Trump e il mondo
Il terzo dibattito Trump-Cinton non mi pare abbia apportato alcuna luce aggiuntiva sui rispettivi programmi concreti: solo ripetizione di dichiarazioni già fatte in passato, abbastanza generiche, e attacchi personali piuttosto velenosi.
Vorrei tuttavia soffermarmi su un passaggio, alquanto breve, del dibattito dedicato ai “punti caldi” nel mondo, cioè in pratica a Siria e Irak. Nessuno dei due ha detto cose nuove. Hillary Clinton ha comunque confermato di non aver intenzione di inviare truppe americane sul terreno; ha messo in valore l’appoggio dato all’esercito iracheno e ai Curdi, che sono ora all’offensiva attorno a Mosul. Trump ha detto una colossale sciocchezza, attribuendo questa offensiva a un “timing” preciso diretto ad aiutare proprio la Clinton; ha avuto però buon gioco nel ricordare gli errori (innegabili) compiuti dall’Amministrazione Obama e dalla stessa Clinton come Segretario di Stato, in quell’area, accusandoli ad esempio di essersi ritirati troppo presto dall’Irak e di aver appoggiato in Siria alla cieca i ribelli ad Assad senza aver neppur idea di chi fossero; ha evaso la questione dell’invio di truppe USA, al quale peraltro in passato si era dimostrato contrario.
I punti più interessanti, nelle cose che Trump ha detto, riguardano i rapporti con la Russia e con gli alleati tradizionali degli Stati Uniti. Sul primo punto, doveva difendersi dall’accusa di aver ricevuto appoggio russo durante la campagna attraverso gli hacker. Vera o falsa l’accusa, non penso che neppure uno come Trump sia stato capace di cercare, o gradire, l’aiuto di Putin. Ha comunque dichiarato che non lo conosce, che non ha nessuna inclinazione verso di lui, ma ricordando che dispone di 800 testate nucleari e quindi va trattato con attenzione e ha fatto capire che cercherebbe un accordo con Mosca per abbattere il nemico comune, l’ISIS. Non è precisamente una sciocchezza, l’ho scritto più volte, anche se si deve avere chiaro il costo da pagare, che è riconoscere alla Russia un piede permanente nel Medio Oriente,
Nei rapporti cogli alleati, Trump ha messo di nuovo l’accento sul fatto che gli Stati Uniti non possono continuare a sostenere una parte finanziaria tanto onerosa della difesa comune e che quindi vanno rinegoziati gli accordi con Germania, Giappone, Sud Corea, Arabia Saudita etc. Non è un’idea scandalosa in sé, ma se attuata nel modo sbagliato può avere conseguenze eversive sull’intero sistema delle alleanze che fanno perno sugli Stati Uniti e forse imporre una revisione di sistemi e orientamenti che hanno retto sicurezza e pace del mondo chiamato “libero” per settant’anni.
Un sistema che Washington sorregge non certo solo per altruismo, ma perché la sicurezza dell’Europa e dell’Estremo Oriente si riflettono direttamente su quella degli Stati Uniti, che a quanto pare il candidato repubblicano vorrebbe riportare a una specie di isolazionismo, assortito magari da un’intesa generale con la Russia. La quale in sé sarebbe utile, anzi necessaria, ma non a spese dell’abbandono delle vecchie e sperimentate alleanze.
Non è un rischio che correremmo con la Clinton ed è una delle tante ragioni per sperare che vinca.