Le ragioni dell’Europa
Per vari decenni, l’integrazione europea è stata in Italia accettata da tutti, salvo i comunisti, poi pentitisi, e un pugno di irriducibili nazionalisti. Tutti i nostri governi vi hanno partecipato, sempre reclamando progressi ulteriori, tutti i Parlamenti hanno approvato con ampie maggioranze i trattati europei, da quello di Roma a quello di Strasburgo, da Maastricht ad Amsterdam. L’impegno per entrare nell’Unione Monetaria è stato a suo tempo ampiamente compreso e accettato e la nostra entrata salutata come una specie di trionfo nazionale in una gara sportiva. E gli italiani hanno sempre dato ampie maggioranze all’insieme dei partiti che si professavano europeisti.
Dire che sono stati estranei alla costruzione europea, cercare di farla passare come il frutto di un’imposizione subita dai cittadini a opera di irresponsabili politicanti o, peggio, dei malvagi tedeschi e di oscuri burocrati di Bruxelles, è dunque grottesco. Non c’è stato un referendum sull’euro, è vero, ma è la Costituzione che lo vieta, escludendo dall’istituto referendario la ratifica dei trattati e ogni altro tema di politica internazionale, che nel nostro sistema rappresentativo, come nella quasi totalità degli Stati democratici, sono affidati alla competenza del Parlamento .
Ora è però di moda fare dell’Europa e dell’euro i responsabili di mali economici che nascono invece dalle politiche inadeguate e compiacenti dei governi susseguitisi fino al 2011. Non lo fanno solo i rozzi grillini, ma anche persone in buona fede, ignare o disattente alle ragioni dell’Europa. Vediamo dunque di ricapitolarle.
Le ragioni politiche dovrebbero essere evidenti. Dalla CECA in poi, l’integrazione ha allontanato gli spettri dei risorgenti nazionalismi e delle guerre fratricide. Le generazioni nate dal dopoguerra hanno vissuto per loro fortuna in un’era di pace e di prosperità – la più lunga nella tormentata storia del nostro continente – e la danno per scontata, senza rendersi conto che essa è dovuta in grande misura all’integrazione europea. La quale ha inoltre ridato all’Europa distrutta e impoverita un ruolo di peso nel mondo, facendone un blocco economico-commerciale forte e un attore politico autorevole. Fuori di essa saremmo tutti, chi più chi meno, vasi di coccio.
Le ragioni economiche di un mercato unico dovrebbero essere altrettanto evidenti, salvo ai nostalgici di un comodo protezionismo, utile solo a loro. Ma le critiche si concentrano sulla moneta unica e sui vincoli che essa comporta (ricordiamoli: deficit e inflazione non superiori al 3% annuale, debito pubblico non superiore al 60% del PIL, regola questa all’Italia non applicata). Vincoli che comunque dovremmo osservare se vogliamo evitare il baratro. Chi propone il ritorno alla Lira propone di fatto il ritorno a finanze allegre fondate sul crescente indebitamento; o alla possibilità di stampare cartamoneta senza limiti, o svalutarla sistematicamente, tornando a produrre inflazione a due cifre.
Siamo seri: l’Italia ha un debito pubblico enorme, accumulato nei gloriosi tempi della liretta, che ne condiziona pesantemente le finanze e influisce negativamente sull’economia. Riusciamo a non esserne travolti solo grazie all’euro, che ci permette di pagare interessi relativamente bassi, rispetto a quelli fuori controllo dell’epoca anteriore che immediatamente tornerebbero a imporsi. Come si pensa di pagarli, senza aumentare le tasse e tagliare drasticamente i servizi? Come può l’Italia mantenere il credito che ci consente di far fronte alle nostre scadenze, senza la garanzia costituita dalla Banca Centrale Europea e dall’insieme dell’Europa? Domande, ovviamente, senza risposta. Solo proclami demagogici.
Chiediamo magari all’Europa più solidarietà, ma non mettiamone in questione i fondamenti. Andiamo avanti sulla strada, faticosa ma necessaria, della responsabilità. Nella nostra storia unitaria, per il nazionalismo e le finanze allegre ci siamo già passati e sappiamo dove ci hanno portati. Non compromettiamo l’avvenire nostro, dei nostri figli e nipoti, tagliandoci fuori da un’Europa che è la nostra casa e la nostra garanzia di futuro.
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