Obama blocca le trivelle?
Fra le preoccupazioni di fine mandato di Obama c’è anche, oltre il futuro della Nato, anche quello dell’industria petrolifera: nell’ambito del piano che regola l’attività di ricerca di petrolio e gas per i prossimi cinque anni, il presidente uscente ha infatti limitato le prospezioni petrolifere nell’Artico, ma non in mari altrettanto a rischio come il golfo del Messico, già teatro nel 2010 del disastro della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon.
Come spiegato dal segretario all’Interno Sally Jewell, che ha parlato di “passo nella giusta direzione” da parte di Obama, bisogna tenere conto del diminuito interesse dell’industria petrolifera per il lontano e freddo Alaska. Ma anche del fatto che il piano quinquennale, valido fino al 2022, vieta è vero le prospezioni nei mari di Chukchi e Beaufort a largo della costa nord dell’Alaska, ma le autorizza nel golfo del Messico. E del fatto che, sempre in Alaska ma a largo della costa centro meridionale, vengono limitate ma non vietate le prospezioni nella baia di Cook. Eppure, vicino alla baia di Cook, appena al di là – verso ovest – del promontorio di Kenai, ci fu un altro disastro, sia pure dieci volte inferiore a quello del Golfo del Messico: il naufragio della petroliera Exxon Valdez, nel 1989.
Se il presidente Trump volesse ristabilire le condizioni precedenti, si troverebbe a dover risolvere un problema non da poco: Trump potrebbe cercare di emendare il piano, ma dovrebbe affrontare un lungo procedimento che potrebbe durare anni. Ma perché farlo, se l’industria petrolifera è poco interessata all’Alaska, mentre è stata tutelata, da Obama per primo, nell’area di maggiore interesse economico per l’industria del petrolio, cioè nel Golfo? Grazie alla visibilità mediatica – sui post dei social – del fotogenico Alaska, con l’operazione Piano Quinquennale il presidente uscente ha tutelato l’immagine ‘ambientalista’ sua e dei Democratici; e contemporaneamente ha evitato preoccupazioni per il futuro del loro business ai petrolieri, e al neo-eletto Trump.
E infatti, se – a livello del chiacchiericcio sui social – Obama ha assestato un colpo all’industria del petrolio così importante per l’economia degli Usa, nel concreto le cose dimostrano il contrario: perché la luna di miele tra Donald Trump e i mercati non ha subito scossoni, anzi. A due settimane dall’Election Day, Wall Street continua a volare e i principali indici mettono a segno record dopo record. La nuova impennata di Wall Street ha fatto seguito alle ultime parole di Trump, che come volevasi dimostrare ha accantonato le proposte più provocatorie della sua campagna elettorale, dal muro col Messico all’eliminazione dell’Obamacare al ritiro della firma USA all’accordo di Parigi sul Clima; e che ha annunciato azioni per rilanciare commercio, infrastrutture e posti di lavoro.
Ma nella stessa sede Trump ha potuto annunciare la deregolamentazione a favore dell’industria energetica tradizionale e la cancellazione dei vincoli ‘verdi’ imposti dall’amministrazione Obama, che non sarà una mera operazione di facciata, ma avrà un effetto concreto proprio grazie agli ‘spazi’ concreti lasciati nel Golfo e altrove dal Piano Quinquennale dello stesso Obama. Come dire: sui social, e sui media che si sforzano di somigliargli, Obama resta ambientalista e Trump petroliere. Ma pur giocando con i media, i social, le bandiere e le masse elettorali, tutti e due hanno portato e portano avanti, in modo concreto, e addirittura in continuità, le stesse identiche politiche energetiche a favore del petrolio.
[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]