La bomba Trump
Prima ancora di assumere la presidenza, Donald Trump ha trovato modo di offendere e inquietare quelli che sono, dal dopoguerra, gli alleati degli Stati Uniti, attaccando frontalmente l’Europa. Ha magnificato la Brexit, insultato la Merkel, minacciato un dazio del 35% sulle auto tedesche, dichiarato la NATO superata, accusato gli alleati di non pagare una giusta quota per la difesa comune, etc. etc. La lista è lunga, e non è da stupirsi se questa raffica di attacchi ha inquietato Bruxelles, tanto l’UE quanto la NATO, a quello che so, molto al di là di quanto traspaia dalle dichiarazioni dei loro principali esponenti. Con ognuna delle sue sparate, naturalmente, Trump ha fatto un regalo a Putin, che emerge sempre di più come l’amico prescelto.
Le domande che sorgono sono tante: si tratta di una deliberata strategia politica (se così fosse, saremmo di fronte a una vera rivoluzione nelle relazioni internazionali degli ultimi settant’anni) o di semplici incontinenze verbali? Anche queste ultime, però, sono deplorevoli, perché in politica le parole, le percezioni, alle volte contano quanto i fatti, anzi, diventano fatti. E un Presidente degli Stati Uniti, più di chiunque altro, dovrebbe saperlo e pesare con estrema attenzione quello che dice pubblicamente.
Non tutto quello che Trump ha detto finora è sballato: è vero che la NATO dovrebbe fare della lotta al terrorismo uno dei suoi obiettivi centrali; è vero che pochi alleati (tra cui non c’è l’Italia) rispettano gli impegni in materia di spese per la difesa (anche se sono del tutto giustificabili negli anni di crisi economica che stiamo attraversando). Un Presidente degli Stati Uniti ha tutto il diritto di sollevare questi problemi nelle forme dovute e nelle sedi giuste, non di farne oggetto di una rimbombante e pericolosa polemica pubblica.
La seconda domanda è ovvia: il sistema americano è complesso e fatto di contrappesi, nessun Presidente può fare quello che gli pare. Nel Partito Repubblicano e nel Congresso, come nell’establishment militare e nei servizi di intelligence, è ben presente e sedimentata nei decenni una diffusa reticenza se non ostilità verso la Russia e sono forti i legami con le vecchie alleanze. Se Washington non è troppo cambiata da come la ricordo negli anni Novanta (i migliori per la NATO), ci sono persone e organi a vari livelli che si pongono il problema e vogliono fermare il neo-Presidente su una china pericolosa? I segnali più chiari sono venuti dal seno della CIA: la diffusione del rapporto sul sostegno russo alla campagna elettorale di Trump, le dichiarazioni al vetriolo del Direttore uscente e ora, più sottile e potenzialmente esplosiva, la voce secondo cui i servizi segreti russi sarebbero in possesso di un video su attività sessuali assai poco ortodosse di Trump in una sua visita a Mosca nel 2013. Il pubblico americano aveva già condonato al candidato repubblicano i suoi precedenti trasgressivi, ma ora la cosa è molto più seria: se la voce fosse vera, o almeno se apparisse verosimile agli occhi della gente che conta, vorrebbe dire che il Presidente degli Stati Uniti è ricattabile da parte di Putin, anzi è praticamente nelle sue mani.
Visti in questa luce fosca, l’avvicinamento alla Russia, la libertà d’azione che le si vorrebbe lasciare non solo in Siria ma nell’Europa orientale, non sarebbero più scelte politiche, per quanto dissennate, ma frutto di uno stato di necessità. Com’era ovvio, Putin ha smentito e ridicolizzato la voce, ma la sua smentita non mi è apparsa troppo convincente: in sostanza, ha detto “Nel 2013 Trump era un semplice uomo d’affari americano, per quanto importante. Pensate che i servizi di intelligence russi sorvegliassero tutti gli imprenditori americani in visita”? La risposta naturale, è sì, lo immaginiamo benissimo, da un ex membro del KGB. E ancora: “Trump aveva a sua disposizione le donne più belle del mondo. Pensate che avesse bisogno di ricorrere a delle prostitute russe, benché siano le migliori?”. Altro sì, è del tutto verosimile, dato il personaggio. Ci sarebbe persino da chiedersi se, con questo tipo di smentita tra l’ironico e il paternalista, Putin non abbia voluto inviare a Trump un messaggio: “Ti tengo nelle mani e lo sai”.
Magari tutto questo è fantapolitica (ce n’è abbastanza per una serie di Netflix), magari è un palloncino destinato a sgonfiarsi (non è improbabile). L’importante è il seme di dubbio che tutto questo pianta nella mente di quelli che a Washington muovono le fila, spesso occulte, del potere.
Può darsi che, dalla Casa Bianca, Trump si muova con maggiore sensatezza. Può darsi che la bomba sia disinnescata. Intanto però gli europei, e dico i continentali – la Gran Bretagna “globale” (che spasso!) di Teresa May è un caso perso – mostrino di aver capito il rischio e di sapervi reagire. Fino ad ora, la sola reazione “a testa alta” è venuta dalla Merkel, che ha detto: “l’Europa è padrona del proprio destino”. Lo sarà davvero? Tutti i dissennati che da noi e altrove lavorano per mandarla in frantumi, che facciano funzionare il loro cervello portato all’ammasso; finora l’Italia e molti altri Paesi europei hanno corso con due cavalli: NATO (cioè alleanza transatlantica) e UE. Se uno dei due cavalli viene meno, è ovvio che l’altro deve correre di più e tirare il carro, anche da solo, se occorre. Chiunque non capisca questa elementare verità, o è già mentalmente venduto a Putin e pronto a lasciarsi divorare, o è completamente idiota.
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