Trump-Clinton, secondo round
Confesso di aver seguito con stupore e disgusto il secondo dibattito Trump-Clinton. Mi è capitato di vedere molti dibattiti del genere, ma nessuno che sia sceso a un livello tanto basso, tanto volgare, tanto fangoso, senza neppure un minimo di cortesia e rispetto personale. Trump era in difficoltà per il famoso video e ha voluto contrattaccare giocando tutte le sue carte, prima ricordando i trascorsi di Bill Clinton (ma che colpa ne ha Hillary?), poi spingendo a fondo sul tasto delle e-mail cancellate. Su queste la Clinton ha dato la risposta ormai convenzionale, ma Trump ha alzato il livello dello scontro minacciandola dei nominare un Procuratore speciale e di farla finire in galera.
Può darsi che tutto questo sia piaciuto ai suoi seguaci, che vogliono veder scorrere sangue, ma certo è contrario al sentire medio del gran pubblico, che vuole vedere dibattiti seri sul fondo dei problemi. Hillary Clinton, pur apparendo molto meno serena del primo dibattito, è riuscita a non perdere la calma e a non lasciarsi trascinare in una rissa verbale. A giudicare dai primissimi sondaggi CNN, che le attribuiscono il vantaggio con una percentuale attorno al 57%, questo atteggiamento era quello corretto. In contrasto, sono venuti alla luce nuovamente i difetti ben noti di Trump: la sua erraticità, la sua aggressività, il suo scarsissimo rispetto per gli altri e anche la sua capacità di mentire (anche se questo è un difetto che egli ha insistito ad attribuire alla Clinton, che proprio esente da colpe sotto questo aspetto non è). Per una certa sua fastidiosa abitudine di inspirare rumorosamente, circola persino la voce nella rete che si droghi con la cocaina.
E i problemi di fondo? Su questo, i due contendenti hanno in sostanza ripetuto formule già scontate, per lo più parole e buone intenzioni, che dovrebbero coprire l’estrema difficoltà (chissà, forse l’impossibilità) di risolvere tutti i problemi di una società moderna. È vero che molte delle domande del pubblico vertevano su questioni di personalità e di carattere, non sulle “issues”. Su un punto concreto Trump è stato chiaro: la decisione di abolire e rifare da zero il sistema di assicurazione malattia chiamato “Obama-Medicare”, mentre la Clinton vuole solo correggerlo. È una questione che interessa milioni di elettori e certo peserà nel voto. Altro punto concreto riguarda l’immigrazione di musulmani. Trump ha confermato la sua contrarietà, la Clinton il suo favore ad accogliere più rifugiati siriani. Mi auguro che il suo non sia un abbaglio.
In politica estera, la sola domanda del pubblico riguardava la situazione in Siria, soprattutto nei suoi aspetti umanitari, e il rispettivo programma per farvi fronte. Nessuno dei due ha invocato un intervento militare americano sul terreno. La Clinton ha risposto rivolgendo un facile attacco ad Assad e soprattutto al suo alleato russo, Putin e invocando un’azione diplomatica severa ed efficace (ma come realizzarla?). Trump si è mostrato neutro rispetto ad Assad, e convinto invece che eliminare l’ISIS sia la priorità assoluta e per questo occorra collaborare con la Russia. È stato abbastanza efficace quando ha accusato Obama e la Clinton di appoggiare i ribelli ad Assad “senza neppure sapere chi sono” (lo penso da tempo anch’io). Ma non credo che Trump sia capace di misurare le conseguenze di un permanente insediamento russo nel Medio Oriente o che gliene importi molto.
Complessivamente, da questo dibattito e dal precedente non viene fuori con chiarezza l’attitudine dell’uno o dell’altra a governare il più grande Paese dell’Occidente. Personalmente preferisco ancora la Clinton, perché Trump mi sembra pericolosamente imprevedibile, ma neppure lei mi sembra la scelta ideale in assoluto e credo che questo sia il sentimento di milioni di americani, compresi quelli che la voteranno per evitare il peggio.