Cronache dai Palazzi

Si procede a colpi di maggioranza e mentre il governo continua a fare i conti attorno alla legge di Stabilità – a proposito di cuneo fiscale, tasse sul mattone, tagli alla spesa e nuova previdenza – la Giunta per il Regolamento del Senato ha sancito le modalità per procedere al voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi da Senatore della Repubblica. La questione sarà affrontata dal Parlamento entro metà novembre e si prevede una dura “battaglia”; come ha preannunciato il vicepremier Alfano, sarà una “battaglia per ripristinare il diritto alla democrazia”. I berlusconiani sono convinti che c’è stata “una violazione dello Stato di diritto”. Del resto la decisione di procedere con voto palese a proposito di Berlusconi non poteva non provocare polemiche e tensioni.

Schifani denuncia “un gravissimo strappo alle regole parlamentari contro Berlusconi” mentre Lanzillotta di Scelta Civica – colei che sembra aver determinato la maggioranza 7 a 6 in Giunta al Senato – ribadisce che la votazione sulla decadenza non riguarda “la persona” bensì i criteri oggettivi, ossia “la sussistenza dei requisiti dal cui esito dipende la corretta composizione dell’Assemblea”, ha aggiunto Zanda, il quale puntualizza: “Non c’è stata alcuna modifica del Regolamento. Dal 1993 il voto segreto è possibile per votazioni riguardanti persone”. Linda Lanzillotta giustifica inoltre la sua “decisione tecnica” dell’ultimo minuto affermando che “il voto segreto non sarebbe stato adeguato alla crescente richiesta di trasparenza dell’opinione pubblica”.

Intanto, 22 Senatori del PdL – gli “innovatori”, alfaniani – hanno firmato un appello al presidente del Senato Pietro Grasso, perché non tenga conto del voto in Giunta, il cui parere ha da Regolamento solo valore di indirizzo, e proceda con voto segreto alla votazione in aula sulla decadenza di Berlusconi da Senatore della Repubblica in quanto “il dettato regolamentare – sostengono gli “innovatori” – è inequivoco nel prescrivere la votazione segreta in tutti i casi di votazioni ‘comunque’ riguardanti persone”.

Il premier Letta, a sua volta, non cede alla richiesta di un “ritocchino” alla legge Severino e insiste sulla “nuova maggioranza politica” che si sarebbe formata il 2 ottobre. Per il presidente del Consiglio il suo governo ha i numeri e può prescindere dal sostegno del Cavaliere. Letta rimarca la “netta separazione” fra la vita dell’esecutivo e le vicende giudiziarie dell’ex premier. L’unico motivo di intervento per l’esecutivo potrebbe essere determinato da una eventuale sentenza della Consulta o da un atto parlamentare di indirizzo, ciò che ovviamente non rappresenta un auspicio, sottolinea Palazzo Chigi, ma “è normale grammatica istituzionale di un Paese serio”. In sostanza il Cavaliere ormai semidecaduto non viene più considerato un reale pericolo in grado di provocare una crisi e le pressioni per un intervento legislativo vengono definite “inaccettabili” o “irricevibili”.

“Il governo non cade su una vicenda grave che riguarda il Parlamento – sottolinea il ministro Quagliariello – e non cade poi anche perché non deve vincere il partito trasversale delle elezioni anticipate. Che, in questo momento, possono convenire solo a Grillo e a Renzi, ma non certamente al centrodestra”.

Il clima è di certo molto cupo ma del resto anche il Pdl si sta preparando al post decadenza: “Abbiamo necessità di un po’ di tempo per trovare un nuovo assetto”, sottolinea Quagliariello. Renato Schifani assicura che ogni decisione verrà assunta coralmente, senza scissioni e, nel contempo, denuncia “un gravissimo strappo alle regole parlamentari contro Berlusconi”. La verità, osserva Schifani, è che “il Pd vuole fare saltare questa alleanza per andare al voto” ribaltando così un’eventuale crisi di governo sull’avversario politico che avrebbe determinato, con “un atto di squadrismo”, la resa del Cavaliere; una vera e propria azione “da plotone di esecuzione”.

Sacconi denuncia “uno spregiudicato tentativo di creare un vuoto politico in un difficile passaggio  della nostra vita repubblicana che non può trovare disponibilità o, peggio ancora, compiacenza nel centrodestra”. Sulla stessa lunghezza d’onda è Fabrizio Cicchitto per il quale “il Pd ha compiuto una forzatura per fare cadere il governo e andare ad elezioni anticipate”. Anche se, subito dopo, il governativo Cicchitto esclude la possibilità per il Pdl di “cadere in una trappola di questo tipo” e ribadisce la necessità per il suo partito di condannare una simile “prevaricazione”.

Per il resto a Palazzo Grazioli continuano a succedersi una serie di vertici cruciali per evitare la resa dei conti. Il voto palese viene vissuto come un “umiliazione”, una mossa non facile da digerire, una decisione che “costringe il mio partito a schierarsi”, dichiara Angelino Alfano che “una volta per tutte” ammette da che parte sta. Il Cavaliere cerca comunque di mantenere la lucidità politica necessaria e rimanda, di volta in volta, la decisione finale: una eventuale chiamata alle armi dagli esiti imprevedibili. In un clima di totale incertezza la cautela è d’obbligo e i timori principali sono due: il timore di un nuovo 2 ottobre senza avere i numeri per sfiduciare il governo e il timore di andare alle urne con un Pdl spaccato e senza leader, e quindi più debole, tale da favorire la presa della scena da parte dell’avversario.

L’incomunicabilità politica in casa azzurra aggrava la situazione già di per sé ingovernabile a causa degli aspri scontri tra classi dirigenti. Berlusconi, a sua volta, sembra non arrendersi all’idea di perdere il suo delfino, anche se ad un certo punto la separazione sarà molto probabilmente inevitabile. Per ora lo “strappo” con il governo non c’è. Potrebbe avvenire il giorno della decadenza, non ancora calendarizzato, ma anche in quell’occasione Berlusconi potrebbe offrire al governo di Letta “il gesto” di favorire comunque l’approvazione della legge di Stabilità prima di focalizzarsi su una nuova crisi o, magari, sulle prossime elezioni che ci si augura possano avvenire con una nuova e più efficace legge elettorale.

L’esecutivo in carica, forte dell’appoggio del Colle e dell’Unione europea, sembra avere tutte le carte in regola (al di là del caos provocato dalle vicende in corso)  per durare fino al 2015 (semestre europeo compreso), ma l’evento della decadenza del Cavaliere si preannuncia non indolore.

Il premier Letta insiste comunque sui problemi concreti e con lo sguardo rivolto all’Europa afferma: “La Ue alzi la bandiera per il lavoro dei giovani e sia unita sull’immigrazione. La risposta italiana è eliminare il finanziamento ai partiti e cambiare legge elettorale”.

“Fermiamo i nemici dell’Europa”, ammonisce Letta in un’intervista su La Stampa. “Urge una grande battaglia europeista: L’Europa dei popoli contro l’Europa dei populismi. Questa è la posta in gioco nei prossimi sei mesi. E quando dico europeismo – sottolinea il premier italiano – so bene che non basta ‘più Europa’ per avere un’Europa migliore”.

Letta guarda avanti ed è sicuro di arrivare al 2015, anno in cui si potrà affrontare una nuova competizione elettorale tra centro-sinistra e centro-destra, con nuove regole. “In Italia serve un sistema nel quale quando si vota il cittadino elegge un Parlamento e non due con gli stessi poteri, come è oggi”. Letta auspica di chiudere la partita ‘legge elettorale’ entro l’estate, insieme con la riduzione dei parlamentari e la fine del bicameralismo perfetto.

La politica italiana deve recuperare le forze, slancio e moralità, a patto che sia in grado di “auto-riformarsi” sia attraverso le dovute modifiche costituzionali e legislative sia ‘rinnovando’ e ‘ringiovanendo’ le leadership dei partiti.

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