Democrazia e Legge elettorale
Le ultime elezioni americane mostrano fino a che punto un sistema elettorale possa distorcere la realtà della democrazia. Da quando questa è nata, nelle città greche, significa in concreto “governo della maggioranza”. Negli Stati Uniti, la maggioranza si era espressa a favore della candidata democratica, il cui vantaggio in termini di voto popolare è superiore a 650.000. In chiare lettere: la maggioranza degli americani voleva lei alla Casa Bianca. Ma per effetto di un sistema arcaico e ingiusto, ha vinto Trump, con un numero molto alto di “delegati” a suo favore. Era già avvenuto, tra Al Gore e George W. Bush (risultato poi il più disastroso tra gli ultimi presidenti americani). E, ora come allora, è decisivo il voto in uno o due “Stati chiave”, Florida in particolare, che hanno la più alta percentuale di “Delegati”. Coll’aggravante che, nella maggior parte degli Stati, il vincitore, anche per una manciata di voti, si prende tutti i delegati spettanti.
C’è da chiedersi: come può un sistema del genere sopravvivere in una grande democrazia del secolo XXI? La risposta è semplice; il sistema riflette l’originaria natura federale degli Stati Uniti, a cui gli americani (specialmente i repubblicani) restano per lo più visceralmente attaccati. Cambiarlo è dunque una completa utopia, come è utopico pensare all’abolizione del secondo emendamento alla Costituzione americana, che consente di portare armi. Vedremo se la vittoria di Trump per effetto di questa stortura produrrà gli stessi effetti di quella di Bush. Speriamo di no ma intanto, visto che comunque in questa vicenda siamo costretti a essere spettatori, interessati ma passivi, pensiamo alle faccende di casa nostra.
Sentiamo dire un po’ da tutti che, comunque vada il Referendum , l’Italicum può e deve essere cambiato. Non è che a me piacesse troppo e mi chiedo quale altro e peggiore pasticcio lo sostituirà. Perché una cosa è chiara: se tutti, o quasi, la vogliono rifare, nessuno è d’accordo con nessun altro sul come (lo stesso vale per la riforma costituzionale, ed è una delle ragioni di un “Si”, anche se sofferto).
Certo, l’Italicum può essere migliorato, per esempio con le preferenze anche per i capilista. Speriamo però che non si ceda sull’aspetto veramente buono della legge, il doppio turno con ballottaggio finale, che è l’unico a garantire che chi vince e governa lo fa con la maggioranza, se non dei cittadini, almeno dei votanti. Resta una domanda, che continuo a farmi con insistenza: ma perché non si sceglie il sistema più limpido, quello del doppio turno di collegio alla francese?
L’alternativa estrema, cioè il ritorno alla proporzionale, democratico sulla carta, rischia di rendere il Paese ingovernabile, perché l’elettorato è diviso in tre gruppi grosso modo equivalenti: PD, centro-destra, 5 Stelle. Con la proporzionale, dunque, una coalizione fra due dei tre sarebbe necessaria. Io sono un sostenitore delle coalizioni, quando sono fondate su un programma serio e condiviso e sulla volontà e capacità dei partecipanti di stare insieme per la Legislatura, come in Germania. Ma in Italia? Non abbiamo già avuto una coalizione (le “Larghe intese”) finita com’è finita? Proviamo a immaginare: Grillo con Berlusconi? PD e 5Stelle? PD e centro-destra (la meno mostruosa delle coalizioni) con la Lega parte determinante?
Ci rifletta chi con tanta baldanza, specie a sinistra, invita a votare “No” soprattutto per “mandare a casa Renzi” (tra parentesi, che miserando spettacolo sta dando Massimo D’Alema, sul cui volto si legge ormai solo un cieco e suicida desiderio di vendetta).