018. A differenza delle elezioni del 2011, denunciate come fraudolente da centinaia di migliaia di manifestanti scesi in piazza, questa volta il Cremlino sembra aver voluto dare al processo elettorale un’aurea di trasparenza. Il Presidente russo ha infatti posto a capo della commissione elettorale centrale l’ex delegata per i Diritti Umani presso il Cremlino, Ella Pamfilova, e sostituire così Vladimir Tchourov, accusato dall’opposizione di aver manipolato i risultati di più elezioni. Nella mattinata di Domenica, Ella Pamfilova ha dichiarato aver ricevuto eco di sospetti di brogli nei seggi di Barnaoul in Siberia, e che la commissione elettorale centrale avrebbe potuto decidere di annullare le elezioni nella Regione se questi fossero stati confermati. “Nulla da dire per il resto del Paese”, ha poi sottolineato la Pamfilova.

Il Partito pro-Cremlino Russia unita ha, come previsto, vinto con grande maggioranza. Ha ottenuto quasi il 55% delle preferenze e questo gli permetterà di avere la maggioranza assoluta in Parlamento, risultato caldamente salutato da Vladimir Putin e dala suo Primo Ministro Medvedev. Piccolo neo di questo trionfo del Cremlino è la bassissima affluenza alle urne,  prova che i russi hanno evitato di votare o che  hanno considerato queste elezioni giocate d’anticipo. Secondo le stime, Russia unita dovrebbe ottenere almeno 330 seggi su 450, guadagnando una schiacciante maggioranza. Il Partito è seguito da due partiti che appoggiano praticamente sempre l’essenziale delle decisione del Governo: il Partito Comunista e i nazionalisti della LDPR. Al contrario, gli oppositori liberali del Parnas non hanno messo insieme che lo 0,66% delle preferenze dopo una campagna elettorale che li ha visti, come sempre, ignorati o presi in giro dalle televisioni di Stato. Anche se questa volta ha potuto presentare molti più candidati che nel 2011, al suo fallimento hanno contribuito molto anche le liti interne e il fatto che non abbia potuto presentare una lista comune.  Stesso scenario per il Partito di opposizione Labloko (socialdemocratici), che ha sperato invano di ottenere almeno un seggio.

In Russia nessuno dubita in un Putin quater. Di fronte all’immensa macchina del potere, gli oppositori che avanzano in ordine sparso hanno avuto molte difficoltà a scatenare l’entusiasmo degli elettori che hanno giudicato la campagna noiosa e senza vere alternative. Molti sono stati tentati a votare per candidati “dell’attuale potere” , molti altri, perché disillusi, hanno scelto l’astensionismo. Entrambi le scelte hanno fatto il gioco, ad oggi,  dell’indiscusso capo di Stato. Per Vladimir Putin queste elezioni erano molto più importanti di quello che si potesse pensare, perché ultimo banco di prova prima delle presidenziali del 2018.

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