Italia sociale, Rapporto CENSIS 2016
Non è passato molto tempo dalla ricorrenza della Giornata internazionale dei Diritti Umani e dalle celebrazioni che l’hanno accompagnata. In quell’occasione il Capo dello Stato, Mattarella non ha potuto fare a meno di sottolineare come le discriminazioni, ignorare i torti subiti dagli altri esseri umani “…chiudere gli occhi significa comprimere le potenzialità di crescita di ogni società, incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, vuol dire gettare i semi di quel diffuso disagio sociale che troppo spesso sfocia in drammi e tragedie inaccettabili – continua il Presidente della Repubblica – per il livello di sviluppo raggiunto dalle nostre Società. Diritti umani e sociali tutelati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani la cui imprescindibilità dovrebbe essere garantita, ai giorni nostri, per tutte le Società e in tutto il Pianeta, ma cosa che è ben lungi dall’essere avvenuta concretamente e realmente.
E questo, in sostanza, è quello che emerge anche dal Rapporto CENSIS 2016, naturalmente, in una chiave di lettura che esamina, nel dettaglio, la situazione italiana: parte di una situazione più generale, su larga scala, connotata dalle stesse dinamiche e caratteristiche.
Nel “Rapporto CENSIS 2016 sulla situazione sociale del Paese” le “Istituzioni non riescono più a fare cerniera tra dinamica politica e dinamica sociale”. “Il tessuto sociale ancora regge – spiega De Rita – ma non si può ignorare la divaricazione che c’è tra potere politico e corpo sociale”. Una “Società dissociativa che rappresenta un gioco a perdere, – questi i termini in cui si esprime il Presidente del CENSIS, De Rita – in cui dall’alto non vengono adottate strategie utili alla collettività, mentre dal basso l’incolumità si traduce in rabbia e protesta”. Un’Italia che ha paura, sfiduciata, un Paese vulnerabile, che umilia i giovani. Siamo davanti ad una “…crisi profonda della cultura sistemica, in cui poteri sovranazionali, politica nazionale, istituzioni, minoranze vitali, sommerso” sono mondi che non riescono più a comunicare tra loro, che vivono “di se stessi e in se stessi”. L’Italia, in quest’ultimo anno, non ha cambiato il proprio trend, rimanendo in una specie di “limbo”, caratterizzata da una stagnazione economica con una crescita “dello zero virgola”, che ha lasciato immodificati gli scenari macroeconomici, a cui si va ad aggiungere un debito pubblico crescente, un tasso di occupazione migliorato solo apparentemente con il Voucher e con i contratti a termine e, soprattutto, con la mancanza di una progettualità di crescita nel medio-lungo periodo.
Nel corso dell’ultimo anno, si legge nel Rapporto, in un’Italia che ha continuato a “vivere il proprio quotidiano senza modificare le proprie abitudini”, si sono verificati eventi che hanno avuto un effetto destabilizzante nel medio periodo ella Società, creando profonde cicatrici difficilmente sanabili, tra questi: la Brexit, che potrebbe portare squilibri in politica internazionale, e il sisma delle zone dell’Italia centrale, con la questione del rilancio turistico dei territori appenninici coinvolti.
Il mondo delle istituzioni è profondamente in crisi, con una “qualità di interpreti politici in declino rispetto al passato, che non fa che rinforzare i movimenti populisti”. Senza la “cerniera sociale delle istituzioni, politica e corpo sociale non dialogano più, si chiudono nelle loro entità, utilizzando le proprie forze per delegittimarsi a vicenda e per difendere le proprie posizioni senza avere una visione unitaria del bene comune”.
Tra i diversi ambiti analizzati dal Rapporto è soprattutto da uno, che emblematicamente, poi astraendo e generalizzando, si possono cogliere i tratti distintivi della profonda e pervasiva crisi che il nostro Paese sta attraversando senza che si colgano segnali di ripresa: il Welfare. Gli italiani considerano essenziale il Welfare per la coesione sociale e lo sviluppo, ma le difficoltà economiche hanno modificato lo scenario e cambiato la percezione dei cittadini riguardo determinati aspetti della spesa sociale. Sono sempre meno tollerati inefficienze, sprechi e comportamenti opportunistici, in un ambito che dispone di risorse pubbliche sempre più scarse e dovrebbe garantire il massimo della trasparenza nell’utilizzo delle risorse. La penalizzazione progressiva del Welfare legato ad obiettivi di finanza pubblica appare evidente nei dati di spesa sanitaria presi in esame nel Rapporto. Nel periodo dal 2009 al 2015 si osserva solo una minima riduzione “in termini reali della spesa pubblica”. Nello stesso arco di tempo la spesa sanitaria privata, dopo una fase di crescita significativa si riduce a partire dal 2012 per riprendere ad aumentare negli ultimi due anni (+ 2,4% dal 2014 al 2015) fino a raggiungere nel 2015 i 34,8 miliardi di euro, poco meno del 24% della spesa sanitaria totale. Gli effetti socialmente regressivi delle manovre di contenimento si traducono in un numero crescente di italiani (11 milioni circa) che nel 2016 hanno dichiarato di aver dovuto rinunciare o rinviare alcune prestazioni sanitarie, specialmente odontoiatriche, specialistiche e diagnostiche.
Il diritto alla salute, all’istruzione, all’alimentazione, alla vita, emerge dal Rapporto del CENSIS, sono solo alcune delle molteplici tessere di un mosaico complesso e articolato: la tutela completa dell’essere umano in tutte le modalità, gli ambiti e le dinamiche relazionali e sociali in cui la sua vita di svolge. Ignorare le situazioni di disagio sociale significa comprimere le potenzialità di crescita di ogni Società e di questo tutti ne paghiamo le conseguenze.
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