I pentimenti di Renzi
Qualche giorno fa, Matteo Renzi ha concesso una lunga intervista a La Repubblica, che (almeno per me) è valsa la pena leggere, sia sul piano politico che sullo quello, diciamo, umano.
L’intervistatore non gli ha risparmiato domande “cattive”, soprattutto per fargli ammettere di aver commesso errori e di esserne pentito. L’ex-Premier, com’era naturale, ha rivendicato i risultati positivi del suo governo (che per la verità non sono pochi) ma ha anche liberamente riconosciuto di aver commesso molti errori: innanzitutto, il personalismo impresso alla sua azione, la mancanza di coralità, la scarsa pazienza per critiche e attacchi dal seno del suo stesso partito. Ha riconosciuto con umiltà di aver sentito a fondo la bruciatura della “sventola” ricevuta con il referendum, però sulle ragioni di questa non mi è parso aver capito molto.
In sostanza, attribuisce a sé stesso la colpa di non aver saputo trasmettere alla gente il senso dell’importanza di quelle riforme che (è questo è purtroppo vero) difficilmente saranno riproponibili per molto tempo. Non sembra aver capito che, al di là di errori di comunicazione che pure ci sono stati (per esempio la sua sovraesposizione mediatica e il clima manicheo creato attorno alla contesa), doveva attendersi sin dall’inizio che tutti quelli che non lo digerivano, avrebbero votato no. E soprattutto, e questo è più grave, non mostra di voler ammettere che sono stati alcuni punti della riforma che, per loro natura, hanno facilitato enormemente il compito all’opposizione, facendo schierare sul No una marea di costituzionalisti e altri esperti, non privi di ragione.
L’abbiamo scritto e ripetuto prima del referendum (di cui non era difficile prevedere il risultato, anche se magari non così schiacciante): modo di scelta e funzioni del Senato sono risultati pasticciati e, per quanto riguarda le funzioni rispetto alla Camera, complicati e confusi. Ho ascoltato molti dibattiti pre-referendum sulla RAI, e questo è il punto su cui si sono accaniti, senza troppo sforzo, i sostenitori del No. Perché dare al nemico questa opportunità? Perché non aver previsto un Senato, ridotto nella sua composizione, ma eletto dal popolo? Perché non aver diviso in modo chiaro e, soprattutto, netto, le funzioni delle due Camere? I modelli non mancavano nel resto dell’Europa: Renzi si è ispirato a quello tedesco (ma la Germania è per Costituzione un Paese federale), mentre avrebbe potuto seguire quello spagnolo o francese.
Altro punto controverso riguarda i poteri della Regioni. Era giustissimo indicare (e separare) nettamente quelli dello Stato e quelli degli enti locali. Ma perché aver introdotto quell’antipatica clausola di supremazia?
Io ho votato si, e tornerei a farlo, ma mi aspettavo che Renzi avesse assorbito la lezione. Con un certo orgoglio, egli ha rivendicato l’immediata decisione di dimettersi da Palazzo Chigi. Gliene va dato atto: non si è aggrappato alla poltrona, poi ha preso la decisione giusta mantenendo il PD come asse portante del nuovo governo, con tutta la responsabilità politica che ne deriva. Altri leader magari avrebbero dispettosamente fatto saltare la tavola e lasciato che “gli altri” se la sbrogliassero da soli. Poi, Renzi ha voluto giustificare la sua decisione di restare a capo del PD, sostenendo che sarebbe stato da vigliacchi lasciare tutto e scappare via. Credo abbia fatto anche in questo caso la scelta giusta, ora però è evidente che deve cercare una nuova legittimazione, quanto meno in un Congresso del suo partito.
Poco di preciso ha potuto dire sui piani per il futuro, a parte quelli scontati: far tesoro di quel 40% di elettori che hanno votato “Si”, riorganizzare il Partito, ripartire dalle sue radici del partito, portare volti nuovi e programmi credibili e attraenti e, se ho ben capito, andare alle elezioni a metà anno. Circa la legge elettorale, è stato poco preciso, salvo un confermato favore per l’uninominale o, almeno, il “Mattarellum”.
Nell’insieme, Matteo Renzi ha voluto (e in parte è riuscito ) a dare di sé una nuova immagine: quella di un leader che ha compreso alcuni errori ed è disposto a ripartire con umiltà. Personalmente, gli auguro e mi auguro che resti nell’arena e porti avanti la sua battaglia riformatrice, questa volta con più intelligente misura. Nel panorama davvero squallido dei Bersani, D’Alema, Cuperlo, Speranza, Vendola, è ancora il solo con idee e forza necessarie per avere finalmente anche in Italia una sinistra moderna.
©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione