Giappone vs Cina, i toni si scaldano
Per la prima volta dall’aggravarsi, un anno fa, del loro conflitto territoriale nel Mar della Cina orientale, Pechino e Tokio hanno utilizzato in questi ultimi giorni parole che si riferiscono alla guerra e alla pace, facendo temere un possibile ulteriore peggioramento dei loro rapporti.
Lo scorso martedì, il Ministro della Difesa giapponese, Itsunori Onodera, ha dichiarato che le incursioni marittime cinesi nelle acque giapponesi intorno all’arcipelago Senkaku minacciavano la pace. Queste “intrusioni (…) costituiscono una zona grigia” tra “tempi di pace e situazione di crisi”, ha dichiarato all’indomani di una nuova incursione delle navi dei guardiacoste cinesi in questa zona molto calda che costituisce il nucleo del contenzioso nippo-cinese. Sabato 26 Ottobre, il Ministro della Difesa cinese aveva da parte sua utilizzato l’espressione “atto di guerra” per mettere in guardia Tokyo contro qualsiasi eventuale azione perpetrata contro i suoi caccia. Pechino e Tokyo non vogliono fare nessuna concessione sulle Senkaku, nome giapponese di un piccolo arcipelago del Mar della Cina orientale, rivendicato con forza da Pechino che lo chiama “Diaoyu”, ma amministrato dal Giappone. Sempre Sabato scorso, durante una parata militare a Tokyo, il Primo Ministro di destra Abe ha avvisato che non “avrebbe tollerato nessun cambiamento dello statu quo operato con la forza”. Lo stesso giorno in un’intervista rilasciata al Wall Street Journal, ha anche lui utilizzato parole che rientrano nel registro “guerra e pace”: “Se la Cina sceglie di prendere quella strada, non potrà uscirne in modo pacifica”.
Le Senkaku/Diaoyu sono situate a 200 chilometri a nord est delle coste di Taiwan, che le rivendica a sua volta, e a 400 chilometri ad Ovest dell’isola di Okinawa (sud del Giappone). Oltre alla posizione strategica, i contendenti puntano alle probabili riserve di idrocarburi nascoste nei suoi fondali. Nel Settembre del 2012, la nazionalizzazione da parte di Tokyo di tre delle cinque isole dell’arcipelago avevano acceso la miccia, scatenando in Cina una settimana di violente manifestazioni anti-giapponesi. Da allora, Pechino invia regolarmente delle navi a pattugliare la zona, mentre Tokyo ha creato una forza speciale per difendere il “suo” arcipelago. Il Giappone denuncia regolarmente il “comportamento pericoloso” della Cina e si preoccupa per la crescita costante della forza navale del suo grande e potente vicino. In questo contesto molto “caldo”, Tokyo ha comunque cominciato due settimane di esercitazioni aeronavali, esercitazioni previste da tempo e con il forte appoggio di Washington.
Il giornale giapponese Asahi Shimbun scrive: “pacifico non è certo un termine da utilizzare per qualificare il primo progetto di strategia nazionale di sicurezza (SNS) elaborato dal Governo di Shinzo Abe”. Questo documento così come il Libro Bianco sulla Difesa nazionale, dovranno essere approvati il mese prossimo dal Governo giapponese.” Il loro obbiettivo è sbarazzare il Giappone dalle tradizionali restrizioni inmateria di difesa” precisa il quotidiano. Anche se il documento del SNS non lo dice chiaramente, prosegue l’Asahi, Shinzo Abe ha in mente un riesame della Costituzione, “per permettere al Giappone di utilizzare il suo diritto all’autodifesa collettiva. Se è questo obbiettivo che definisce come ‘pacifismo proattivo’, si puù affermare che il Paese sta prendendo una piega pericolosa”. Si arriverebbe ad una rottura radicale con la tradizione nata con la Seconda Guerra mondiale di mantenere il Giappone “fuori dai conflitti internazionali e di contribuire alla Pace con mezzi non militari” come prevede l’articolo 9 della Costituzione. “Il giappone sta diventando un Paese come gli altri?”, ha chiesto Kastuya Okada, un deputato del Partito Democratico (opposizione) durante una riunione della commissione di Bilancio. Il progetto SNS prevede ugualmente un riesame in profondità dei principi che limitano fortemente le esportazioni di armi. Un modo per il Governo di rispondere alle richieste pressanti degli industriali giapponesi del settore. In tutti i casi, Asahi afferma che “l’ultima cosa che ci si possa augurre è che il Governo Abe distrugga poco a poco i principi del pacifismo giapponese, senza ricorrere prima ad un ampio dibattito”.
Con queste premesse e con la pubblicazione da parte dei media di stato cinesi delle immagini riguardanti la “segretissima” flotta di sottomarini nucleari – immagini rese pubbliche come dimostrazione di forza necessaria per via delle “vivaci diatribe” marittime tra Pechino e i suoi vicini – la tensione non può che crescere tra i due Paesi. L’arma della diplomazia non sembra rientrare nelle corde del Primo Ministro giapponese, che in dieci mesi di guida del Paese non ha mai incontrato l’uomo forte della Cina, Xi Jinping. Dopo una parentesi di Governo di centrosinistra (2009-2012), il Giappone di Abe non cessa di rafforzare l’ancoraggio politico e militare con gli Stati Uniti che contano moltissimo su questa alleanza, fondamentale nella loro strategia di “cerniera” verso l’Asia.
Ma il caso Senkaku/Diaoyu costituisce un vero rompicapo anche per Washington: il trattato di alleanza americano-giapponese copre le Senkaku ma, probabilmente per non irritare Pechino, l’amministrazione americana si guarda bene dal pronunciarsi in questa querelle territoriale. Questo pericoloso gioco costituisce per il Giappone un importantissimo test anche sulla solidità della sua alleanza con Washington. La prima prova finirà alla fine dei 15 giorni di esercitazioni navali. Il 18 Novembre, forse, qualcosa si chiarirà.
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