Argentina, la Presidente perde nelle urne e vince nei Tribunali
Il 27 di Ottobre si è votato in Argentina per rinnovare la metà dei deputati e un terzo dei senatori del Parlamento. I risultati hanno confermato le indicazioni date nelle primarie obbligatorie (PASO) di Agosto. Un successo certo per la nuova stella della politica argentina, l’ex capo di Gabinetto di Cristina Kirchner ed attualmente sindaco della cittadina di Tigre, Sergio Massa presentatosi con un suo partito. Con il suo 44% dei voti ottenuti nella Provincia di Buenos Aires – vi risiede il 37% di tutta la popolazione del paese – è sicuramente uno dei volti nuovi per le presidenziali del 2015. Buon risultato ha ottenuto anche Lucio Macri, sindaco di Buenos Aires e presidente della popolarissima squadra di calcio Boca Junior, con il suo partito di destra “PRO”.
Il Peronismo della Kirchner, momentaneamente assente dalla vita politica per ragioni di salute, ha perso circa quattro milioni di voti, principalmente nei grandi distretti elettorali dell’Argentina. Certamente rimane il partito più votato, con il 32% dei votanti e con i suoi alleati mantiene la maggioranza nei due rami del Parlamento. Non avendo però i due terzi dei seggi, i peronisti della Kirchner non potranno cambiare la Costituzione per rendere possibile il terzo mandato a Cristina. Il Peronismo dovrà scegliere un successore, la logica dei numeri dovrebbe indicare Daniel Scioli, governatore della grande Buenos Aires, peronista ortodosso, ma mai amato da Cristina.
Ma se la presidente dell’Argentina ha perso nelle urne, ha vinto una importante battaglia alla Corte Suprema di Giustizia del Paese. Dopo lunghi quattro anni di battaglie giuridiche, la Suprema Corte ha dichiarato costituzionale la “Ley de Medios”, ovvero una legge sui mezzi d’informazione approvata nel 2009. L’obiettivo ufficiale della legge è garantire la libertà d’informazione limitando i monopoli e le grandi concentrazioni di media. Ma, è noto che in Argentina ormai l’80% dell’informazione di ogni tipo è in mano a uomini vicini al governo, le imponenti risorse finanziarie spese in pubblicità spiegano il tutto.
L’unico gruppo fuori da questo schema è il Clarin, dotato di televisioni libere e via cavo, giornali e radio. Nel 2009 il gruppo si mise contro il Governo, da allora è cominciata la guerra della Kirchner, senza esclusione di colpi. Si è arrivati a prelevare forzatamente il DNA dei due figli adottati dalla principale azionista del Clarin per una denuncia delle “nonne di Plaza de Mayo” che li ritenevano figli di “desaparecidos”. Il Clarin ha sempre sostenuto che sono le sue presenze in molti settori dell’informazione ad assicurare l’autonomia finanziaria e quindi la libertà dal governo. Il giorno dopo la sentenza un rappresentante del governo si è recato negli uffici del Clarin per comunicare che, se entro 15 giorni il gruppo non si fosse adeguato alla legge, il Governo lo avrebbe fatto d’ufficio. Tutte le opposizioni stanno nuovamente protestando contro l’ennesimo attacco alla libertà di stampa in Argentina.
Un Commento
Mi permetta Roberto Lovari di fare qualche chiosa al suo eccellente articolo sull’Argentina, Paese che conosco a fondo perché ci vivo da 15 anni. La sua analisi dei risultati elettorali é impeccabile, ma c’è un elemento chiave che va aggiunto: per anni si é alimentata l’ipotesi di una riforma costituzionale che permettesse alla Signora Kirchner una terza elezione. In Argentina, per riformare la Costituzione occorre eleggere un’apposita Assemblea costituente, la cui convocazione richiede il voto dei due terzi del Congresso. Le elezioni di ottobre hanno confermato che questa maggioranza non c’é, per cui il sogno rielezionista si è spento. In un regime in cui la Presidente non è solo il centro di tutta l’attività esecutiva, legislativa e politica ma anche l’asse essenziale su cui ruota la forza politica che la sostiene (non il peronismo tradizionale ma la sua variante kirchnerista) e non esiste un successore apparente,la fine del mandato di Cristina Kirchner significherà anche la probabile disgregazione di quella forza e un inevitabile cambio di politica. E questo, chiunque sia il successore: o un chiaro oppositore come il trionfante Sergio Massa, o uno sia pur tiepidamente amico come il governatore della Provincia di Buenos Aires Daniel Scioli. E più ancora nell’ipotesi (piuttosto improbabile) che a vincere sia un non peronista, da Maurizio Macri a Julio Cobos. É dunque l’ineleggibilità della Presidente il punto chiave uscito dalle urne e già sta avendo effetti visibili nel riallineamento iniziatosi in seno al peronismo, alla ricerca di un nuovo leader. É da augurarsi che questo, assieme alle dubbie condizioni di salute, non renda troppo difficile alla signora Kirchner il compito di governare nell’ultimo tratto del suo mandato.
Corretta anche l’analisi di Rovari sulla “Legge sui sistemi audiovisivi”. In quanto impone un limite al possesso di reti e il conseguente ritiro di licenze ancora vigenti, come accade in quasi tutti i Paesi democratici, è difficile definirla,di per sé, lesiva della libertà di stampa e quindi bene ha fatto la Corte Suprema a dichiararne la costituzionalità. La sua “criticità” politica nasce però dal fatto che essa colpisce principalmente il gruppo Clarin, che ha una posizione largamente dominante ed é fortemente oppositore del governo. Il proposito di limitarne il peso era dunque evidente. Occorre vedere ora come la legge sarà applicata: se, cioè, in modo autoritario, come si era ventilato nei primi giorni, o sulla base del piano di attuazione che Clarin ha appena presentato. Se questa ipotesi prevalesse (e a vigilare c’è la Giustizia civile che può rifarsi a un esplicito invito della Corte) il male sarebbe stato tutto sommato minore.
Poi altri problemi per la stampa esistono (pur in un quadro di sostanziale libertà): arbitraria ripartizione della pubblicità ufficiale, favoritismi per i giornalisti filogovernativi, pressioni su quelli contrari, anche attraverso lo strumento delle ispezioni fiscali. Sulla situazione spetta vegliare all’arco ormai largamente maggioritario delle opposizioni e agli organi interamericani competenti, che sono lungi dall’essere inattivi.