Questione di dignità

Giorni fa era stata annunciata l’intenzione di Donald Trump di inviare come Ambasciatore presso l’Unione Europea, a Bruxelles, il suo amico Ted Malloch, un signore conosciuto soprattutto per la sua attiva ostilità contro quella che era allora l’Unione Sovietica, e uso a parlare con sboccata franchezza. Lo stesso Malloch, in una dichiarazione pubblica, ha reso chiarissime varie cose: la sua convinzione che l’Euro debba saltare e salterà presto; il suo disprezzo per l’Unione Europea; il suo proposito di “aggiustarla” come fatto a suo tempo coll’Unione Sovietica. Non ci vuole molto a capire che un soggetto del genere è assolutamente inadatto a rappresentare il proprio Paese presso le istituzioni europee.

Naturalmente, un Ambasciatore non è tenuto ad amare il Paese o l’Organismo presso cui è accreditato. Deve però almeno rispettarlo e, se ha delle riserve, tenersele per sé. Altrimenti, non è in grado di svolgere un lavoro utile. Il compito di un Ambasciatore, ricordiamolo, è ovviamente di difendere gli interessi del proprio Paese, ma per farlo deve cercare di conoscere, comprendere e, sì, rispettare quello in cui serve. Deve in sostanza essere un ponte teso tra due rive magari opposte e deve essere un ponte affidabile e ritenuto tale da ambedue le parti. Nei rapporti internazionali, conta si capisce il gioco degli interessi, ma il rispetto personale, la stima di cui un Ambasciatore sa circondarsi, sono anch’essi elementi importanti, che spesso contribuiscono a rendere più fluidi i rapporti. Un Ambasciatore che si comporta in partenza, come il signor Malloch, è per definizione inutile e, peggio, dannoso.  Del resto, per questo è previsto il “gradimento” di un Ambasciatore da parte del paese in cui è destinato. È un filtro che serve ad assicurarsi che l’Ambasciatore non sia un nemico a priori, che le sue idee non siano incompatibili e ostili (il Vaticano è particolarmente attento in questo campo, e si capisce perché). Per questo, il governo che procede alla nomina deve assicurarsi discretamente che l’inviato non incontri ostacoli e, beninteso, la prima precauzione è che nulla, nel suo curriculum o nelle sue prese di posizione conosciute, costituiscano un impedimento evidente  Questo, persino Trump dovrebbe saperlo (e difatti a Mosca si è affrettato a mandare un amico di Putin).

Perciò  hanno fatto benissimo i principali gruppi del Parlamento Europeo, dai Popolari ai Socialisti passando per i Liberali, a pronunciarsi pubblicamente contro la concessione del gradimento per questo inaccettabile personaggio. Certo, la sua nomina non era stata ancora formalizzata e il gradimento non era stato richiesto; certo, concederlo o no dipende dalla Commissione e alla fine dai Governi dei Paesi membri, ma una presa di posizione  anticipata del Parlamento ha un peso che non può essere ignorato. Speriamo che a Washington si capisca che la nomina va ritirata o, se fosse confermata, che Bruxelles lo consideri come un atto di aperta ostilità e rifiuti il gradimento. Sarebbe un gesto di pura e semplice dignità di fronte al comportamento sprezzante del Presidente degli Stati Uniti per l’Europa, già messo in luce sinistra nel suo incontro col Primo Ministro inglese. Se a Donald Trump piace fare il bullo, lo faccia con altri. E l’Europa ne tragga lo spunto per, finalmente, crescere.

È confortante vedere che due milioni di inglesi hanno firmato una petizione contro la visita a Londra del neo-Presidente USA e che la Regina si sia discretamente smarcata dall’invito esteso con zelo servile da Theresa May. Veramente dobbiamo ricevere lezioni di dignità dagli inglesi del Brexit?

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