Italia ratifica Accordo sul Clima, ora servono i fatti
L’Italia ce l’ha fatta: ha ratificato l’Accordo di Parigi sulla lotta al riscaldamento globale. All’impegno, dovranno seguire i fatti, che nel Paese delle Trivelle, dello smembramento amministrativo del Parco Nazionale dello Stelvio e della soppressione del Corpo Forestale dello Stato, e del ‘contenzioso’ con l’Europa proprio sulle emissioni inquinanti, che l’Italia non vuole ridurre come indicato dall’UE, saranno tutti da dimostrare. Ma formalmente il Bel Paese la faccia ce l’ha messa, ed ha segnato il gol della bandiera a pochi istanti dal fischio di fine partita: il 7 novembre, data di inizio della COP22 a Marrakech, dove si comincerà a discutere proprio sulle iniziative concrete per applicare l’Accordo di Parigi.
Quella della ratifica, unanime, da parte del Senato, che ha fatto seguito alla ratifica della Camera, è stata definita dal ministro dell’Ambiente Galletti “una giornata molto importante”. “Ma ora dopo le parole dobbiamo passare ai fatti” ha commentato lo stesso ministro. Che tuttavia, facendo riferimento ad obiettivi appropriati ma con riferimenti temporali ‘vintage’, ha detto che “noi partiamo da una condizione privilegiata rispetto agli altri Paesi, perché una buona parte del percorso di riduzione della CO2 l’abbiamo fatta in questi anni, raggiungendo gli obiettivi di Kyoto con 5 anni di anticipo”.
Peccato che il nostro Paese debba ancora conformarsi agli obiettivi fissati dall’Ue, che a sua volta ha ratificato l’Accordo lo scorso 4 ottobre. Uno studio di Enea, Ispra e Ministero dell’Ambiente pubblicato proprio nel giorno della ratifica italiana del trattato di Parigi, rivela che, con le attuali politiche e misure, l’Italia non raggiungerà al 2030 il suo target di riduzione dei gas serra. E che è urgente intervenire nei tre settori chiave dell’energia rinnovabile e risparmio energetico, della mobilità non inquinante e della riqualificazione energetica degli edifici. Ma il Governo italiano ha fatto sapere di ritenere troppo penalizzanti gli obiettivi europei, e che quindi chiederà di cambiarli. Per capirci: il Governo in carica – non gli Italiani – dice all’Europa e al mondo che rispetto all’Europa fa un po’ come gli pare, e che preferisce le centrali ad energie fossili a quelle a Sole, Vento, Acqua, e i tir ai treni. Ma come mai? Nel Bel Paese manca forse il Sole? O ricercatori, tecnici e imprese in grado di far funzionare fin da ora il motore-Italia a emissioni-zero? Non pare, visto che ricercatori, tecnici e imprese italiani fanno fortuna all’estero.
Il fatto è che non va dimenticato l’enorme peso della materia Energia nell’economia di un Paese moderno. Né la straordinaria importanza delle politiche Energia-Ambiente per lo status di Paese dell’Unione. Non va quindi dimenticata la gravità delle infrazioni italiane in materia di emissioni inquinanti, oltreché di trattamento dei rifiuti e gestione delle acque di scarico: un ‘peso’ meno evidente ma altrettanto grave di quello delle politiche di bilancio e per l’immigrazione, sui quali i toni del contenzioso Italia-Europa si stanno alzando a vantaggio dell’Italia, mascherando quello delle politiche energetico-ambientali, sulle quali invece l’Italia è in difetto. Il rischio è che ci si possa accontentare, da parte nostra, delle dichiarazioni di facciata.
I trattati si ratificano, però poi si applicano: e non è, come si dice nella Capitale, ‘buttandola in caciara’, che si può tenergli fede, ai trattati. Ma tener fede ai trattati è cosa necessaria per salvare la faccia di un Paese sul piano internazionale.
[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]