Il Liberty italiano
Reggio Emilia – Lo scorso 5 Novembre Palazzo Magnani ha inaugurato la mostra Liberty in Italia. Artisti alla ricerca del moderno, che rappresenta un’accurata indagine sul rapporto che gli artisti italiani hanno avuto con l’Art Nouveau e come si è sviluppata in Italia.
Questa esposizione, curata da Francesco Parisi e Anna Villari, mette a confronto una ricca produzione artistica sviluppatasi tra Ottocento e Novecento, spaziando da dipinti a sculture e ceramiche, da grafica e manifesti a progetti architettonici e decorativi; quasi 300 opere, frutto di una lunga selezione, che fanno capo a prestiti ricevuti da importanti musei e sbalorditive collezioni private. La mostra viene suddivisa in sette sezioni tematiche, dove capiterà di ammirare alcune opere alla loro prima esposizione in pubblico, e si assisterà al confronto tra i due aspetti principali che contraddistinguono il Liberty italiano, quello tipicamente floreale e quello modernista. La scelta fatta dai curatori è stata dettata dal voler incamerare in un’unica mostra, non solo le opere strettamente legate alla filosofia tipica della corrente Liberty, lineare e con motivi legati alla natura, ma anche quelle opere che pur appartenendo a questa corrente iniziano a sperimentare già concetti prettamente legati al modernismo e alle avanguardie.
Le sezioni espositive raggruppano le opere per forma espressiva agevolando così la comprensione del lavoro dell’artista e del potere seduttivo che dopo anni ancora questa corrente artistica è in grado di sprigionare. L’esposizione, che si concluderà il 14 Febbraio 2017, ha inizio con tre ampie sale dedicate alla pittura che mette in evidenza quanto lo stile italiano sia distante da quello d’oltralpe, si nota in special modo il forte legame con la tradizione; ma è soprattutto nelle prime opere di artisti come Casorati, Boccioni, Bargellini, Bocchi e Corcos, che si distingue la presenza dei temi tipici del Liberty.
Giunti alla sezione dedicata all’illustrazione ed alla grafica si percepisco meglio le caratteristiche che contraddistinguono l’Art Nouveau, sia in quella relativa ai manifesti che in quella di illustrazione libraria; qui emerge lo stile personale dell’artista che permette, soprattutto in ambito editoriale, la nascita di collaborazioni tra scrittori e artisti, come avvenuto tra D’Annunzio e De Carolis, o tra Antonio Beltramelli e Francesco Nonni. In questa sezione, saranno presenti anche opere incisorie originali, di artisti molto influenti durante la Belle Époque, con pezzi rari prestati da archivi privati e dalle collezioni della Calcografia Nazionale di Roma.
Ciò che forse lascerà il segno e si imprimerà nella memoria dei visitatori saranno i progetti, i disegni, i quadri, gli oggetti e i bozzetti che documentano il connubio tra architetti, pittori e scultori, che dedicano la loro esperienza e la loro energia nel creare ed arredare le note case d’artista. Artisti come Ettore Ximenes, Duilio Cambellotti, Vittorio Grassi, Giuseppe Palanti, Paolo Sironi, Raimondo D’Aronco, Ernesto Basile, si trasformano in antesignani designer per conferire alle abitazioni, seguendo i diversi e personali gusti dei proprietari, le tipiche caratteristiche dell’arte Liberty.
La sezione dedicata alle arti decorative analizza l’esplosione della corrente Liberty in Italia, che si manifesta nel 1902 con l’esposizione di Torino, quando nel resto d’Europa già si sperimentava quello che venne definito Secessione. Dunque troveranno spazio le opere tipicamente floreali e quelle più moderniste di Randone, Vincenzo Jerace, Ernesto Basile; presenti anche le opere vincitrici dell’esposizione torinese, quella di Basile-Ducrot e quella di Galileo Chini.
La filosofia Liberty non ha risparmiato nemmeno la scultura, tema della quinta sezione espositiva, già nell’1880 scultori come Leonardo Bistolfi e giovani cresciuti con l’esempio dei maestri stranieri, quali Attilio Selva, Giovanni Primi, Ercole Drei, Nicola d’Antino, creano opere marcatamente simboliche, anche se la vera espressione del Liberty si trova nelle sculture di nudo o di ninfe marine di artisti come Domenico Trentacoste o Pietro Canonica.
Le ultime due sezioni sono dedicate a ciò che la maggior parte di noi riconoscono come massima espressione dell’arte Liberty: la grande pittura decorativa e i manifesti. Gli affreschi si distinguono per gli sfondi piatti e i colori essenziali, nella sesta sezione troviamo quelli realizzati da Edoardo Gioia, Galileo Chini (che si dedicano soprattutto ad edifici termali e ville private), Adolfo De Carolis, Annibale Brugnoli, Giulio Bargellini e Antonio Rizzi (divenuto famoso dopo aver vinto il concorso del 1913 indetto per i mosaici da realizzarsi nelle lunette dei propilei del Vittoriano).
La settima sezione, infine, raccoglie i manifesti pubblicitari che all’epoca davano mostra di se per le vie delle città, esempio delicato e creativo del nuovo rapporto stabilitosi tra industria ed artigianato, rapporto volto a esaltare e diffondere la bellezza degli oggetti di uso quotidiano. In mostra, tra le opere del movimento culturale di artisti come Adolfo De Carolis, Adolfo Hohenstein, Aleardo Terzi, Plinio Nomellini, Galileo Chini, Leonardo Bistolfi, Vittorio Grassi o Umberto Boccioni, inediti manifesti di grandi dimensioni che spiazzeranno il pubblico con i loro sgargianti colori.