Cronache dai Palazzi
Via libera al Def. Camera e Senato hanno approvato due risoluzioni del Documento di economia e finanza, che prefigurano il disegno di legge di Bilancio (la vecchia Finanziaria) varato dal Consiglio dei ministri per poi prendere il volo per Bruxelles. La prima risoluzione autorizza il governo ha innalzare l’asticella del deficit per l’anno prossimo fino a un massimo del 2,4% del Prodotto interno lordo, anche per fronteggiare interventi definiti di “natura eccezionale” come l’emergenza migranti e la ricostruzione post terremoto nella zona di Amatrice. Con la seconda risoluzione, invece, il governo si impegna ad inserire nella legge di Bilancio una serie di misure con qualche segnale di cambiamento rispetto alle notizie degli ultimi giorni. C’è l’idea, ad esempio, di non far pagare le tasse universitarie agli studenti degli Atenei statali al di sotto di una “determinata soglia di Isee”, l’indicatore che segnala la ricchezza delle famiglie. In questo contesto un’asticella unica sostituirebbe tutte quelle fino ad oggi fissate dalle singole Regioni. Emerge anche l’idea di una “misura apposita in favore dei nuclei familiari con almeno due figli in condizioni di difficoltà economiche”. Il Fondo sanitario nazionale salirà ma meno del previsto, e per quanto riguarda le pensioni non è assicurata l’entrata in Legge di Bilancio di tutte le misure approvate di concerto con Cgil, Cisl e Uil. Del resto qualora i conti non dovessero quadrare qualche misura resterà necessariamente fuori.
Tra le novità l’abolizione di Equitalia e dieci mila nuove assunzioni tra gli statali attraverso nuovi concorsi. “Sul turnover ci sarà un segnale – ha annunciato il premier da Bari davanti all’Assemblea dell’Anci -. Possiamo immaginare di avere almeno per le forze dell’ordine, gli infermieri e, forse, anche i dottori, 10 mila nuove unità per le quali bandire subito concorsi per i posti”. Per il premier Renzi occorre “sbloccare i contratti” degli statali e sono due le “parole chiave: merito e bisogno”, Il merito, in particolare, “bisogna affermarlo con forza” e anche per questo motivo, ha ribadito il presidente del Consiglio, “dobbiamo tornare a fare i concorsi”. Scegliendo la modalità “primo cittadino d’Italia” e parlando “da sindaco tra i sindaci”, a Bari Renzi ha ricordato anche “il tema dei vaccini” che “deve essere affrontato una volta per tutte. Serve un grande investimento sulla scienza” ed “è fondamentale che i nostri asili e le nostre scuole siano con i bambini vaccinati”.
Presentando il Documento programmatico in Commissione Bilancio il ministro del Tesoro ha annunciato una crescita dell’1% per l’anno venturo e ha quantificato la manovra in 24,5 miliardi, di cui 22,5 saranno destinati a politiche di crescita. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha sintetizzato la manovra con la terna competitività, sviluppo e politiche sociali per sostenere il Prodotto interno lordo. Un primo pacchetto di misure sarebbe destinato alle imprese come i super ammortamenti al 140% per l’acquisto di nuovi macchinari, gli iper-ammortamenti al 250% per la digitalizzazione. Ed inoltre il pacchetto industria 4.0, gli incentivi automatici per la ricerca e Sviluppo e la cosiddetta “finanza per la crescita” ossia la detassazione per gli investimenti in obbligazioni per le piccole e medie imprese. Il governo prevede per le suddette misure un impatto positivo sul Pil pari allo 0,1% oltre che un costo contenuto, 347 milioni il primo anno, destinato però a salire (4,7 miliardi) nel 2018. Un ulteriore 0,2 % in più per la crescita dovrebbe arrivare dal pacchetto sviluppo per cui sono previsti investimenti più consistenti in opere pubbliche, come la messa in sicurezza delle scuole e delle strade in chiave antisismica, il rafforzamento del fondo centrale di garanzia e della legge Sabatini per le imprese. Il governo prevede di investire 3,8 miliardi a favore di quest’ultime misure già a partire dal prossimo anno.
Infine c’è il capitolo “nuove politiche” che risponde alla voce “sociale”. Esso comprende la ristrutturazione delle pensioni e quindi l’aumento delle pensioni minime del 30%, le quattordicesime per gli assegni fino a 750 euro e l’introduzione della mensilità extra per quelli tra 750 euro e mille euro. Ed ancora il rinnovo del contratto degli statali che dovrebbe sprigionare ben 900 milioni e il cosiddetto “capitale umano”, ossia la detassazione dei premi di produzione, per cui la soglia del reddito massimo per accedere all’incentivo si alzerebbe fino a 80 mila euro, come anche lo sgravio portato fino a 4 mila euro. Secondo l’esecutivo le misure sociali assicurerebbero un altro incremento dello 0,2% del Pil, anche se l’incremento più consistente (0,3%) dipenderebbe dalla sterilizzazione delle clausole Iva, l’aumento dal 22% al 24% in vigore dal prossimo primo gennaio, che il governo sterilizzerà per l’appunto con uno sforzo di ben 15 miliardi. Le coperture, circa 8,5 miliardi, arriveranno da nuove entrate come la nuova voluntary disclosure, la vendita delle frequenze e il pacchetto giochi. Sono previsti infine tagli alla spesa e un ridimensionamento dei fondi a favore dei ministeri per circa 2,6 miliardi di euro. Un mix non ancora dettagliato di minori spese e maggiori entrate dovrebbe generare inoltre altri 7,2 miliardi di euro.
Bruxelles riceverà dal governo italiano il Dpb, il cosiddetto Documento programmatico di Bilancio, ma la Commissione Ue – in particolare Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici Ue – ha già avvertito (più volte): “Flessibilità sì, ma giocare con le regole no”. “Lavoriamo in assoluto rispetto delle regole. Non c’è bisogno di rassicurare nessuno”, aveva sottolineato a sua volta Pier Carlo Padoan già prima di incontrare i suoi omologhi della zona euro a metà settimana e annunciando in quell’occasione il progetto di legge di bilancio da varare successivamente nel fine settimana (14 ottobre in Cdm). I numeri “circolati” fino a quel momento – in particolare il deficit nominale al 2,4% e il saldo netto strutturale invariato – “non sono quelli che ci aspettiamo”, aveva avvertito Pierre Moscovici chiedendo per l’ennesima volta “serietà” nella riduzione del disavanzo.
Per il resto continua la battaglia referendaria tra i frontisti del Sì e quelli del No, tantoché il presidente della Repubblica Sergio Mattarella auspica “un confronto tanto più efficace quanto più composto” all’insegna del “rispetto” reciproco prima e dopo il referendum del 4 dicembre. Qualunque sia la Carta costituzionale che uscirà dalle urne – quella attuale senza modifiche o quella riformata – sarà necessario che tutte le forze politiche si ritrovino insieme per ricostruire un clima positivo e “rispettando, anzitutto, l’esercizio del diritto di voto degli elettori e il loro libero convincimento”. In sostanza, per il presidente Mattarella dovrebbe prevalere la consapevolezza che ciò che conta per davvero è sempre e comunque “l’interesse comune”, ossia “la Costituzione stessa, così come sarà sancita dalla volontà del popolo sovrano”.
Mattarella lancia quindi un ennesimo richiamo alla responsabilità dall’assemblea dell’Anci, a Bari, dove si è esibito quello che si definisce “il sindacato della coesione nazionale”. Attraverso i sindaci che sono il “telaio che sostiene l’Italia”, passa “la linfa democratica”, ha affermato Mattarella tentando un’opera di ricomposizione istituzionale in vista del referendum costituzionale. In un’ottica di assoluta compattezza e unità, secondo il Capo dello Stato il giorno dopo il 4 dicembre il dovere dei sindaci sarà quindi quello di “rappresentare, sin dall’esito dello scrutinio, tutti i concittadini”, adoperando quindi l’intenzione necessaria di superare chiari ed eventuali postumi divisivi della battaglia referendaria in corso.