Messner Mountain Museum, uno sguardo sul mondo

C’è uno sguardo possibile sul mondo che è prima ed oltre quello della Modernità: lo si ritrova tra i castelli antichi e i belvedere postmoderni delle sei sedi del Messner Mountain Museum, il museo della montagna voluto da Reinhold Messner. Dalla sede del MMM sul Plan de Corones, incredibile belvedere sulle Alpi a quota 2275, lo sguardo spazia verso i quattro punti cardinali. L’edificio contemporaneo progettato da Zaha Hadid racconta l’alpinismo tradizionale, non quello dei record ma quello dei pionieri, e dei poeti. La raccolta di quadri e di elementi naturali della sede di Castel Firmian racconta invece il rapporto tra uomo e montagna, dalla geografia alla bellezza delle vette, e dalla religione al mistico alpinismo; ma anche il moderno turismo alpino.

Alla confluenza della val Senales nella val Venosta, Castel Juval ospita il museo dedicato da Reinhold Messner al “mito” della montagna. Per molti popoli, in tutto il mondo, la montagna è sacra: lo testimoniano l’Olimpo e l’Ararat, il Sinai ed il Kailash, il Fujiama e l’Ayers Rock. Nel museo, vedute delle grandi montagne sacre, cimeli tibetani, maschere rituali provenienti dai cinque continenti. Poi la stanza del Tantra. E poi le attrezzature usate da Reinhold Messner nelle sue spedizioni, non fatte di sport ma di ricerca di se stesso e dei propri limiti al confine tra la vita e la morte. In un forte della grande Grande Guerra, a 2181 metri fra Cortina d’Ampezzo e Pieve di Cadore, la sede del MMM Dolomites è dedicata invece all’elemento ‘roccia’. Intorno ai fossili delle barriere coralline che originarono le Alpi, e di conchiglie di 250 milioni e di felci di palma di 240 milioni di anni fa, le ‘finestre’ sulle Dolomiti dei dipinti provenienti dalla collezione di Reinhold Messner si alternano a quelle che si aprono nelle mura verso la Marmolada, il Cimon della Pala, il Civetta, il Pelmo, le Tofane.

In tibetano, Ri vuol dire montagna e Pa uomo. La sede Ripa, nel castello di Brunico, è dedicata agli uomini della montagna, “che hanno saputo sviluppare una propria arte della sopravvivenza, una cultura che, al contrario della cultura urbana, si basa sulla responsabilità personale, sulla rinuncia al consumo, sul mutuo aiuto”. Dal castello lo sguardo spazia sulla val Pusteria, sulle valli Aurina e Zillertal, e sul Plan de Corones. Sui limiti della condizione umana e ai confini del mondo è centrato il MMM ‘Ortles’, a 1900 metri di quota, dedicato al terrore del ghiaccio e dell’oscurità e ai miti che lo hanno personificato: dall’uomo delle nevi ed il leone delle nevi, al ‘white out’, tempesta in cui è impossibile vedere altro che biancore, e al ‘terzo polo’, i ghiacciai montani. A raccontarlo, fra gli spazi della più vasta raccolta di dipinti dell’Ortles, una collezione di attrezzi da sci e arrampicata su ghiaccio, e documenti delle spedizioni ai poli.

Libero da ogni ancoraggio ai cementi urbani, il museo in quota e pluricentrico di Messner indica simbolicamente che la via dell’uomo sul pianeta è stata tracciata tra la terra e il cielo. Il messaggio del MMM è che la nostra storia sulla Terra non si riduce a economia, potere e sopraffazione, giocati dentro la rete delle metropoli internazionali da quella metà degli abitanti del pianeta che vive nelle città: questo è solo un errore di prospettiva, dovuto al nostro punto di osservazione e di giudizio, quello della civiltà urbana da qualche secolo emergente e oggi dominante. Il pensiero dominante, si sa, segue a cent’anni di distanza la nascita delle nuove idee, e l’egemonia odierna di scienza e tecnologia nelle nostre vite è figlia del positivismo ottocentesco; e soprattutto del denaro, grazie al quale, e solo grazie al quale, vince. Ma ha ben poco a che fare con la grandezza dell’Uomo evolutasi insieme e dentro la Natura stessa – una grandezza che è dentro mille idee di ieri e di oggi – e già mostra, per l’economia, la sociologia e la salute, i suoi limiti. Conviene uscire dalle tane urbane e tornare sui sentieri millenari: come facciamo nelle fughe dalla città, che non a caso sono sempre più irrinunciabili per ognuno di noi, ed in cui ritroviamo noi stessi.

Francesco Paolo MANCINI

©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

Condividi
precedente

Franca Rame e Dario Fo, un applauso infinito

successivo

Obama e Trump

Un Commento

  • Più che fuggire dalle città dovremmo impegnarci tutti a renderle più “respirabili” facendo entrare la natura tra la terra e il cielo delle nostre finestre e dando ospitalità a chi per davvero è costretto a fuggire da città devastate dalla guerra e dal potere, a tutti coloro che hanno smarrito i loro sentieri.

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *