Cronache dai Palazzi
Riflettori accesi sul quesito referendario. C’è chi si schiera dalla parte del Sì e chi sceglie invece di difendere le ragioni del No. Intellettuali, politici ma anche molti personaggi del mondo dello spettacolo scendono in campo spiegando il perché del loro Sì o del loro No, mentre in politica, a destra come a sinistra, si intravedono alcune incongruenze, simmetriche a quelle che pervadono l’ambiente governativo. Il fronte del centrodestra, che dovrebbe essere unito attorno al No, tranne il partito di Alfano, non sembra poi così compatto. Gli indecisi alla fine potrebbero tradire la linea portante dello schieramento scegliendo il Sì, tantoché il candidato in pectore di un centrodestra da ricostruire, Stefano Parisi, dichiara: “Mi auguro che Berlusconi faccia campagna attiva per il No”. La sensazione di Parisi è che “tante persone del centrodestra sono orientate a votare Sì”. Fanno pensare ad esempio i silenzi di alcuni esponenti leghisti o del capogruppo Brunetta sempre sulla cresta delle dichiarazioni, che stavolta non si esprimono apertamente per il No. Un’area silenziosa che, alla fine, potrebbe far arrivare l’acqua al mulino degli avversari.
A sinistra, invece, si perpetuano alcuni vecchi dissapori come quelli tra Massimo D’Alema e il premier Renzi, tantoché è entrato in scena anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti, che di solito non rilascia molte dichiarazioni. Per D’Alema i quesiti referendari sono “propagandistici” e la vittoria del Sì priverebbe il Pd di “milioni di elettori”. In sostanza Renzi farebbe meglio “ad occuparsi del governo del Paese”. In questo contesto la risposta del sottosegretario Lotti all’ex premier è stata alquanto incisiva e senza tentennamenti: “Se solo non fosse così accecato dalla rabbia e dall’odio personale per non aver ottenuto la sua poltroncina di consolazione potrebbe agevolmente scoprire la realtà. Spiace che un autorevole ex leader della Sinistra sia così roso dal risentimento”. Parole dure che svelano dei rapporti per niente rosei, mentre Renzi continua il suo tour istituzionale condito con diversi interventi elettorali (ci sarà anche una Leopolda dal 4 al 6 novembre). A Torino il premier ha incontrato il sindaco grillino Chiara Appendino e il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, e ha ribadito che il referendum “sblocca il futuro del Paese”.
Al duello con D’Alema Renzi dice di preferire “una sfida con Berlusconi”. Gli italiani sono “molto meglio di come li immaginiamo” e “il buon senso e la saggezza prevarranno”. In sostanza “ci sarà un sacco di gente della Lega e di M5S che, quando leggerà il quesito, voterà Sì, anche se D’Alema non lo convinciamo”, ha dichiarato inoltre il premier-segretario.
Qualora dovesse vincere il No “i cambiamenti si bloccano per decenni” – ha sottolineato Renzi – mentre “l’Italia ha bisogno di semplificazione, di eliminare troppi costi e procedure arzigogolate, di fare in modo che fatto un provvedimento vada in porto”. Anche l’Economist scrive che il referendum costituzionale mette in gioco “un grande pacchetto di riforme”.
Non sono pochi invece gli intellettuali schierati dalla parte del No. Il Professore politologo Gianfranco Pasquino afferma che “tutte le riforme sono sbagliate. Alcune lo sono nel loro impianto stesso; altre lo sono nelle probabili conseguenze”. Pasquino critica in sostanza la strategia del “fiorentinveloce” Matteo Renzi, prefigura un futuro pentastellato e accusa la sinistra italiana di essere una formazione nostalgica senza leader e priva di idee. Per Pasquino se il bicameralismo imperfetto va superato, “la vera riforma è l’abolizione del Senato, non questo bicameralismo reso ancora più imperfetto e pasticciato”. Un modello da imitare sarebbe il Bundesrat. La nuova legge elettorale, infine, aggiunge il politologo, “darà una maggioranza assoluta ad un partito, sottorappresenterà le opposizioni” e per di più genererà una Camera dei Deputati fatta di “parlamentari nominati” per il 60 o anche il 70 per cento. In definitiva, quindi, “l’Italicum aggraverà la crisi di rappresentanza” e in questo contesto secondo Pasquino manca un pronunciamento della Consulta, che “dovrebbe bocciare le candidature multiple e imporre una percentuale minima per l’accesso al ballottaggio”.
Tra gli artisti parteggia per il Sì Roberto Benigni, colui che in una delle sue migliori performance ha elogiato “la Costituzione più bella del mondo”. “Peggio della Brexit se vincesse il No”, ha affermato il comico fiorentino suscitando non poche polemiche a destra come a sinistra.
Tutto ciò mentre prosegue il ricorso al Tar del Lazio presentato da Movimento Cinquestelle e Sinistra Italiana, che hanno denunciato il testo sulla scheda in quanto simile a “uno spot pubblicitario”, ingannevole e non conforme ai quesiti di legge. Chiamato in causa, il Colle ha a sua volta sottolineato che la scheda è stata ammessa dalla Cassazione e non dal Quirinale, mentre il presidente del Consiglio Renzi ha ribadito: “Sapete chi ha deciso il quesito sulla scheda? La legge italiana”. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio si pronuncerà il 17 ottobre, giorno in cui è stata fissata un’udienza per decidere se il ricorso di M5S e Sinistra Italiana è fondato. Per i sostenitori del No il quesito referendario proposto sulla scheda è da sempre tutt’altro che neutro, bensì una vera e propria pubblicità per il Sì. Sulla scheda si chiede espressamente agli elettori se approvano la riforma “concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi del funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione”. In pratica si enumererebbero gli eventuali vantaggi virando quindi l’attenzione sul Sì, come denunciano i sostenitori del No per i quali i cittadini “non meritano di essere ingannati in modo così plateale”.
“Ma quale genio del marketing che l’ha ideato – è stata la risposta di Matteo Renzi -. Questo quesito è quello che la legge prevede per la riforma costituzionale, e su questo sono state raccolte le firme sia dai sostenitori del Sì che da quelli del No”. La Cassazione avrebbe ammesso il quesito in base a quanto previsto dall’articolo 12 della legge 352 del 1970, riproducendo il titolo della legge così come è stato approvato dal Parlamento. Il nocciolo della questione è proprio questo. Come spiega Gaetano Quagliariello la Corte deve richiamare il titolo come compare sulla legge se viene sottoposta a referendum una legge “di rango costituzionale”, come prevede infatti l’articolo 12. Se si tratta invece di “revisione costituzionale” occorrerebbe prendere in considerazione l’articolo 16, che prevede l’elencazione degli articoli sottoposti a modifica e “il loro ambito di disciplina”. Secondo questa spiegazione la Corte dovrebbe quindi chiarire le sue scelte, anche se la sensazione è che la polemica non finirà nemmeno il 17 ottobre quando il Tar del Lazio svelerà se avrà accolto o meno il ricorso.
La rissa tra governo e opposizioni prende di mira la correttezza della consultazione del 4 dicembre. Dopo le polemiche sollevate dai pentastellati a ridosso del viaggio in Sud America della ministra Boschi – accusata di aver organizzato dei comitati a favore del Sì – anche la Farnesina è intervenuta per ribadire “l’invito a mantenere una totale neutralità a tutta la rete diplomatica consolare” in vista del 4 dicembre, smentendo qualunque partecipazione degli ambasciatori alle manifestazioni organizzate durante il viaggio del ministro per le Riforme.