Rigopiano, la Natura va rispettata
La tragedia del Rigopiano somiglia a quella della Concordia: sul Gran Sasso come al Giglio grandi strutture turistiche e la Natura; in mezzo, gli uomini che dovevano gestire il rapporto tra tecnologia ed elementi naturali. Un rapporto che è delicatissimo. Un rapporto che un tempo era marcato a fuoco dal concetto ‘la Natura va rispettata’. Un rapporto che spesso oggi salta per l’incapacità di molti di usare con prudenza gli strumenti della tecnologia.
La brutta vicenda dell’hotel ai piedi del Gran Sasso rischia di ripercuotersi sul turismo appenninico, proprio quando ha più che mai bisogno di essere rilanciato. Sul Rigopiano la verità la diranno i magistrati: ma che l’hotel fosse dotato o no delle necessarie autorizzazioni, che si trovino – se ci sono – responsabili o un responsabile anche qui, ciò non cambierà il fatto che l’hotel si trovasse in un fondovalle, cioè a valle, non a monte, di possibili accumuli di neve. E’ mera fisica, è semplice buon senso. Nella stessa posizione si trovano migliaia di strutture turistiche? Vero, ma strutture che altrove sono – si spera – ‘protette’ dalla ‘cultura della Montagna’ di amministratori pubblici e privati, di guide alpine, pensionati ma anche scolaretti: che si traduce anche in affidabilità turistica di un territorio, e che in questo caso avrebbe forse lanciato un ben più urgente allarme per gli enormi accumuli di neve e consigliato per tempo lo sgombero immediato.
La cultura della Montagna, come quella del Mare, sa che la Natura è ancora oggi più potente dell’uomo e che l’uomo la deve rispettare: qualunque siano gli strumenti tecnici di cui dispone, perché la Natura è dotata di entropia e fa riferimento al ‘caos’, che è una realtà che, pure, la scienza ci insegna. E, quindi, la Natura non è mai fino in fondo prevedibile, e meno che mai controllabile e gestibile attraverso la tecnologia. Ma questa consapevolezza, che accomuna i ricercatori e i teorici della scienza ai montanari e ai marinari di buon senso, permea solo una parte della ‘classe dei decisori’, dal livello più alto a quello più basso; classe che in troppi casi è sbilanciata verso una fede incondizionata in una presunta onnipotenza della tecnologia. Che peraltro in certi casi neanche finanzia: pochi geologi, carte non aggiornate; e quindi magari, chissà, considerate obsolete per le tracce di quelle ‘antiche’ valanghe – anche in zona Rigopiano – che vi sono disegnate. E, in certe aree, pochi spazzaneve.
Di questa mentalità sono figlie decisioni e comportamenti diffusi ad alto e basso livello. E’ nel mancato rispetto della Natura che hanno avuto origine le decisioni in materia di energia che inquinano il Pianeta – e di cui con i disastri dovuti allo sconvolgimento del clima la Natura sta cominciando in questi anni a farci pagare il conto. Un conto che è salatissmo, in termini economici. E’ per il mancato rispetto della Natura, quella ‘esterna’ e quella ‘interna’ all’uomo e cioè il suo organismo, che migliaia di imprudenti si improvvisano alpinisti: frequentano corsi on-line su roccia e ghiaccio, acquistano attrezzature supertecniche, e poi affrontano da soli, senza esperienza, senza istinto, e senza neanche una guida professionista del posto, roccia e ghiaccio, ma anche ghiaia instabile ed erba scivolosa. Vittime di questa mentalità, fanno girare l’economia degli articoli sportivi e risparmiano su quella delle guide professioniste, l’economia della montagna: col risultato purtroppo di finire, a volte, pallidi e scomposti, impacchettati nelle loro sgargianti tute in fondo ad un vallone. Esito di certo non cercato come soluzione finale da chi affrontata la montagna super attrezzato.
La Natura è contenuti, non solo svago, sportivo, o estetico. Ma è difficile capirlo se non si esce, anche psicologicamente, dal suv, dal piumino e dalla piscina dell’albergo, e non si cammina in silenzio nella neve. Non si capisce, se non si scende dalla supernave da crociera e non si tocca, almeno con le dita, l’acqua del mare. Protetti dal guscio tecnologico, che è fisico ma soprattutto psicologico, siamo tutti tentati, oggi, da quello che il filosofo Hans Jonas ha definito pochi decenni fa ‘prometeismo’ dell’uomo contemporaneo, cioè un superomismo dovuto alla fede incondizionata nella tecnologia.
Ma messi come siamo, più di sei miliardi e in crescita esponenziale sia per numero che per inquinantissimi consumi pro-capite, se vogliamo andare avanti almeno un po’ dobbiamo abbassare le nostre pretese e recuperare la saggezza montanara e marinara: la saggezza millenaria della civiltà greco-romana, delle tribù indoamericane, delle civiltà dell’Indo e dello Yangtze, delle Alpi e dell’Himalaya, una saggezza intrisa di quella che lo stesso Jonas chiama, semplicemente, ‘prudenza’: sia che maneggiamo l’atomo, sia che ‘maneggiamo’ la nostra vita di tutti i giorni. La saggezza che dice che la Natura va rispettata: fuori e dentro di noi.
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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]