Cambi, Sterlina in caduta libera?
Il cambio euro-sterlina volerà verso la parità in caso di Sì al referendum sulla Brexit, svalutazione del 30% per la sterlina e un peso del 2% sul PIL, questo prevedeva Ramin Nakisa, strategist macro alla UBS. Aggiungendo che il cambio euro-sterlina potrebbe salire fino alla parità in caso Brexit. Anche Mike Amey, amministratore delegato e gestore di portafoglio presso Pimco, pronosticava una svalutazione del 10 per cento della sterlina contro il dollaro in caso di successo del Sì al referendum.
Il fronte del leave è rimasto sordo agli avvertimenti, gli euro-scettici si distinguono anche per una cieca caparbietà in questi casi, ma la realtà è che gli inglesi si sono trovati ad inizio mese a scambiare le amate sterline per recarsi in Europa ricevendo appena 0,97 centesimi per ogni pound consegnata nelle mani dei cambiavalute. Uno shock psicologico ancora più che materiale per degli snob isolazionisti, nel giro di un anno la moneta inglese ha perso circa il 20% del proprio valore, arrivando al punto più basso negli ultimi trentuno anni rispetto al dollaro. Il lento crollo della moneta si è poi fuso con un break del -6,1% nel trading asiatico del 7 ottobre scorso, anche se fonti ufficiali hanno dato la colpa di questo ad un non meglio specificato algoritmo di vendita automatico.
Il meccanismo, un intreccio quasi inestricabile, per quanto curioso è dato dal fatto che il dollaro si rafforza contro l’euro per via della brexit mentre la sterlina si indebolisce per lo stesso motivo. La domanda che ci si pone è se ora, che il muro psicologico del cambio 1:1 è rotto, fino a che punto scenderà la valuta del Regno Unito. Non si era arrivati ad una parità nemmeno con la speculazione di Soros che portò sull’orlo del fallimento la Bank of England, e nemmeno dopo il lancio dell’euro, quando il minimo giunse a 0,8440. Il minimo storico contro l’euro è registrato a 0,9805 nel dicembre 2007.
Il fronte del leave ritiene transitorio e previsto il calo della sterlina contro il dollaro, ma viceversa anche gli investitori, pur non credendo ad un crollo totale, ipotizzano che la sostanziale tenuta dell’economia britannica, con aumento degli indicatori macro-economici relativi a produzione ed edilizia siano temporanei in attesa della definizione dei tempi, e che il paese dell’Union Jack sia destinato a scontare la brexit. Questo malgrado il crollo del 16% sul cambio sterlina-dollaro negli ultimi 3 mesi e mezzo sia estremamente positivo per l’economia inglese favorendo turismo e commercio con l’estero. Il nuovo governo May sta poi mettendo in campo tutta una serie di misure per attrarre e mantenere gli investitori stranieri, con una serie di incentivi ed una riduzione delle imposte che arriveranno ad essere quasi il 40% inferiori a quelle tedesche.
Se nello scorso giugno Goldman Sachs prevedeva un deprezzamento dell’11% della sterlina verso le altre monete, George Soros insiste sull’elevatissimo rischio rappresentato da una bilancia dei pagamenti britannica in rosso acceso. Una situazione su cui è dovuto intervenire anche il governatore dalla Bank of England Mark Carney dichiarando “che Londra dipende dalla cortesia degli stranieri”.