Elezioni Marocco, schiaffo ai Partiti tradizionali
Nonostante il risultato numerico disastroso, gli islamisti marocchini hanno vinto le elezioni politiche, e questo perché i Partiti tradizionali non hanno saputo relazionarsi con il popolo.
Perché il Partito della giustizia e dello sviluppo ha vinto ancora una volta in Marocco? Partito islamista (ma che per legge non può ufficialmente apparire tale), ha governato per cinque anni insieme a rappresentanti di altri gruppi politici. Gli obiettivi raggiunti sono di poco conto. La corruzione avvolge ancora quasi tutti i campi, il sistema sanitario è deplorevole e il sistema scolastico ancora in crisi. Ciò che di importante è stato fatto è unicamente grazie al Re, l’illuminato Mohammed VI. Allora perché questo Partito ha potuto aggiudicarsi 125 deputati su 395 che conta il Parlamento? Prima di tutto va detto che l’astensionismo è stato molto alto in questa occasione (solo il 43% degli aventi diritto è andato a votare). Va poi sottolineato il fatto di come questo Partito, populista e demagogo, sappia da sempre farsi capire dalla gente. I dirigenti islamisti riescono ancora a raggiungere il popolo, a toccarlo nel più profondo dei suoi sentimenti, cosa che i Partiti di sinistra, Partito Socialista in testa (ha ottenuto solo 20 deputati), non riescono più a fare. E’ un vero schiaffo per i Partiti tradizionali, non sempre a loro agio nei rapporti con la nazione.
Il messaggio del PJD si articola su due livelli. Il primo è quello della verità, dell’igiene morale, della giustizia e della fede. Il secondo è più profondo e riguarda l’ideologia. Durante un discorso preelettorale tenutosi ad Agadir lo scorso Luglio, il Primo Ministro Benkirane, che è anche leader del Partito islamista, ha fatto l’elogio di un teologo del XIII° secolo, Ibn Taymyyia (nato nel 1263 ad Harran, Turchia; morto in prigione a Damasco nel 1328). Questo pensatore si è opposto ai filosofi razionalisti che appoggiavano la lettura intelligente, metaforica e simbolica del Corano e degli Hadit (raccolta di scritti e documenti che attestano le gesta del Profeta Maometto, e fonte autorevole della legge islamica dopo il Corano). Incitava i credenti al jihad e disprezzava la morte. La sua intolleranza era pari alla sua sete di violenza. Tutto ciò ci ricorda cose terribili. Non sembra un discorso di Daech? L’incitamento al Jihad non nel senso della lotta interiore spirituale, ma in direzione del combattimento e della guerra. Cinque secoli più tardi, un altro teologo, Ibn Abdewannab, metterà in pratica le pure e dure tesi d’Ibn Taymyyia. E’ ciò che ha fato nascere il wahabismo, rito praticato oggi in Arabia Saudita, in Qatar e da Daech.
E’ così che Benkirane, un uomo dalla fama di grande oratore, ha dimostrato che non c’erano islamisti moderati in Marocco. La prova la da lui stesso quando, appena un mese prima delle elezioni, un Imam di Marrakech, Hammad Kabbaj, fa una predica dove attacca una signora molto in vista e impegnata nel sociale, Aicha Ech-Chenna, perché si occupa di ragazze madri e di alte vittime di stupri, e dove chiedeva che “venissero uccisi ovunque gli ebrei”. Il wali della città (amministratore) invalidò la sua candidatura “perché incitava all’odio”. Il PJD diede invece tutto il suo sostegno all’Imam conosciuto per la sua appartenenza alla corrente salafista e rigorista. Ad alcuni giornalisti che gli chiedevano di spiegare il suo elogio a Ibn Taymyyia, Benkirane ha risposto che metteva in risalto il grande studioso che fu, senza condannare però le sue derive totalitarie. Nell’insieme il popolo marocchino è molto legato all’Islam. E’ facile per un Partito politico rivolgersi alla nazione quando si tratta di cullarla con discorsi religiosi, cosa che gli altri Partiti non hanno saputo, o voluto, fare. Malgrado i suoi risultati mediocri, malgrado gli scandali legati alla moralità dei suoi deputati (poligamia, e adulterio), malgrado i riferimenti ad un Islam fanatico, malgrado i molteplici attacchi contro il Ministero degli interni (accusato di frode per voler favorire il secondo Partito del Regno il Partito autenticità e modernità), molte persone si sono mosse per votare questo Partito. E questo dimostra quanto l’islamizzazione del discorso politico sia redditizia, anche se i Partiti ufficialmente islamisti siano vietati.
Subito dopo il PJD troviamo il Partito dell’autenticità e della modernità con 102 seggi. E’ un Partito che possiamo definire di centrosinistra e vicino al Palazzo. Insieme agli altri Partiti porterà avanti una determinata opposizione. Né il Palazzo, né i Partiti progressisti possono permettersi oggi di lasciar correre il gioco degli islamisti. Il Paese ha bisogno di riforme, di giustizia sociale, necessita di una politica rigorosa nella formazione, deve creare un sistema sanitario dignitoso ed efficiente. Gli islamisti hanno dimostrato che in cinque anni non sono riusciti a migliorare né lo stato degli ospedali, né ad arginare la corruzione, né a ripulire l’ordinamento giuridico, né a creare lavoro. Il Marocco ha bisogno di riforme, ma hanno vinto coloro che hanno spinto sui valori più facili da comprendere da un popolo cresciuto nella cultura religiosa. Tutti sanno che, senza l’immenso lavoro del Re, unico a poter decidere le sorti del Regno sulle questioni strategiche (politica internazionale, sicurezza, economia), il Paese non avrebbe un tasso di crescita così alto.
Strana dicotomia quella che vive il Marocco, tra un Re che cerca la modernità e l’apertura al Mondo e un Partito di maggioranza che trae la sua linfa vitale nella chiusura e nella retorica religiosa più tradizionalista. Un equilibrio tutto particolare che sembra per ora funzionare, viste soprattutto le esperienze dei Paesi della Regione, preda di instabilità e violenza portate dai timori per la troppa “libertà” respirata agli albori della Primavera araba.