Cronache dai Palazzi
Due settimane di tempo per evitare una procedura di infrazione della regola del debito. Questo è quanto chiede la Commissione europea all’Italia per mettere a posto i conti. In sostanza Bruxelles chiede “misure aggiuntive per assicurare uno sforzo strutturale di almeno lo 0,2% del Pil”, misure che si rivelerebbero “necessarie per ridurre lo scarto” che separa i conti del Belpaese dagli impegni europei e per “rispettare in linea generale nel 2017” il Patto di stabilità. Questo è quanto scrivono il vicepresidente della Commissione e responsabile dell’euro Valdis Dombrovskis e il responsabile degli Affari economici Pierre Moscovici. La lettera è indirizzata al responsabile dei conti nel nostro Paese, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. In pratica sarebbero 3,4 i miliardi di euro che l’Italia dovrebbe limare, ossia il suddetto 0,2% del Pil.
Un nuovo rigore richiesto dall’Europa che scuote anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato interviene da Atene, dove si trova in visita, e puntualizza: “È giusto che la Ue chieda agli Stati membri di avere conti in ordine e finanze a posto, ma lo stesso rigore deve essere utilizzato quando gli Stati sono inadempienti sull’immigrazione e altri dossier. Lo stesso impegno ci sia per favorire la crescita e l’occupazione”. Il Capo dello Stato ha inoltre sottolineato la necessità per l’Unione europea di “ritrovare lo slancio ideale che ha caratterizzato la fase di avvio del processo europeo”. In pratica un’Europa fondata su “solidarietà e accoglienza”. Con il premier greco, Tsipras, Mattarella ha infine ricordato le difficoltà comuni ai due Paesi (Italia e Grecia) nell’affrontare una crisi “che ha creato anche ripercussioni sociali”.
Molto rigida sui decimali dei bilanci ma poco attenta sul fronte migratorio a proposito di coinvolgimento comune, l’Europa viene bersagliata anche dal premier Gentiloni in visita a Berlino, dove ha incontrato la Cancelliera, Angela Merkel: “Per anni abbiamo parlato di Europa a due velocità, qui sembra essere davanti a due rigidità. Molto rigida sui conti. Troppo flessibile sui migranti. Invece quella dei profughi deve diventare una scommessa comune di tutta l’Unione, non possono essere solo tre-quattro Stati a reggerne il peso”, ha ammonito Paolo Gentiloni.
Al centro della missiva europea rimane comunque il nodo del debito. Temendo una non ottemperanza degli oneri nemmeno nel 2017, Bruxelles chiede esplicitamente al governo italiano “una risposta pubblica che includa una serie di impegni specifici sufficientemente dettagliati e un calendario chiaro per la loro adozione legale”. Tutto ciò dovrà avvenire “prima del 1° febbraio”, ossia in tempo utile affinché la Commissione europea possa avere a disposizione tutti i dati utili sia per concludere il rapporto sul debito sia per stilare le previsioni economiche, che saranno pubblicate a metà febbraio.
Nel maggio del 2016 le istituzioni europee hanno riconosciuto all’Italia il merito di essere stata rispettosa della regola del debito durante il 2015, in virtù di tre fattori non secondari: condizioni economiche non favorevoli, piano di rientro del deficit allora ritenuto credibile ed infine, l’impegno dimostrato per le riforme. Oggi, invece, “sulla base delle stime di autunno la Commissione ha concluso a novembre che c’era un rischio di deviazione significativa dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine del 2017”. In definitiva si prevede una pareggio di bilancio nel 2019 con un ulteriore deficit pari allo 0,2% del Pil. La lettera europea è molto chiara, tra l’altro le indicazioni erano state chiare già a fine anno quando l’Eurogruppo aveva “invitato l’Italia a prendere le misure necessarie” affinché il bilancio 2017 rispettasse le regole del Patto. La Commissione rimembra inoltre che “un generale rispetto delle regole preventive del Patto di Stabilità nel 2017 è la precondizione per la parte di flessibilità concessa per il 2016”. In pratica, qualora l’Italia non mettesse a punto manovre aggiuntive appropriate potrebbe rischiare il ritiro della flessibilità già ottenuta.
Palazzo Chigi comunque controbatte. Il governo italiano è pronto a correzioni marginali da apportare non prima del Def di aprile, quando sono previste anche le nuove stime sull’andamento economico. Nel frattempo si cerca di rimediare qualcosa in più dalla lotta all’evasione, oppure beneficiando di un aumento dell’inflazione, e quindi del Pil nominale, senza ricorrere ad eventuali aumenti di tasse o altre misure a carico dei cittadini.
Sul fronte del debito il ministro Padoan è inoltre pronto a riaprire la partita delle privatizzazioni che comprende, ad esempio, la seconda parte per Poste italiane e la quotazione delle Ferrovie; partita interrotta lo scorso anno a causa dell’andamento non positivo dei mercati. Fonti del Tesoro spiegano comunque che il governo è disposto a vendere gli asset ma non a svenderli.
Palazzo Chigi, in sostanza, non vede di buon occhio l’attenzione ai “decimali” dei “ragionieri” di Bruxelles, soprattutto in un periodo in cui avanzano Brexit e populismi, e l’agire della Commissione Ue viene definito chiaramente un “autogol”.
Il clima è giudicato addirittura “surreale”. “Di certo per noi non c’è la disponibilità a fare una manovra che comprima o deprima la crescita, che è il bene essenziale al quale stiamo rivolgendo tutta la nostra attenzione”, ha dichiarato il ministro degli Esteri, Angelino Alfano. Una prospettiva condivisa anche dal vice ministro all’Economia, Enrico Morando del Pd che spiega: “Siamo impegnati a discutere con l’Ue” da diverso tempo e “quando avremo definito d’accordo con la Commissione le dimensioni dell’aggiustamento procederemo”, anche se “non c’è nessuna urgenza nelle regole europee a farlo”. Il viceministro ha inoltre aggiunto che sarà “aggiustamento sì ma senza penalizzare la crescita e senza ostacolare il contrasto alla povertà e all’eccesso di disuguaglianze”. In un’intervista al Corriere della Sera il commissario agli Affari economici dell’Ue, Pierre Moscovici, ha commentato la non felice reazione del ministro Padoan e dell’interno governo italiano di fronte alla missiva europea. Moscovici ha comunque ribadito la propria stima nei confronti dell’Italia e del suo ministro dell’Economia, con il quale il commissario sottolinea di avere “un rapporto costruttivo”.
“Abbiamo tutti bisogno di un’Italia forte – afferma Moscovici -, che continui le riforme, sia credibile sul piano economico e abbia il posto nell’area euro con idee forti. Un’Italia capace di rispettare le regole europee sul debito”.
Moscovici ha inoltre ricordato che la “la lettera è il seguito della procedura avviata in autunno”, quando “il governo italiano si era impegnato a un deficit all’1,8% del Pil nel 2017” che “poi è arrivato a 2,4%”. In definitiva rimane “uno scarto di 0,2%” da appianare, per fronteggiare un indebitamento pubblico eccessivo che è sempre “negativo” – ha ammonito Moscovici – in quanto “è un impoverimento, è una tassa sulle generazioni future, ci rende dipendenti dalle fluttuazioni dei tassi e crea disuguaglianze”. In pratica “ogni euro dedicato al rimborso del debito è uno in meno per la giustizia, la sicurezza, la prevenzione dei terremoti, la protezione delle frontiere”. Moscovici ha annunciato infine un libro bianco, che uscirà a marzo in occasione del sessantesimo anniversario del trattato, a Roma, in cui la Commissione europea insisterà su una riflessione: la ricerca di “strumenti istituzionali e politici per generare convergenza”, perché “l’euro deve produrre convergenza, non divergenza”, ha sottolineato Moscovici.
Il rigore europeo sarebbe quindi indirizzato ad una maggiore serenità (anche economica) degli Stati membri, in un contesto di più ampio respiro in cui tutti possano giocare la loro partita e soprattutto avere un proprio ruolo. L’Italia, in particolare, è una delle economie “centrali” insieme a Germania e Francia, ha ricordato il commissario Ue agli Affari economici, che ha quindi incoraggiato l’Italia a fare di più per rispettare le regole del Patto di Stabilità, in quanto Paese “cruciale” all’interno dell’Unione europea.
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