Fiore (Film, 2016)
Il film si svolge all’interno di un carcere minorile dove Daphne, detenuta per rapina, s’innamora di Josh, anche lui giovane rapinatore. In carcere maschi e femmine sono separati e l’amore è vietato: la relazione dei due ragazzi vive di sguardi da una cella all’altra, incontri domenicali durante la messa, brevi conversazioni dalle sbarre che si affacciano in cortile, feste di Capodanno e lettere clandestine. L’amore che li unisce aiuta i due ragazzi a sopportare il carcere con le angherie dei secondini e la ruvidità dei rapporti con i compagni, ma produce sofferenza per l’impossibilità di stare insieme. Daphne approfitta dell’invito paterno per la comunione del figlio della compagna per fuggire a Milano e ritrovare il grande amore della reclusione, ormai affidato ai servizi sociali in regime di semilibertà.
Fiore di Claudio Giovannesi è la storia di un rapporto complesso, del desiderio adolescenziale di lasciarsi catturare dall’amore, della forza di un sentimento che va oltre le leggi e le regole stabilite. Giovannesi racconta con sofferta partecipazione le disavventure degli ultimi, utilizzando un solo attore professionista come Valerio Mastandrea (un padre problematico straordinario) e due splendidi dilettanti come Scoccia e Algeri. Il risultato è un film teso e vibrante, commovente e intenso, fotografato con maestria da un ottimo Daniele Ciprì, girato in maniera convulsa e nervosa grazie a macchina a mano, primissimi piani e poetici piani sequenza. È un film di caratteri e persone vere, mai retorico e sdolcinato, vive sulla figura di una protagonista indisponente e ribelle, come molti giovani problematici, tutto sommato reale. Giovannesi ambienta la storia in un carcere minorile, si sposta sul lungomare di Ostia, nei luoghi degradati di Roma, per finire a Milano, raccontando un’ossessione d’amore fatta di molti sguardi e poche parole. Racconto più che romanzo di formazione perché al regista non interessa come andrà a finire, quel che conta è l’analisi psicologica del sentimento, calato in un rapido spaccato di realtà marginale.
Claudio Giovannesi (Roma, 1978) è un autore nel senso più ampio del termine, che trova la sua consacrazione con questa terza opera dopo le convincenti La casa sulle nuvole (2009) e Alì ha gli occhi azzurri (2012). Racconta le storie dei diseredati, in questo caso due giovani carcerati provenienti da famiglie marginali, li pedina zavattianamente nelle loro esistenze, dimostrandosi diligente allievo di due grandi del nostro cinema come Pier Paolo Pasolini e Claudio Caligari. Un film assolutamente da vedere e un giovane autore italiano da seguire con attenzione.
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Regia: Claudio Giovannesi. Soggetto e Sceneggiatura: Claudio Giovannesi, Filippo Garavino, Antonella Lattanzi. Fotografia: Daniele Ciprì. Montaggio: Giuseppe Trepiccione. Musica: Claudio Giovannesi, Andrea Moscianese. Produzione: Italia/Francia. Case di Produzione: IBC Movie, Rai Cinema, Pupkin Production. Distribuzione: Bim Distribuzione. Genere: Drammatico. Presentato al Festival di Cannes 2016 nella “Quinzaine des Réalisateurs”. Interpreti: Daphne Scoccia, Josciua Algeri, Valerio Mastandrea, Gessica Giulianelli, Klea Marku, Aniello Arena, Laura Vasiliu, Francesca Riso.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]