Educazione Ambientale nelle scuole?

Venti milioni fino al 2020 per l’educazione ambientale: lo stanziamento, annunciato dal ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Stefania Giannini e da quello dell’Ambiente Gian Luca Galletti, dovrebbe essere destinato a formare i docenti e realizzare progetti per gli studenti nelle scuole e nelle università italiane. Nulla però è ufficialmente definito, se non l’entità dei fondi a disposizione. E l’unica traccia utile è nella dichiarazione del ministro Giannini: “E’ un impegno che deriva dalla legge 107 sulla Buona scuola, che prevede l’introduzione della educazione ambientale come uno dei principi guida, non concentrata in un’ora, ma distribuita in attività formativa dalla primaria ai più alti gradi dell’istruzione”.

Non si tratta di una novità assoluta. Nel 2008 l’Educazione Ambientale fu oggetto infatti di un primo disegno di legge politicamente ‘trasversale’  Nel 2009 il MIUR aveva promulgato linee guida per l’introduzione dell’Educazione Ambientale nelle scuole. Il Ddl della Camera 1291 del 2014 poi, anch’esso ‘trasversale’, recitava che ‘l’insegnamento dell’«educazione ambientale» è parte integrante dei programmi e dell’attività didattica nella scuola dell’obbligo nonché dei programmi di esame previsti dalla normativa vigente’, e ne indicava con precisione l’introduzione nei programmi di specifiche materie nei vari cicli scolastici. Ed in questo 2016 è stato presentato in Senato un disegno di legge politicamente ‘trasversale’, il 2256, che introduce l’Educazione Ambientale fra i contenuti della materia Costituzione e Cittadinanza europea.  Da parte loro, negli ultimi anni molte scuole hanno ‘fatto’ educazione ambientale attraverso progetti extrascolastici oppure nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro. I docenti si sono trovati a trattare l’emergenza climatica, e le sue conseguenze in termini di disastri ambientali, nell’insegnamento di diverse materie. Anche gli editori hanno preso da anni l’iniziativa, introducendo nei testi scolastici temi come il rispetto dell’ambiente e la gestione dei rifiuti.

Insomma, l’idea viene da lontano, è passata attraverso progetti specifici come il ddl 1291, e l’annuncio del ministro Galletti di nuove linee guida – avvenuto a margine della presentazione della legge sulla Buona Scuola – e quello dello stanziamento dei 20 milioni di pochi giorni fa, sono l’esito di un lavoro collettivo cominciato anni fa. Un lavoro che approda ad esiti ancora incerti, ma rivela quello che, nel linguaggio dell’insegnamento, è definito ‘fabbisogno formativo’: in questo caso, particolarmente sentito; e di vasta portata.

Ma come sarà ‘insegnata’ l’educazione ambientale nelle scuole? Di certo pare esserci l’intenzione di introdurla in tutti i cicli scolastici, dalla primaria alla secondaria di primo e secondo grado: cosa importante, vista la vastità dei contenuti della parola ‘educazione’, che vanno dagli aspetti etici come il rispetto dell’ambiente a quelli pratici come i comportamenti nell’utilizzo delle risorse e nel trattamento dei rifiuti. Restano da capire tuttavia le modalità operative, ovvero in che modo l’Educazione Ambientale verrà veicolata all’interno dell’offerta formativa rivolta agli studenti, e da chi: ovvero dagli stessi docenti, da soggetti esterni in collaborazione con le scuole, o da una più probabile sinergia fra le due risorse.

E questa incertezza offre spazio al dibattito frequente nel mondo della scuola: in particolare, per quello che riguarda una parte dell’ ‘operazione’ prevedibile, ovvero la formazione dei docenti che poi dovrebbero veicolare l’Educazione Ambientale nelle scuole. “C’è bisogno di una classe di docenti che non sia abbandonata a se stessa e alla propria buona volontà individuale, ma sia inserita in un percorso di formazione strutturale e permanente”, ha spiegato infatti il ministro Giannini “È quello che abbiamo fatto con quaranta milioni all’anno per tutte le varie filiere formative dei nostri docenti, di cui fanno parte l’educazione all’ambiente e alla salute. Si passa da un’idea di tanti micro progetti diffusi nelle scuole a una visione di sistema che riguarda tutto il sistema educativo”.

Ci sarà spazio, dunque, per il dibattito legato al credito, ovvero al ‘punteggio’, che la formazione può non riconoscere ai docenti: i quali quindi resterebbero demotivati ad acquisire formazione, per quanto ormai ‘obbligatoria’. Col rischio che uno dei contenuti più innovativi dell’insegnamento in un Paese vocato all’Ambiente come l’Italia diventi inviso agli insegnanti, e tenuto a margine della formazione dei cittadini di domani.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

Condividi
precedente

Giugiaro e il suo mondo

successivo

Referendum: deliri e bugie

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *