Adamo e Deva per la regia di Daniele Sala
Daniele Sala è uno dei registi più noti in Italia, tantissimi spettacoli di successo messi in scena in televisioni, ed una infinità nei teatri italiani che hanno riscosso continui sold out. Di ferro il suo sodalizio con l’autore Francesco Freyrie, cui da tempo si è unito Andrea Zalone, noto anche per essere l’autore di Crozza. Abbiamo avuto il modo di intervistarlo in occasione del tour con 40 date e già 9.000 biglietti venduti dello spettacolo Adamo e Deva, i cui attori sono i noti Vito (Stefano Bicocchi) e Claudia Penoni (fra i tanti successi il binomio a Zelig con Leonardo Manera).
Daniele Sala come si diventa registi?
Per caso…. Nel mio caso è stato proprio un incidente di percorso. Pensa che io avevo iniziato durante il periodo universitario, facevo architettura, a dipingere. Quindi sono stato sempre molto vicino all’ambiente artistico, pittorico, il periodo di Manai, Ottani, Calzolari, tutta l’avanguardia che è passata in quel periodo in Italia ed in particolare a Bologna. Quindi ho cominciato ad occuparmi di alcune scenografie di spettacoli teatrali di persone che conoscevo e che mi avevano chiesto un intervento. Da lì mi sono avvicinato al teatro, ho avuto un periodo abbastanza lungo da attore, poi ho deciso di abbandonare le scene ed iniziare l’attività come regista.
Una serie di grandi successi, con Vito adesso siete in questo tour di sold out da 40 date.
Con Vito festeggiamo quest’anno i 30 o 31 anni di lavoro, in particolare con Stefano ricordo che con Francesco Freyrie gli abbiamo dato la parola. Come ben sai lui aveva questo personaggio clamoroso del muto con cui aveva fatto ‘Gran Pavese Varietà’, ‘Lupo Solitario’, il primo spettacolo che fece parlando lo mise in scena con me e Francesco, ed era ‘Se perdo te’.
In effetti anche con Francesco Freyrie avete fatto un sodalizio di ferro, i vostri nomi sono sempre legati.
Con lui abbiamo iniziato quando ancora esisteva quel giornale, se ricordi, Mongolfiera, e non abbiamo ancora smesso. Sai, questo è un ambiente che fai presto, come dicono da noi ‘quando smette di suonare il telefono….”. Il problema è che il nostro mestiere in Italia è ancora allo stato della commedia dell’arte. Non c’è una forma di inquadramento delle forme artistiche. Quando lavoravamo con Gene Gnocchi la battuta era sempre: “Cosa fai nella vita?”, “L’attore!”, “E di mestiere?”.
Con Claudia Penoni invece avevate già lavorato assieme?
Sì, con lei il primo spettacolo che facemmo fu con Gene Gnocchi, ‘Santo Sannazzaro’. Quindi è stato già dieci anni fa, io l’ho conosciuta per un provino fatto appunto per questo spettacolo, poi abbiamo fatto assieme un paio di cose televisive. In quel periodo mettemmo in onda una delle trasmissioni televisive più carine che ricordi, non perché la facemmo io, Francesco e Gene Gnocchi, ma era particolarmente divertente, e si intitolava ‘Dillo a Wally’. Era una roba delirante con una sorta di anchorman che intervistava personaggi improbabili, come uno che viveva in un box sotto l’acqua.
Gene Gnocchi è un artista geniale, avete lavorato spesso assieme.
Sì, concordo, a tal proposito ti racconto un aneddoto, lui aveva appena finito ‘Emilio’ in televisione, ci chiamò per incontrarci a Fidenza, dove vive, e si presentò in trattoria dai ‘Due Gemelloni’, molto famosa, che adesso non esiste più, in pigiama. Lui mangiava, poi andava a fare la pennica! Lui è incredibile, poi non so se lo sai, è un bravissimo poeta! Ha scritto libri di poesia bellissimi! E’ un personaggio unico, o lo ami o lo odi.
Questo Adamo e Deva che portate in tour adesso, ma anche quelli che avete messo sul palco in passato, è comico sì, ma anche di estrema intelligenza. Mi ricorda un poco i personaggi tragici di Paolo Villaggio, dove al ridere si univa il far pensare sulle figure e gli stereotipi della società.
Ti ringrazio di avere colto questo aspetto, vogliamo dare una chiave di lettura su quello che succede. Io e Francesco è da molto che stiamo lavorando su questa cosa, senza voler fare gli intellettuali ad ogni costo, vogliamo fare del teatro popolare, critico, senza voler insegnare niente a nessuno, ma non è così pedestre che si ferma solo alla battuta ed alla risata, ma dando qualcosa di più profondo. In questo caso abbiamo voluto spingere ancora di più sulla commedia, che per noi è il futuro. Io poi, Vito e Claudia Penoni li associo molto a Gilberto Govi e Lina Volonghi. Gilberto Govi era un attore genovese, bravissimo, che era il protagonista di un condominio ove parlava di tutto quello che lo circondava, e mi ricorda molto in questo Vito, che ti parla delle persone che incontra, dalla sarta all’immigrato. Un poco come un terzo occhio, in questo spettacolo abbiamo l’incontro tra due culture, due religioni che si ritrovano assieme.
Avete scelto un tema molto forte ed attuale come l’immigrazione con questa trama, l’incontro/scontro tra società, culture, religioni.
Sarà sicuramente il problema del futuro, rispettare le culture reciproche, avere rispetto delle diversità. Questa è una roba al di là del discorso terrorismo, che è una follia a sé stante. Oggi come oggi confrontarsi con culture diverse è fondamentale. I miei figli convivono con cinesi ed arabi, magari io non ci sono abituato, ma il futuro dovrà affrontare tutte queste realtà.
Avete inserito nello spettacolo una frase particolarmente pregnante, recitata da Claudia, quando dice “Noi islamici siamo un miliardo, poi in mezzo ci sono un migliaio di pazzi”.
Certo, i bastardi ed i delinquenti ci sono anche da noi.
Fare teatro oggi cosa vuol dire?
Secondo me, come in tutte le cose, a parte la bellezza di fare teatro, io ho fatto tanta televisione, poi ho smesso perché non mi piaceva più. Quando iniziai in tv con Francesco si facevano tante dirette, i concerti di Lucio Dalla in piazza del Plebiscito, una volta le dirette televisive erano come uno spettacolo teatrale. Oggi invece è tutto registrato, poi c’è lo share, a me non mi attizza più. Sono stato in televisione per 12-13 anni e chiusi con il primo spettacolo di Fiorello che neanche firmai, perché venni via prima. Gli dissi ‘Scusa Fiore, ma io vado via, non ce la faccio più!”. Fare teatro oggi è una bellissima cosa ed una palestra di vita che serve a raccontare tante cose. Ci sono pochi finanziamenti, i teatri chiudono, ma chi oggi non si trova in difficoltà? Poi in Italia fare l’artista oggi è particolarmente difficile per quello che dicevamo all’inizio. Ma vedi che lo stesso spettacolo in teatro ogni sera è diverso per quello che l’attore quella sera riesce a dare come intensità e voglia.
Voi poi riuscite a fare sold out continui, il che dimostra che con l’arte si può anche mangiare, smentendo quello che diceva Tremonti anni fa. Nella cultura può anche essere conveniente investire quindi?
Ahh ah, per quello che continuiamo a lavorare! Salemme diceva “Guardate, non vuol dire che teatro voglia dire fare la fame, ci possono essere anche situazioni vantaggiose”. Chiaramente uno spettacolo che va sempre in scena con 20 paganti non ci campi, ma in quel caso parliamo di avanguardia che giustamente deve essere sostenuta. Ma se parliamo di teatro ‘commerciale’ devi avere un pubblico, altrimenti come fai?
La situazione della cultura nella società di oggi come la vedi?
Se posso usare un termine caro ai personaggi di Vito, direi ‘di pecora’. Sembra quasi di dare fastidio a parlare di cultura, invece ce ne sarebbe tanto bisogno. Ci sono tanti modi di farla e di portarla a conoscenza, modi sgarbati e maleducati anche, ma non ce ne è mai abbastanza.
Per finire, nello spettacolo in scenda Adamo e Deva immaginate un nuovo diluvio universale, quanto pensi ci sarebbe bisogno di una fine del mondo per ricominciare tutto da capo?
Non bisognerebbe dirlo, non si può azzerare il tutto chiaramente, ma se uno potesse fare una magia e fare addormentare tutta la gente per 5 minuti e farli risvegliare con un imprinting diverso da adesso, a me non dispiacerebbe. Ci vorrebbe una grande magia, ad esempio potremmo pensare come combattere il razzismo, cosa ci vuole? Basta dire basta razzismo e si vivrebbe meglio, in armonia, godendosi tutte le bellezze artistiche e culturali del nostro paese.
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