Parigi, banlieue in rivolta contro la Polizia

La capitale francese, oggi come non mai, è specchio e cassa di risonanza del malessere che attraversa l’intero Paese. Fra le società più multi-etniche d’Europa, la Francia eredita un pluralismo culturale – derivato dalle politiche coloniali del passato – che la impegna in un perenne e difficoltoso processo d’integrazione. La diversità può essere una risorsa, una spinta a sviluppare nuove vie, ma non può prescindere dalla realizzazione di uno stato di equilibrata convivenza tra le parti. Condizione che, attualmente, in terra transalpina non c’è.

Ancora una volta, è la periferia di Parigi a urlare: quella degradata, emarginata, che al bon vivre non ha accesso; quella colorata che ha radici in Nord-Africa e professa una religione differente; quella con un’altra visione della vita e prospettive di benessere ridotte al lumicino. Il primo rischio, nell’amalgamare tradizioni  profondamente diverse dai costumi locali, è di ottenere l’effetto opposto: il ghetto. Si aggiungano, inoltre, la crisi economica dell’Eurozona e il conflitto che infiamma e destabilizza Medio Oriente e lembi mediterranei di Africa. Le sanguinose lotte per il potere tra sciiti e sunniti, la nascita dell’Isis, i crolli di dittature che generano nuove jene pronte al “fiero pasto”, gli interessi delle grandi potenze dietro le quinte – ovvero, in sintesi, le componenti dell’odierno mercato della guerra – hanno rinnovato lo scontro globale tra Islam e “Occidente sfruttatore”, insinuandolo all’interno dei  nostri stessi confini.

Le tensioni nelle grandi città europee, mete di ingenti flussi migratori dalle aree di conflitto, si riverberano non solo sul piano sociale, ma anche ideologico, creando il bacino di coltura più adatto per fornire nuovi disperati e rabbiosi adepti al terrorismo internazionale. Lo sanno bene i poliziotti francesi, in passato impegnati a sedare violentissime sommosse nella periferia della città della Torre Eiffel e oggi costantemente in “allerta sicurezza”, dopo gli attacchi di cellule del Califfato a Charlie Hebdo, Bataclan e Nizza. Sanno che le disadattate generazioni di figli di migranti vivono in una terra di Mezzo dove non si sentono davvero francesi. Il pericolo è che, per risolvere la propria profonda crisi identitaria, si rifugino nel radicalismo islamico.

In ogni caso, tutto ciò non giustifica quanto successo ad Aulnay-sous-Bois, nel quadrante nord di Parigi, dove un giovane ventiduenne di colore, fermato durante un’operazione di controllo, ha subito gravi violenze dagli agenti che lo avevano tratto in arresto. Il ragazzo, risultato incensurato e identificato col solo nome di Théo, ha accusato i poliziotti di violenze a sfondo sessuale. Alcuni testimoni e l’esame di un filmato ripreso da una camera di videosorveglianza confermerebbero, da parte di uno dei gendarmi, l’uso del manganello per sodomizzare il giovane. I medici hanno riscontrato lesioni, con prognosi di 60 giorni, assolutamente compatibili con la versione dei fatti che inchioda i quattro poliziotti, sospesi dal servizio e incriminati per violenza sessuale e di gruppo.

La banlieue, teatro della vicenda, è letteralmente insorta e, da giorni, le forze dell’ordine cercano di sedare la rivolta. Al momento, si registrano 28 arresti e una decina di veicoli dati alle fiamme. Il presidente Hollande si è recato in ospedale per visitare la vittima dello stupro e il premier Cazeneuve ha invocato massima fermezza contro gli atti degli agenti. Si ha timore che gli scontri tra abitanti e polizia possano sfociare in violenze ancor più gravi e in una maggiore militarizzazione del territorio. Per disinnescare tali eventualità e placare gli animi, il sindaco di Aulnay ha fatto appello alle istituzioni, affinché diano un segnale forte di vicinanza, protezione e giustizia alla cittadinanza.

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