Trump e la NATO

Parlando a Tampa, in Florida, davanti a un pubblico di militari, Donald Trump ha vigorosamente espresso il suo “pieno appoggio alla NATO” (che in altre occasioni aveva definito “superata”), chiarendo che i suoi problemi coll’Alleanza sono di natura finanziaria, non di sicurezza, e riguardano i contributi dei vari alleati alle spese comuni.

Il luogo in cui si esprimeva non avrebbe potuto essere più significativo. Tampa è la sede del comando delle forze americane che operano nel Medio Oriente. Molto semplicemente, senza le  basi NATO nel Mediterraneo, queste forze non avrebbero alcun punto di appoggio in quella regione, dalla quale dovrebbero essere assenti. Questo, diplomatici e militari americani lo sanno benissimo. Più in generale, se è vero che l’Europa deve alla NATO e al preponderante contributo americano di non essere divenuta durante la Guerra Fredda una colonia sovietica, è vero anche che l’Alleanza è stata strumento e veicolo primordiale per affermare l’influenza di Washington in Occidente. Anche questo, generazioni di politici, diplomatici e militari americani lo hanno sempre compreso.

Vecchie glorie? Niente affatto: la NATO ha dimostrato negli anni Novanta, finita la Guerra Fredda, una straordinaria capacità di adattamento: è intervenuta efficacemente nei Balcani, ha aperto le porte ai Paesi che uscivano dal Patto di Varsavia, garantendo la loro sicurezza, e tutto questo mantenendo un dialogo aperto con la Russia di Eltsin e poi con quella di Putin ai primi mandati. Se ci guardiamo attorno, vediamo che il mondo resta un luogo pericoloso: lo è per quelli che sono più direttamente esposti al ritorno aggressivo della Russia, lo è per quelli che sono più direttamente esposti all’estremismo islamico. In sostanza, la NATO mantiene intatta la sua fondamentale funzione di garantire sicurezza e solidarietà all’Occidente.

Non c’è alleato, non c’è politico serio, che non lo capisca. Solo Marine Le Pen dichiara che, se vincesse le elezioni, la Francia uscirebbe dall’organizzazione militare integrata della NATO, ritornando cioè a una situazione voluta dal Generale De Gaulle, durata oltre trent’anni e superata solo sotto la presidenza di Jacques Chirac. Cosa vuole Marine Le Pen? Recuperare la sovranità nazionale sulla forze armate francesi e sulla “force de frappe” nucleare? Ma non si accorge di essere ridicola?

La NATO però può, a differenza dell’UE, sopravvivere senza la Francia: non, però, senza altri Paesi, tra cui l’Inghilterra, la Germania, l’Italia e, soprattutto, senza gli Stati Uniti. Un Presidente USA che volesse distruggere l’Alleanza Atlantica sarebbe come se il Papa volesse distruggere San Pietro.

Cosa ha fatto cambiare idea a Donald Trump (se veramente l’ha cambiata)? Il parere dei militari e delle agenzie di intelligence? Le posizioni di una parte importante del suo partito? Una considerazione meno demagogica degli interessi globali degli Stati Uniti nel mondo?  O semplicemente l’effetto calmante del trovarsi alla Casa Bianca e rendersi conto della complessità dei problemi e dell’inesistenza di soluzioni facili e indolori?

Non credo che un “bilateralista” (o meglio “unilateralista”) come lui si sia convertito in un “multilarista” convinto, tutt’al più, da pragmatico qual è, ha aggiustato alcune linee. Cosa farà con l’ONU, il FMI, la Banca Mondiale, l’OMC, l’Accordo di Parigi sul clima? Ricordiamo che gli organismi multilaterali, pur nella loro imperfezione, sono la sola diga al caos dei nazionalismi. Questo non piace molto alla destra americana, ma neppure al tempo di Reagan gli Stati Uniti hanno mai veramente abbondonato il multilateralismo.

Vedremo. Intanto, contentiamoci dell’affermato sostegno alla NATO. Ma prepariamoci anche ad esaminare seriamente le due questioni che Trump ha posto: la ripartizione degli oneri  e il ruolo antiterrorista dell’Alleanza. Speriamo che non siano finiti i tempi di una forte alleanza transatlantica. Forse, però, si allontanano i tempi in cui gli Stati Uniti finivano col pagare per tutti.

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