L’elezione di Steinmeier

Di solito, l’elezione di un Presidente della Repubblica tedesca non fa notizia. In Germania, il Capo dello Stato ha funzioni quasi meramente rappresentative, inferiori anche a quelle del Presidente italiano, ed è comunque una figura molto secondaria rispetto a quella poderosa del Cancelliere.

Perché questa volta l’elezione di Frank-Walter Steinmeier, ex Ministro degli Esteri socialista del Governo di Berlino, ha richiamato tanta attenzione? La ragione è semplice: Il nuovo Capo dello Stato è stato eletto dall’Assemblea degli elettori (deputati del Bundestag e delegati degli Stati federali)  al primo scrutinio, con una maggioranza schiacciante. Per lui hanno  votato la maggioranza di Governo, composta da Popolari e Socialisti, ma anche i Liberali e i Verdi. In altre parole, la Germania ha fornito ancora una volta una prova di serietà, di senso di responsabilità e di rispetto della lettera e dello spirito degli accordi politici. Chi lo paragoni ad analoghe vicende italiane può trarne le conclusioni.

Questa constatazione non si riferisce solo al passato e al presente, ma si proietta sul futuro. Nelle elezioni di settembre, non è chiaro se vinceranno Popolari o Socialisti (i sondaggi danno il candidato socialista, Schulz, in lieve vantaggio sulla Merkel) ma è quasi certo che il vincente, chiunque sia, non avrà la maggioranza dei seggi al Bundestag e quindi una forma di coalizione sarà necessaria, sia con la ripresa della attuale “Grande Coalizione”, sia con altre formule, dipendendo dal peso che avranno in Parlamento Liberali e Verdi. SI tratterà comunque di un’alleanza che escluderà l’estrema destra. È quindi importante che si annunci a priori credibile e quindi garanzia di stabilità. Nella difficile fase che attraversano l’Europa e il mondo, non ci possiamo permettere una Germania allo sbando.

Anche la scelta del nuovo Presidente va nella buona direzione, Steinmeier è uomo di conciliazione, di dialogo e di buon senso e fortemente europeista. Mentre non è chiaro quale sia il futuro politico della Francia, e dell’Italia è meglio non parlare, queste sono caratteristiche rassicuranti, un lieve bagliore nell’oscurità che ci minaccia. Nel suo primo discorso, l’eletto ha infatti saputo trovare parole quanto mai sagge e appropriate, specie quando si è riferito alla Germania come una roccia di solidità e stabilità (ma io aggiungerei: di buon senso) nel mondo moderno.

In Italia vige da tempo una stolta moda antitedesca (e soprattutto anti-Merkel) e con essa una scellerata corsa a rinnovate forme di nazionalismo. La cosa curiosa è che i leader nazionalisti dei vari Paesi si considerano alleati, si elogiano mutuamente e hanno trovato in Donald Trump, a torto o a ragione, il loro modello e punto di riferimento ideale. Senza pensare, gli sciocchi, che i nazionalismi possono in superficie apparire affini e cooperare, ma alla fine sono sempre, sempre, antitetici l’uno all’altro. Se in Francia e in Germania, o anche in Italia, andassero al potere le destre, inevitabilmente esacerberebbero ciascuna la difesa dei rispettivi interessi (o illusioni) nazionali e finirebbero, come la Storia ha puntualmente insegnato, per affrontarsi.

Perciò ben vengano Steinmeier e una Germania moderata e responsabile. Buon lavoro, Presidente.

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