Referendum: deliri e bugie
Scrivo questa nota quando ancora vi è piena incertezza sui risultati del Referendum (anche se il “No” sembra in vantaggio) e verrà pubblicata a votazioni appena iniziate. Vivendo all’estero, ho già scritto di aver votato per il “Si”, spiegandone le ragioni. Non intendo certo influenzare alcun elettore, ma non posso non indignarmi per l’elenco di deliri e bugie cui abbiamo assistito in questi mesi di campagna, specie – ammettiamolo – dai fautori del “No”.
Un semplice catalogo fa venire i brividi: mi sono sentito definire dal Presidente del Tribunale di Bologna “repubblichino”; non so cosa farà il CSM, probabilmente nulla, ma io a un tipo così non affiderei neppure la Pretura di un paesino della Basilicata. Perché uno che la spara così grossa (che paragona l’attuale momento italiano e una modesta riforma che non stravolge un bel nulla, addirittura all’8 settembre del 1943 e alla susseguente spaccatura dell’Italia in due) mostra chiaramente di aver perduto il ben dell’intelletto.
Ho sentito l’inaffondabile Berlusconi parlare di deriva autoritaria, di legge votata da un Parlamento eletto con una legge anticostituzionale, di Renzi “possibile padrone d’Italia”. Ma perché continua a spararle tanto grosse? Dimenticandosi allegramente, che la legge anticostituzionale l’aveva voluta e imposta lui, che di deriva autoritaria in un Paese in cui ogni qualche mese si vota su tutto e su tutti, è ridicolo. Che la riforma da lui proposta e poi bocciata prevedeva un serio aumento dei poteri del Premier. L’ho ascoltato parlare del “dopo Referendum”, dei suoi rapporti con Salvini e della sua collocazione ideologica nel modo più evasivo ed ambiguo. Ho sentito i camerati di Fratelli d’Italia riempirsi la bocca di libertà dei cittadini. L’emerito Salvini ha dato varie ragioni per il “No”: le più correnti, gli eccessi dell’immigrazione, il disagio dei camionisti del Nord e, soprattutto, la volontà di “mandare a casa Renzi”. Tutte questioni legittime ma che non hanno il più lontano rapporto colla Costituzione. Ho sentito molta gente cianciare di difesa della Costituzione senza averla probabilmente mai letta (se no, perché continua a parlare di “Premier non eletto dai cittadini?).
Ma il delirio completo si manifesta quando si vedono seduti nella stessa fila di poltrone gente come Fassina, Bersani, D’Alema, Salvini (per fare un solo esempio). Renzi avrà anche avuto torto a parlare poco elegantemente di accozzaglia, ma ha detto una cosa vera. Queste persone dovrebbero essere gli eredi di una sconfitta renziana e prendere in mano insieme il Paese e le sue istituzioni. Ve li immaginate? Questa gente dovrebbe mettersi insieme (Berlusconi dixit) per una nuova riforma: balle! Non riuscirebbero a mettersi d’accordo neppure su un articolo. E infine, un distinto costituzionalista ha detto che, se il “Si” vincesse per il voto degli italiani all’estero (quindi grazie anche al mio) ci sarebbe un ricorso. Questo considerarci italiani di seconda categoria mi ha mandato su tutte le furie.
Potrei andare avanti, ma basta così. Poi gli italiani votino come pare loro, secondo coscienza, secondo ragione e magari secondo gli umori del momento (tutto è lecito). Se Renzi perde, è in parte colpa sua: aveva la possibilità di fare una riforma condivisa, almeno con la sinistra del suo partito e di non ingenerare confusioni e sospetti. L’ha perduta. Il guaio è che, se perde lui, nell’incertezza e nel possibile caos entra l’Italia. Quelli che non hanno voluto votare Hillary Clinton per antipatia personale o stanchezza del sistema, si sono svegliati con Trump presidente. Quelli che hanno votato per la Brexit perché gli dava fastidio il vicino straniero, si sono ritrovati nell’incertezza finanziaria e senza via d’uscita internazionale plausibile (quanti ci stanno ripensando e si mordono le dita!). Noi rischiamo di consegnare l’Italia, non nuovamente a Berlusconi – tutto sommato un male minore – ma a Beppe Grillo.
Un Commento
Il fatto è che l’icona di Renzi ha fatto rimpiangere quella di Berlusconi, ha reso D’Alema un gigante politico, ed è riuscita ad oscurare (non solo nei modi, ma per la surrealtà di quello che ha fatto) la comicità di Beppe Grillo, dimostrando che quest’ultimo sarebbe un male minore.