Piedi bagnati-piedi asciutti, finita quell’epoca

Uno degli ultimi atti del Presidente Obama ha riguardato i rapporti di normalizzazione con Cuba; da ora in poi la cosiddetta politica dei “piedi bagnati-piedi asciutti”, messa in pratica più di vent’anni fa, diventa roba del passato. Con effetto immediato, i cittadini cubani che tenteranno d’entrare negli Stati Uniti illegalmente e non siano nella situazione di essere qualificati bisognosi di aiuti umanitari, saranno rispediti a casa, in applicazione di una legge che ora è diventata davvero uguale per tutti. In pratica gli emigranti cubani saranno trattati nello stesso modo in cui vengono trattati gli emigranti di altri paesi. Naturalmente si tratta di un accordo congiunto firmato il 12 gennaio tra i due governi, quello di Cuba e quello degli Stati Uniti d’America .

Questo accordo definito Dichiarazione Congiunta, reitera l’interesse dei due  governi di normalizzare le relazioni, basate nei principi e nei propositi della Carta delle Nazioni Unite e la volontà politica di rinforzare i vincoli bilaterali e di stabilire nuove intese in temi d’interesse comune. In questo senso l’accordo riconosce la necessità di facilitare l’emigrazione regolare a beneficio dei due paesi, di prevenire la migrazione irregolare e impedire le partenze pericolose che pongono in pericolo la vita umana e di lottare contro le azioni di violenza associate a questo fenomeno e i delitti connessi come la tratta e il traffico di persone.

In poche parole e tradotto nella pratica, niente più copertoni gonfiati in mezzo al mare, in attesa di motovedette americane; queste persone quando venivano ripescate, avevano subito un trattamento di favore: veniva loro concessa la cittadinanza, un salario minimo e tutto quanto necessario. Cosa per nulla scontata per altri; un Paese d’immigrati come gli Stati Uniti ha leggi molto molto strette e rigorose e l’esperienza è servita.

La storia delle migrazioni da Cuba verso gli Stati Uniti è suddivisa in tre grandi momenti. A partire dalla rivoluzione cubana (1953-1959) e dall’ascesa al potere di Fidel Castro che destituì la dittatura di Fulgencio Batista; allora le tensioni tra Cuba e Stati Uniti si inasprirono sempre di più: nel 1962 gli Stati Uniti imposero a Cuba un embargo commerciale, economico e finanziario, che dura ancora oggi anche se recentemente si è in qualche modo ammorbidito.

Molti cubani anticastristi e non abbandonarono allora Cuba per Miami, in Florida: il punto più semplice da raggiungere, 80 miglia di mare. Inizialmente si trattava di quelli che con la dittatura di Batista e con gli americani avevano intrattenuto stretti rapporti: persone che appartenevano alla borghesia o alla classi medio-alte, medici, avvocati, architetti. Gli immigrati cubani ricevettero un trattamento “preferenziale” e gli Stati Uniti incentivarono le partenze dei professionisti e dei tecnici qualificati, come parte di una politica volta a impedire lo sviluppo economico e sociale di Cuba.

Nel 1966 il presidente Johnson firmò una legge (la Ley de Ajuste Cubano) che stabiliva nei confronti dei “rifugiati cubani” un’eccezione rispetto alla legislazione applicata a qualsiasi altro straniero. In pratica la legge stabiliva che qualsiasi cittadino cubano o nativo di Cuba che entrava negli Stati Uniti dopo il gennaio 1959, e che viveva negli Stati Uniti per un periodo non inferiore a un anno, poteva ricevere la condizione di residente permanente nel caso ne facesse richiesta. Nel 1966,circa 300 mila persone erano state ammesse negli Stati Uniti.

Il secondo grande esodo di massa avvenne nel 1980, quando 125 mila cubani (in seguito chiamati “marielitos”) si imbarcarono dal porto di Mariel verso il sud della Florida a causa di una grave crisi dell’economia cubana. L’esodo fu organizzato da statunitensi di origine cubana con l’autorizzazione di Fidel Castro, ma si scoprì che una percentuale di esuli era stata rilasciata dalle prigioni e dagli ospedali psichiatrici dell’isola. Perché il Lider Maximo era maximo in ogni senso. Ebbero così inizio una serie di lunghe e complicate trattative tra i due paesi per rimpatriare i cosiddetti “indesiderabili” e per regolamentare il rilascio controllato dei visti statunitensi a chi voleva lasciare Cuba. Proseguiva però, parallelamente, una politica di accettazione di tutti quelli che riuscivano ad arrivare in modo illegale negli Stati Uniti.

Il terzo grande esodo avvenne nel 1994 e fu chiamato la “crisi dei balseros” da zattera, balsas; il governo rivoluzionario accusò gli Stati Uniti di promuovere gli esodi illegali e il crollo del blocco sovietico e dei paesi del blocco socialista dell’est Europa che garantivano a Cuba un’alta quota del commercio estero; fu un periodo durissimo per i cubani, si soffrì la fame nera: era il famigerato Periodo Especial. Dopo le rivolte dell’agosto del 1994 sul Malecon, il lungomare dell’Avana, provocate da quella crisi, Fidel Castro decise di non continuare a proteggere le frontiere affinché tutte le persone interessate a partire verso gli Stati Uniti potessero farlo senza restrizioni. E lo fecero in migliaia, spesso con zattere o comunque mezzi di fortuna.

Era quindi prevedibile che si dovesse affrontare questo problema. E così è stato; e naturalmente ha scontentato quasi tutti. Ma i cambiamenti lo fanno, spesso.

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