La morte di Fidel Castro
Com’era prevedibile, la morte di Fidel Castro ha suscitato una valanga di reazioni che vanno dalla più delirante esaltazione del personaggio alla sua completa denigrazione. Capisco l’una e l’altra ma, per una volta, mi trovo d’accordo con Trump che ha detto “è morto un tiranno che ha tenuto schiavo il suo popolo”.
Perché questa è la verità. Andato al potere con la promessa di una vera e profonda rivoluzione politica e sociale che distruggesse il vecchio, corrotto regime di Batista, e creasse una società veramente giusta e prospera, Fidel Castro si è trasformato sempre più col tempo in un dittatore, che ha governato il suo paese con un pugno di ferro, impedendo qualsiasi tipo di libertà (salvo, e neppure appieno, quella di scappare dall’Isola). Le cose gli sono andate relativamente bene fin quando ha potuto avere il sostegno economico dell’URSS e degli altri Paesi del Patto di Varsavia, poi, dopo la fine della guerra fredda, è riuscito a sopravvivere solo stringendo le maglie del controllo di polizia e procurando al suo popolo una povertà e un’arretratezza sempre crescenti. Finché, uscito parzialmente di scena per la malattia, il regime ha dovuto cercare di ammorbidire il corso (economico, non politico: le prigioni restano piene di oppositori, la libertà inesistente).
Che tutte le anime belle della sinistra lo considerino un eroe e un’icona, è comprensibile. Ha tenuto testa al perfido yankee (e per questo, accettando i missili sovietici che avrebbero dovuto essere puntati contro gli Stati Uniti, ha fatto rischiare al mondo la Terza Guerra Mondiale). Per questa eterna sinistra ipocrita, che si riempie la bocca di parole come libertà e progresso, le decine di migliaia di detenuti politici, le centinaia di migliaia di persone costrette a esulare, la polizia politica onnipresente,, l’assenza di vere elezioni e di qualsiasi libertà di espressione, il miserabile fallimento della politica economica, tutto in nome di una mitica “revolución”, non importano un bel nulla. E neppure la corruzione, che avrebbe dovuto essere eliminata e invece è dilagante a Cuba a tutti i livelli. Chi ne dubita, vada a leggersi i libri di Leonardo Padura, uno scrittore cubano che Castro pur tollerava e che ha, nei suoi libri polizieschi, esposto crudamente la realtà di un popolo ridotto alla miseria e alla disperazione, circondato dalla corruzione e costretto a rifugiarsi nell’alcool, che è la sola cosa che, assieme allo zucchero e ai sigari, non manca.
Non sta bene parlare male dei morti, e quindi “parce sepulto”. Come ha detto saggiamente Obama, la Storia giudicherà l’opera di un personaggio singolare, che è stato, più nel male che nel bene, un protagonista del Secolo XX. Ma per favore cerchiamo di evitarne la penosa deificazione già avviata. E, Santo Padre, la morte di Fidel Castro causa forse ad alcuni “immensa tristezza” ma, per milioni di cubani, segna forse l’inizio della fine di un incubo.