Fräulein – Una fiaba d’inverno (Film, 2016)
Finalmente una commedia originale nell’asfittico panorama del cinema comico italiano, pervaso da autori capaci solo di replicare loro stessi e patetici quanto retorici television-movie, per tacer del peggio (Ruffini, Mandelli, Bisio e compagnia cantante). Caterina Carone (Ascoli, 1982) abbandona momentaneamente il documentario, genere che le ha portato successi e riconoscimenti importanti (Festival di Torino, Premio Solinas, David di Donatello) per debuttare nella fiction con una storia da lei scritta e sceneggiata, interamente girata – tra gennaio e marzo 2015 – sull’altopiano del Renon, in Trentino Alto Adige.
Vediamo la trama, ridotta ai minimi termini perché si tratta di una piccola storia di sentimenti, ambientata in un luogo di confine, in una realtà fantastica, come se fosse una fiaba. Regina vive sola in un paesino delle Dolomiti, tutti la chiamano Fräulein (zitella), ha quarantuno anni e possiede un albergo in rovina, chiuso da anni. La solitudine l’ha resa acida e scontrosa, non sorride mai, ha due strane amiche (Hanna e Nina) con le quali gioca a carte e condivide vuote giornate. La sua unica compagna è una gallina bianca di nome Marilyn e come principale attività porta assistenza e conforto agli anziani, che in paese non mancano. Un giorno la sua vita cambia, dopo l’annuncio radio dell’arrivo di una fantastica tempesta solare, arriva un misterioso turista: Walter Bonelli, un sessantenne che chiede una stanza nel suo albergo, il luogo dove molti anni prima ha trascorso una vacanza con la moglie ormai scomparsa. I due finiscono per darsi aiuto e sostegno reciproco, scoprendo lati sconosciuti di loro stessi e dando una decisa sterzata a tristi esistenze. Walter cambia il carattere di Regina, fa sbocciare sul suo volto un sorriso, il loro è un amore platonico, una storia tutta sentimentale che scalfisce la dura scorza della montanara. Persino la corte serrata di un buffo postino – prima mal sopportata – diventa motivo di gioia per la (adesso) bella Fräulein che tutti si decideranno a chiamare Regina.
Un film che racconta una piccola storia, dolce e delicato come una fiaba d’inverno, che scandisce il passare del tempo con lentezza, secondo singolari ritorni, una storia basata sulla recitazione teatrale della bravissima Lucia Mascino e sull’arte istrionica di Christian De Sica. Divertente anche Max Mazzotta nei panni del postino innamorato. I detrattori di De Sica dovranno ricredersi vedendolo all’opera con una sceneggiatura – una tantum – da vera commedia, fuori dai ristretti cliché della farsa. Non è difficile convincersi che De Sica possiede notevoli doti di attore comico, perché il film si basa su due personaggi ed è sostenuto dalla sua prova senza sbavature, mai sopra le righe, e dalle grandi doti teatrali della Mascino. Ottima la fotografia montana, suggestiva la colonna sonora che ricorda i canti alto atesini, perfetta l’ambientazione fantastica tra i ghiacci in un paese da fiaba. Tecnica di regia sopraffina, non solo nelle panoramiche documentarie, ma anche nei campi e controcampi teatrali, nelle dissolvenze e nei primissimi piani.
Un debutto convincente per una regista da incentivare. Peccato che sarà un film che vedranno in pochi, destinato ai circuiti del cinema d’essai. Presentato al Bolzano Film Festival il 13 aprile 2016. In sala (dove arriverà) dal 26 maggio.
. . .
Regia: Caterina Carone. Soggetto e Sceneggiatura: Caterina Carone. Montaggio: Enrica Gatto. Musiche: Giorgio Giampà. Fotografia: Melanie Brugger. Scenografia: Giulio Pannuti. Costumi: Massimo Cantini Parrini. Produttore: Carlo Cresto Dina. Casa di Produzione: Tempesta, Rai Cinema. Distribuzione: Videa. Genere: Commedia fantastica. Durata: 93’. Interpreti: Lucia Mascino (Regina detta Fraulein), Christina De Sica (Walter), Therese Hamer (Hanna), Irina Wrona (Nina), Andrea Germani (Max), Max Mazzotta (postino), Jasmin Barbara Mairhofer (moglie di Walter), Luigi Delladio (don Stein), Peter Mitterutzner (sig. Pichler), Ingrid Bliem Esposito (dr.ssa Mair), Giorgio Lopez (voce narrante).
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]