Cronache dai Palazzi
Legge di Bilancio 2017 in ritardo alla Camera rispetto alla scadenza di legge (20 ottobre). L’arrivo in Aula a Montecitorio è atteso per lunedì 24 ottobre. La prossima settimana dovrebbe essere comunque quella decisiva. In primo piano alcune misure come la rottamazione di Equitalia e delle sue cartelle con il decreto fiscale denominato “salve intese”, il cui testo deve essere ancora limato.
Equitalia verrebbe assorbita dall’Agenzia delle Entrate. Coloro che vorranno regolare i conti con il Fisco potranno farlo pagando soltanto le tasse non versate, mentre nulla dovrà essere versato per quanto riguarda le sanzioni (che possono raggiungere anche il 200% dell’importo evaso) e per gli interessi di mora (oggi fissati ad un tasso che supera il 4% annuo). I carichi affidati a Equitalia raggiungono 1.058 miliardi, il 20,5% dei quali risulterebbe annullato. Dei restanti 814 miliardi un terzo sarebbero irrecuperabili (soggetti deceduti o falliti, imprese cessate etc.) e altri 314 miliardi sarebbero riferibili a posizioni in realtà non perseguibili con azioni esecutive. In sostanza 25 miliardi sarebbero stati rateizzati, 81 miliardi di riscosso e il “magazzino” rimanente ammonterebbe a 85 miliardi, dei quali 34 miliardi sotto i limiti legali per improntare azioni legali o esecutive. In definitiva le posizioni si ridurrebbero a 51 miliardi.
Salvo l’accordo di governo, nella maggioranza è poi ancora in discussione la definizione giuridica di alcune misure come il cosiddetto Ape, l’anticipo pensionistico contenuto all’interno del pacchetto previdenziale che nell’ultima manovra finanziaria vale circa 1,9 miliardi di euro nel 2017. Tale pacchetto comprende inoltre l’estensione della quattordicesima alle pensioni fino a 1.000 euro; l’aumento della no tax area ed infine l’Ape “social” ossia la versione dell’anticipo pensionistico priva di penalizzazioni per disoccupati senza ammortizzatori o i lavoratori con invalidità. L’uscita più cospicua della manovra è quella generata dalla disattivazione delle “clausole di salvaguardia”, che varrebbero circa 15 miliardi di euro. Le clausole di salvaguardia sono in pratica gli aumenti automatici dell’Iva messi in campo per far quadrare i conti centrando così gli obiettivi di bilancio. Qualora non fossero state disattivate – l’Iva oggi al 22% e l’Iva agevolata pari al 10% – tali imposte avrebbero subìto un aumento di due punti percentuali.
Nella manovra finanziaria 2017, per cui si attende un primo giudizio da parte di Bruxelles entro il 9 novembre – salvo impresti dovuti a particolari richiami e quindi drastiche richieste di correzione da parte della Commissione europea – sono previsti inoltre circa 700 milioni per il rinnovo del voucher baby sitter e l’integrazione del finanziamento del Fondo per le politiche per la famiglia con una quota destinata in particolare agli asili. Altri 50 milioni alimenteranno inoltre il Fondo per la non autosufficienza. Nello specifico il voucher baby sitter di 600 euro per sei mesi, alternativo al congedo parentale, è stato rifinanziato per due anni.
Tra le misure figura anche un fondo unico per sbloccare il turnover delle assunzioni nella Pubblica amministrazione laddove ce n’è bisogno. Sarebbero circa 400 milioni le risorse destinate alle nuove assunzioni (i 10 posti menzionati dal presidente del Consiglio tempo fa), dalla giustizia alla cultura, escluse scuola e sanità per le quali sono previste delle risorse specifiche. Circa 500 milioni servirebbero inoltre per stabilizzare il bonus di 80 euro al mese percepiti in busta paga dal comparto difesa e sicurezza al di fuori della normale retribuzione, e altri 390 milioni per riordinare le carriere del medesimo comparto. Oltre alle forze dell’ordine occorre comunque considerare la necessità di nuove assunzioni per la stabilizzare almeno una parte dei precari in attesa all’interno di altri comparti della PA, e in generale i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego. Secondo l’Aran (l’agenzia che per conto del governo conduce il negoziato) per i rinnovi contrattuali resterebbero 600 milioni ai quali aggiungere i 300 stanziati l’anno scorso ma non ancora utilizzati. Alle esigenze dello Stato centrale si aggiungono infine le esigenze di altri settori tra cui la sanità. Nel 2017 il Fondo sanitario nazionale salirà di 2 miliardi di euro ma tutti vincolati: 800 milioni per finanziare i nuovi Livelli essenziali di assistenza, 500 per i farmaci oncologici, 250 per quelli contro l’epatite C, altri 250 per la stabilizzazione dei precari e i rinnovi contrattuali di medici e infermieri. Resterebbero 200 milioni ma le Regioni a statuto ordinario dovranno girare ben 500 milioni a quelle a statuto speciale. Quest’ultime hanno protestato contro il taglio del Fondo sanitario subìto l’anno scorso e deciso dal governo centrale, per cui ora in ragione della loro autonomia vanno risarcite.
Per quanto riguarda le coperture (il governo conta di recuperare 15 miliardi) occorre considerare, oltre alla spending review, la rottamazione delle cartelle (3 miliardi); il recupero dell’evasione dell’Iva (2,5 miliardi); la voluntary disclosure (2 miliardi); la possibilità di rinnovo delle concessioni già presupposte per le frequenze Gsm, con passaggio alla tecnologia 5G. Alcune entrate, come per l’appunto la chiusura dei contenziosi con Equitalia potrebbero però essere giudicati “una tantum” dalla Commissione europea, e quindi escluse dallo sforzo strutturale. L’attenzione di Bruxelles è incentrata, infatti, in primo luogo sul miglioramento del saldo netto “strutturale” – quello calcolato al netto delle entrate fiscali passeggere e dei danni di una ripresa debole o di fatto inesistente – che l’Italia è chiamata ad attualizzare. “La manovra non cambia” ha ribadito in definitiva, da Bruxelles, il premier Matteo Renzi, a ridosso del Consiglio europeo (venerdì 21 ottobre). Spetta alla Commissione europea esprimere un “parere” (entro il 9 novembre) ma che l’Italia rischi un’infrazione Ue sulla legge di Bilancio è per il presidente del Consiglio “un’analisi suggestiva”.
La partita a ping pong con l’Unione europea si presenta comunque più articolata del solito. L’Italia invoca “le circostanze eccezionali per terremoto e immigrazione” e la Commissione europea fa notare, invece, che sarebbero da scomputare dal deficit – come se non si trattasse di spese reali – circa 3 miliardi riservati alla “messa in sicurezza” di edifici e infrastrutture in tutto il Paese. La Commissione ha rilevato che in quella voce sono incluse anche misure, come l’eliminazione delle barriere architettoniche o dell’amianto negli edifici scolastici, che dovrebbero essere considerate spese ordinarie di uno Stato. L’Italia inoltre vorrebbe far rientrare nel deficit anche la spesa di 3,8 miliardi sostenuta per i migranti, mentre Bruxelles sembra disposta a improntare solo 500 milioni di costi in più attesi nel 2017.
“Se l’Europa avrà delle considerazioni da fare, come fa sempre, a molti Paesi tra cui l’Italia – ha ribadito Renzi in un intervento radiofonico -, volentieri ascolteremo, discuteremo, parleremo. Ma non dimentichiamo che questa manovra ha il deficit più basso degli ultimi dieci anni e noi gli sforzi li stiamo facendo”. “Abbiamo con la Commissione Ue un dialogo aperto e costruttivo”, ha rassicurato invece il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan da Berlino. “Talvolta non siamo d’accordo sull’interpretazione di alcune regole ma alla fine noi le rispettiamo sempre”. Un approccio congruente a quello di Renzi.
Il presidente del Consiglio non manca infine di ricordare la partita referendaria: “Se vinciamo saremo più autorevoli nel 2017, in tutti gli appuntamenti che avremo di fronte, dal vertice di Roma a marzo al G7 di Taormina”. Tutto ciò mentre i sondaggi tornano a registrare un lieve vantaggio del Sì alla riforma costituzionale. Il “parere” dell’Europa è atteso in definitiva per il 30 novembre, a quattro giorni dal referendum, in un clima che si rileverà a dir poco incandescente.