Cronache dai Palazzi
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum, le forze politiche sono al lavoro per costruire un’intesa sulla nuova legge elettorale. Si attendono comunque “le motivazioni” della sentenza della Consulta (tra il 7 e il 9 febbraio) e i vari partiti non sembrano aver fretta di decidere.
In un clima che denota una certa incertezza strategica da più parti, il Pd propone il premio di coalizione anche alla Camera; riguardo ai capilista bloccati il M5S dice sì alla Camera e no al Senato; Forza Italia invece si compiace dell’allontanamento delle elezioni. Il Partito democratico propende per un ripristino del Mattarellum, d’accordo con Lega e Fdl. Gli azzurri preferirebbero un ritorno al proporzionale mentre i pentastellati oltre a caldeggiare l’applicazione della legge prodotta dalla Consulta hanno elaborato una loro proposta, il cosidetto Legalicum, che attende di essere esaminato insieme a tutte le altre proposte (Mattarellum e Lauricellum per il Pd, sistema tedesco per Ala) previsto per il 9 febbraio.
“Portiamo al Senato ciò che resta dell’Italicum – ha affermato Federica Dieni dei Cinque Stelle – con il premio di maggioranza al primo partito, la doppia preferenza di genere ma non i capilista bloccati che vanno lasciati alla Camera”. Il democratico Emanuele Fiano, già relatore dell’Italicum e della riforma costituzionale, sta invece lavorando ad un testo base che dovrebbe riequilibrare le varie posizioni: “Il punto di caduta potrebbe essere il premio alla coalizione anche alla Camera – spiega Fiano -, il meccanismo studiato da Lauricella per introdurre un premio al Senato, i capilista bloccati, l’armonizzazione delle soglie”. Nell’attesa di mettere a punto tutto ciò le varie forze politiche e i vari leader cercano di costruire dei fronti. D’Alema incontra Sinistra Italiana, Sel e i suoi nel Pd, per “tenersi pronti ad ogni evenienza”. Nell’area centrista il ministro Carlo Calenda sottolinea il “rischio” di elezioni “in giugno a ancor peggio in aprile”. “Il vero tema è mettere in sicurezza il Paese e le riforme fatte dal governo Renzi”, puntualizza Calenda in un’intervista sul Corriere della Sera. “Ritengo sia imperativo riflettere sui rischi collegati alla scelta di andare subito alle elezioni”, ammonisce Calenda.
Il titolare per lo Sviluppo economico elenca una serie di “appuntamenti ineludibili” che il governo dovrà rispettare nel pieno delle regole e beneficiando della necessaria stabilità: “Bisognerà attuare le iniziative per stabilizzare il sistema bancario, andrà implementato il piano Minniti sull’immigrazione per fronteggiare gli sbarchi estivi, andrà impostato il lavoro sulla ricostruzione delle zone terremotate, andranno fronteggiate alcune difficili e fondamentali crisi industriali”. Gestire tutto ciò con “un esecutivo dimissionario”, per di più in piena campagna elettorale, può rivelarsi deleterio.
Il partito del “voto subito” viene arginato anche dal presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, che afferma: “Nei Paesi normali alle elezioni si va a scadenza naturale e a noi manca un anno”. Napolitano riceve inoltre l’assist di Pier Luigi Bersani che avverte degli umori non rasserenanti all’interno del suo partito. Attaccato da Fratelli d’Italia e Lega, Giorgio Napolitano riceve invece piena solidarietà da parte del presidente Sergio Mattarella e dei presidente di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso.
“In Italia – ha ammonito l’ex capo dello Stato – c’è stato un abuso del ricorso alle elezioni anticipate. Bisognerebbe andare a votare o alla scadenza naturale della legislatura o quando mancano le condizioni per continuare ad andare avanti. Per togliere la fiducia ad un governo deve accadere qualcosa. Non si fa certo per il calcolo tattico di qualcuno”.
Salvini e Meloni non condividono le parole di Napolitano. La leader di Fdl, in particolare, sottolinea che “il popolo vuole il voto”. Mentre in area Pd, Guerini, Zanda, Finocchiaro ed altri prendono le difese dell’ex capo dello Stato. Forza Italia si astiene dimostrando comunque un certo attendismo per quanto riguarda il voto a giugno. Anche Matteo Renzi sembra essersi rassegnato a proposito di urne nel più breve tempo possibile. “Non mi va di essere raffigurato come una persona ròsa dalla voglia di andare alle elezioni anticipate per prendersi la rivincita”, dichiara l’ex premier, ammettendo di aver tirato male il calcio di rigore con il referendum del 4 dicembre, e ricoscendo che “è cominciata una fase politica diversa”, nella quale potrebbe non fare il premier. “Magari potrebbe toccare ancora a Paolo Gentiloni o a Graziano Delrio”, di certo “lo scenario della prossima legislatura imporrà probabilmente governi di coalizione”, afferma Renzi, e “trattare con l’Europa e ottenere risultati sarà più difficile, nel nuovo scenario internazionale”.
A proposito di rapporti con l’Europa, il neoeletto presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, elogia lo stile di comunicazione del neopremier Paolo Gentiloni: “Mi pare che Paolo Gentiloni abbia capito meglio di altri che tipo di linguaggio usare a Bruxelles. Sta cercando di trovare una soluzione, senza rinunciare alle richieste italiane”. Antonio Tajani afferma inoltre che “quello tra risanamento e crescita non è un matrimonio impossibile, a condizione di lavorare sulla qualità della spesa”. Del resto “in una famiglia le regole vanno rispettate” e l’Ue è una grande famiglia, o almeno aspira ad esserlo.
Flessibilità e crescita non devono rappresentare in pratica “una scusa” per non rispettare le regole. “Occorrono impegni seri”, ammonisce il presidente del Parlamento Ue. In Italia le riforme sono necessarie, il terremoto rappresenta “una grave emergenza”, ma tutto ciò “non c’entra nulla con le riforme che riguardano qualsiasi governo: giustizia, fisco, pubblica amministrazione. Non si può tirare a campare, perché questo indebolisce sia noi che tutta l’Europa”. Nel contempo “indebolire l’Europa non ci darebbe nessun vantaggio. Ogni scelta protezionista e nazionalista a medio e lungo termine provoca danni all’economia”, afferma Tajani in un’intervista al Corriere.
L’aggiustamento dei conti pubblici “è indispensabile” afferma a sua volta il ministro dell’Economia italiano Pier Carlo Padoan che sta elaborando, di concerto con il premier Gentiloni e la squadra dell’esecutivo, una proposta di risanamento del deficit strutturale da presentare alla Commissione europea. Le misure annunciate dal governo “saranno adottare al più tardi a fine aprile”, ha affermato il ministro Padoan, quando sarà pubblicato il Documento di economia e finanza con il Programma di Stabilità da trasmettere all’Ue. L’operazione di correzione dei conti sarà inserita nel quadro di una politica economica fatta di “tagli di spesa, rilancio degli investimenti e riforme”, e “tesa a consolidare la crescita”. L’emergenza terremoto non inficerà i conti e, a tale proposito, il governo italiano ha varato un nuovo decreto che “vale alcune centinaia di milioni”, ha dichiarato il premier Gentiloni. Il suddetto decreto prevede l’accelerazione delle procedure per le verifiche di agibilità, la ricostruzione delle case e degli edifici pubblici, la realizzazione degli insediamenti temporanei e la rimozione delle macerie. Tra gli altri provvedimenti: proroga della cassa integrazione per i dipendenti delle imprese danneggiate; sospensione delle cartelle esattoriali; busta paga senza ritenute Irpef fino a settembre per tutti i lavoratori residenti, a prescindere dalla sede legale dell’impresa dove lavorano. Ed infine contributi alle famiglie più povere, con un reddito Isee inferiore ai sei mila euro e contributi al settore agricolo. La Protezione civile potrà inoltre assumere nuovo personale.
Per quanto riguarda le nuove entrate “un miliardo è atteso dal rafforzamento di misure contro l’evasione che si sono mostrate già efficaci”, ha spiegato il ministro Padoan. In primo luogo l’inversione contabile dell’Iva, il cosiddetto “reverse charge”, e l’autoliquidazione della stessa imposta, lo “split pavment”, per cui oggi lo Stato versa l’Iva sugli acquisti di beni e servizi direttamente a se stesso. Un meccanismo che potrebbe essere applicato anche alle società pubbliche. Sono “esclusi” invece interventi sulle aliquote Iva e l’“estensione ai fini della manovra della voluntary disclosure”. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti esclude a sua volta manovre sulle pensioni e ricorda l’Ape, l’anticipo previdenziale, che partirà a maggio.
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