I Vendicatori del Delta del Niger

Nigeria – Nel corso dell’estate diversi pozzi petroliferi sono stati attaccati da un gruppo di ribelli, i “Vendicatori del delta del Niger” (NDA) che ha rivendicato gli assalti sul loro account Twitter. Non si nascondo più e hanno lanciato una prova di forza che preoccupa sempre più il Governo nigeriano. Chi sono? Quali sono le loro rivendicazioni?

Come sempre più spesso accade, è via Internet che i gruppi di “ribelli” manifestano sempre più la loro presenza. E’ infatti attraverso il loro account Twitter che il nuovo gruppo di ribelli NDA (Niger Delta Avengers) ha annunciato lo scorso 2 Giugno di aver sabotato due pozzi petroliferi di proprietà della Chevron. L’NDA ha già rivendicato diverse azioni di sabotaggio da Gennaio 2016 ai danni di società petrolifere: Chevron, ma anche il gruppo anglo-olandese Shell, e l’Italiana ENI. Primo produttore di petrolio in Africa, la Nigeria è oggi in piena crisi economica, aggravata dagli attacchi ai siti petroliferi del sud-est del Paese.

I “vendicatori” dicono essere giovani, con un buon livello culturale e di presentano come “emeriti fuorilegge” dopo ogni attacco alle infrastrutture per il gas e il petrolio del delta del Niger, attacchi che avvengono ciclicamente dallo scorso Gennaio. Secondo Dirk Steffen, esperto in sicurezza marittima per la società danese Risk Intelligence, neanche i servizi segreti nigeriani hanno la piena certezza delle loro motivazioni. Ma tenuto conto della complessità dei loro attacchi, è molto probabile che alcuni dei loro membri siano ex combattenti provenienti da vecchi gruppi armati, sottolinea l’esperto. Per l’attacco che i NDA hanno perpetrato all’oleodotto sottomarino Forcados di Shell lo Febbraio, c’è stato bisogno di sommozzatori professionisti, a dimostrazione che i combattenti hanno un certo livello di competenza e conoscenza nel settore petrolifero. Tuttavia, l’organizzazione gerarchica del gruppo non è ancora chiara. E’ probabile che l’NDA non rappresenti un gruppo ben definito, ad eccezione di uno zoccolo duro fatto di non più di 150 persone.

Così come tanti ex gruppi di ribelli, gli NDA reclamano una migliore ripartizione dei proventi petroliferi – secondo loro concentrati  nelle mani dei dirigenti del Nord e delle multinazionali – oltre a un’amnistia finanziaria, la bonifica del disastro ecologico nel delta e un risarcimento per gli inquinamenti generati dall’estrazione del petrolio. Ma difendono anche le idee separatiste e vogliono la creazione di uno Stato indipendente nelle regioni del sudest della Nigeria. Nel 2009, la Nigeria aveva siglato un cessate il fuoco con il Movimento  per l’emancipazione del Delta del Niger (MEND) e messo a punto per gli ex ribelli un programma di amnistia, di compensazione finanziaria e di formazione professionale nel settore petrolifero. Ma dalla caduta dei prezzi del petrolio e la crisi finanziaria nella quale ha trascinato il primo produttore d’oro nero del continente africano, il potere ha difficoltà a trovare i soldi per finanziare l’accordo. Aveva lasciato trasparire che avrebbe fermato progressivamente il programma, scatenando il malcontento tra i 30.000 ex ribelli coinvolti. Il Presidente, che ha da poco festeggiato il suo primo anno a capo della Nigeria, ha anche messo fine a diversi contatti molto redditizi per gli ex combattenti assunti per proteggere gli oleodotti.

I ribelli dell’NDA esigono anche la liberazione di Nndamdi Kanu, capo del gruppo Popolo Indigeno del Biafra (IPOB), in carcere per “alto tradimento” e chiedono che i dirigenti del Partito al potere, il Congresso Progressista (APC), vengano perseguiti per corruzione alla stregua di alcuni membri dell’opposizione appartenenti al Partito Democratico Popolare (PDP). Secondo gli esperti della regione è anche possibile che i “vendicatori” e gli altri gruppi di ribelli, tutti nati negli ultimi mesi, ricevano il sostegno di vecchi e nuovi membri del PDP. I vendicatori del delta del Niger prendono scientemente di  mira le zone di produzione strategiche, prova ne è la serie di bombe fatte esplodere contro gli oleodotti del gruppo italiano ENI e della società nazionale nigeriana NNPC, che trasportano il gas per la produzione energetica della megalopoli economica del Paese, Lagos. Secondo le autorità, i loro attacchi hanno contribuito al calo della produzione di petrolio, passata da 2,2 milioni di barili a 1,4 milioni di barili al giorno, toccando così il livello più basso dal 1990 ad oggi. Questa flessione alla quale si aggiunge la caduta mondiale del valore del greggio rende ancor più fragili le finanze della Nigeria, che trae più del 70% delle sue entrate dall’oro nero.

Per tentare di ridare ossigeno a una situazione finanziaria di uno Stato sotto pressione, il Presidente Buhari ha dichiarato dopo gli ultimi sabotaggi che avrebbe “riconsiderato” il programma di amnistia aprendo la via del dialogo. Nella stessa occasione ha fatto sapere di aver rafforzato militarmente gli acquitrini del delta del Niger, sicuramente per cercare di istaurare un rapporto di forza a lui favorevole, mossa che potrebbe però intensificare le ostilità e fornire ai ribelli nuovi simpatizzanti. Un gioco di forza che potrebbe portare ancora violenza e instabilità in una regione che quasi non sa cosa siano pace e stabilità.

©Futuro Europa®

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