Cronache dai Palazzi

L’Europa concede di più per quanto riguarda le “spese per migranti e terremoti”, ma Bruxelles sottolinea che la manovra 2017 può provocare “significative deviazioni” rischiando di violare il Patto di Stabilità; anche se il giudizio definitivo, portatore di scelte, viene rinviato al 5/6 dicembre (dopo il referendum sulla riforma costituzionale) quando è previsto un incontro dell’Eurogruppo/Ecofin dei ministri finanziari. Le trattative definitive potrebbero inoltre essere rinviate al dopo summit dei capi di governo del 15 e 16 dicembre. Richiamati anche Spagna, Portogallo, Belgio, Finlandia, Slovenia, Lituania e Cipro nell’ambito dell’amministrazione dei bilanci denominata Semestre europeo. In definitiva per ora non è prevista per l’Italia alcuna resa dei conti a proposito di deficit, bensì il debito verrà rivisto non prima del 2017. Le istituzioni europee invitano comunque il governo Renzi a “prendere le misure necessarie” affinché il bilancio del 2017 sia in regola con il Patto di Stabilità.

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan si è dichiarato a sua volta soddisfatto, perché sulla flessibilità la Commissione Ue “riconosce le esigenze” italiane. Per l’Italia si auspica una crescita pari allo 0,9% nel 2017, anche se l’agenzia S&P ha previsto uno 0,8%. Bruxelles non nasconde però le proprie perplessità temendo “un peggioramento del saldo strutturale di 0,5% nel 2017 che, a fronte del miglioramento di 0,6% raccomandato dal Consiglio a maggio, punta a un rischio di deviazione significativa” anche escludendo le spese per migranti e terremoto. Molte azioni volte alla riduzione del deficit vengono ritenute di impatto “incerto” e “la decisione di abrogare gli aumenti dell’Iva già previsti dalla legge, combinati con un aumento addizionale della spesa (pensioni incluse) pone dubbi seri sulla credibilità della strategia di bilancio italiana rispetto al raggiungimento dell’obiettivo di medio termine”.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ribadisce che la politica dell’austerity non è più sostenibile e continua a battere i pugni sul tavolo dell’Europa. Un atteggiamento non condannato da tutte le istituzioni europee, bensì condiviso ad esempio dal presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. “Preferisco le critiche di chi vuole svegliare l’Europa agli attacchi di chi vuole metterla a dormire per sempre”, ha dichiarato Schulz convinto dell’europeismo di Renzi, anche se a volte il premier italiano appare “poco diplomatico nei toni”.

Il presidente Schulz, in una sua intervista al Corriere della Sera, ha precisato che il Patto di Stabilità “viene aggiornato con una flessibilità intelligente”, per cui “la scelta sull’Italia” va letta così: “Sostenibilità delle finanze pubbliche sì; sottrarre investimenti alla crescita e togliere risorse per le emergenze no”. Schulz ha inoltre sottolineato che “l’Italia merita il rispetto e il ringraziamento degli altri Paesi europei per le migliaia di vite che salva ogni giorno” nel Mediterraneo. “Con la sua azione, l’Italia difende la dignità e i valori dell’Unione”, ha affermato Schulz.

Come da copione la Commissione europea ha rinviato l’analisi della situazione italiana a dopo il referendum costituzionale e Renzi, da parte sua, continuerà a propagandare la sua polemica con l’Ue in questa campagna referendaria anche perché sembra essere funzionale all’esito del voto, in quanto apprezzata “dalla maggior parte degli italiani” come gli assicurano i sondaggisti. Renzi così non molla di bersagliare “il ragionamento suicida che è alla base dell’austerity europea”. “Il rigore non è più sostenibile – ha ammonito Renzi – anche perché così si mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni”. Durante il suo tour siciliano, di fronte ad una bandiera dell’Unione, il premier italiano ha ribadito di non avere “niente contro l’Europa” però non voglio che sia la casa dei tecnocrati e dei burocrati. Gli europei devono smetterla di fare i furbi sull’immigrazione e sul rigore perché così sono loro ad uccidere l’Ue”, ha puntualizzato Renzi.

In un clima da campagna elettorale si respira sempre una certa opacità di opinioni e di situazioni, o comunque non è poi tutto così aderente alla realtà dei fatti, come le cose sarebbero veramente, liberi dal vincolo della propaganda. Cosa accadrà quindi dopo il 4 dicembre non è poi così facile da prevedere: se Renzi resterà in sella o quali forme assumerà il vincolo con l’Europa soprattutto in vista dell’anniversario dei Trattati europei a marzo 2017, e l’eventuale accettazione (o meno) dell’Italia del famigerato Fiscal compact che Renzi mira a riformare. In sostanza il vertice del 25 marzo a Roma potrebbe essere per il presidente del Consiglio la sede giusta per inaugurare “il nuovo patto fondativo dell’Unione”.

Per citare un po’ di decimali, è pari a 0,6% la distanza dell’Italia dall’obiettivo di deficit/Pil per lo più addebitata alle spese sostenute per immigrazione e sisma. Mentre secondo gli impegni sottoscritti dall’Italia con l’Ue ammonta a 1,8% il target deficit/Pil nel 2017, anche se il nostro Paese prevede un rapporto del 2,3 per il prossimo anno.

Il governo ha incassato il Sì di Montecitorio per quanto riguarda il decreto fiscale con la rottamazione delle cartelle e la riforma della riscossione. È stato quindi formalizzato l’addio a Equitalia (entro il primo luglio del prossimo anno) e inaugurata una nuova stagione della voluntary disclosure; in pratica chi ha già aderito alla prima operazione di rientro dei capitali potrà ora usufruire della voluntary bis, per mettersi in regola con capitali nascosti finora in Italia. I Comuni dovranno inoltre segnalare al Fisco i propri cittadini che hanno trasferito la residenza all’estero a partire dal 2010. Rilanciata per di più la decontribuzione nel 2017 per le nuove assunzioni nel Mezzogiorno. “Le aziende che scelgono di assumere al Sud hanno la decontribuzione totale, come il primo anno del Jobs Act”, ha ribadito Matteo Renzi a Caltanissetta. L’obiettivo politico è approvare la legge di Bilancio prima della pausa dei lavori della Camera che coinciderà con la data del 4 dicembre. Le votazioni sui circa 900 emendamenti presentati dai diversi gruppi non è però scontato in tempi così rapidi. L’esame delle proposte di modifica inizierà domenica 20 novembre. Scade inoltre lunedì 21 novembre alle 13 il termine ultimo per presentare emendamenti da parte del governo, che con le nuove regole di bilancio non potrà più avanzare le proprie proposte di modifica in qualsiasi momento. In definitiva il disegno di legge dovrebbe arrivare in Aula venerdì 25.

A due settimane dal referendum costituzionale si scatenano infine i sondaggisti, che annunciano la scalata e quindi l’avanzata del No che batte il Sì 55% a 45%. Il sondaggio di Nando Pagnoncelli registra comunque un consistente e non trascurabile zoccolo duro di indecisi (13% degli elettori) che potrebbero fare la differenza riservando alle urne delle belle sorprese. Un altro 14%, invece, dichiara di poter cambiare idea. In questo contesto un dato significativo riguarda gli elettori centristi: pur dichiarandosi per la maggior parte a favore del Sì (72% a 28%), uno su tre potrebbe modificare la propria scelta (35%).

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