Legge elettorale e governabilità
È ricominciato il tormentone della Legge elettorale, e non è possibile prevedere come andrà a finire. Renzi “apre” alla possibilità di modificare il sistema. Si capisce che lo fa in buona parte per ragioni tattiche, contingenti, per cercare di disarmare l’opposizione di una parte del PD e della sinistra al Referendum per la riforma costituzionale Ma ci sono probabilmente anche ragioni di fondo: il timore che alla fine l’Italicum, così com’è, giovi al Movimento 5 Stelle,che potrebbe risultare ormai il Partito singolo più votato in Italia.
Ma quali sono le alternative? Si riparla di ritorno alla proporzionale, dimenticando che nei Paesi il cui il sistema è fondato su di essa regna, o seriamente minaccia, l’ingovernabilità: il caso della Spagna, entrata in un pericolosa spirale negativa, è un esempio chiarissimo. Nella stessa seria e solida Germania è possibile che salti la “Grande coalizione”. Perché? Perché la proporzionale, se non produce un Partito maggioritario in Parlamento, obbliga a coalizioni di Partiti. Più i Partiti si moltiplicano e affermano una loro marcata e irrinunciabile identità, più è difficile formare coalizioni coerenti e in grado di governare.
Immaginiamo uno scenario proporzionale in Italia: in Parlamento vi sarebbero grosso modo (allo stato delle cose, anche se nulla è mai scontato) tre gruuppi principali (PD, centro-destra, 5 Stelle) più alcuni minori (ma numericamente non irrilevanti). Che tipo di coalizione ci immaginiamo? Tutto quello che si legge, nelle dichiarazioni dei vari leader, è: nessuna. Nessuno accetta alleanze al di fuori della propria area ideologico-politica, e 5 Stelle non ne accetterebbe con nessuno. E allora? Elezioni senza fine come in Spagna? Paese allo sbando? A questa semplicissima domanda non risponde nessuno dei sostenitori della proporzionale, né costituzionalisti come Zagrebelsky (che nel dibattito con Renzi ha detto un certo numero di sciocchezze) né il mio vecchio amico Stefano Parisi. Ho letto con attenzione le sue recenti dichiarazioni e vi ho trovato un vuoto assoluto (forse voluto) di idee concrete. Lui, come altri, è capacissimo di dire No a tutto o quasi tutto, ma quanto a proposte serie, realistiche, percorribili: zero.
Il fatto è che la preoccupazione principale è non rimanere fuori dal Parlamento per il gioco del ballottaggio. Della governabilità sembrano preoccuparsi in pochissimi. Ma, se si riapre il discorso sull’Italicum, ci si ritrova di fronte al dilemma acuto e attualissimo tra i principi astratti di perfetta rappresentatività, e la possibilità di dare al Paese governi stabili. Vogliamo assicurare vita e presenza nelle istituzioni a tutte le rappresentanze, anche minime, dell’opinione, o vogliamo cercare di tornare a un sistema in cui si forma in Parlamento una maggioranza chiara che governa e una minoranza che fa opposizione? Personalmente, ritengo la seconda esigenza prevalente e che possa essere soddisfatta, al di fuori di accordi previ di coalizione tra vari partiti (come al tempo della Prima Repubblica) solo con il ballottaggio, che alla fine dia un vincitore sicuro.
Nelle prossime settimane vedremo esercitarsi la fantasia di Renzi e quella dei suoi sostenitori ed oppositori e scatenarsi le solite risse. L’Italicum è certamente imperfetto e può essere migliorato in vari modi: abolizione dei capilista bloccati, preferenze, premio di governabilità alla coalizione (non al partito) vincente. Ma speriamo che non si tocchi il ballottaggio al secondo turno perché sarebbe un salto nel buio.