Il permafrost si scioglie, aumenta effetto serra
Non solo il ghiaccio: anche il permafrost, il terreno gelato delle latitudini artiche, si sta sciogliendo. Ma il permafrost è ricco dei gas che ha imprigionato quando si è formato, millenni fa: in primo luogo la CO2. Sciogliendosi a causa dell’effetto serra, il permafrost sta cominciando a rilasciare CO2, che si aggiunge a quella già presente nell’atmosfera, aggravando lo stesso effetto serra. Il fenomeno è stato evidenziato da una ricerca dell’Ismar-Cnr, l’Istituto di scienze marine di Bologna, e pubblicato su Nature Communications.
Il messaggio che ne deriva è straordinariamente importante, anche se è stato sottovalutato: la progressione dell’effetto serra non è aritmetica, ma geometrica. Il messaggio è grave, perché le previsioni di aumento del riscaldamento globale non hanno considerato questo possibile fattore di incremento della temperatura, ed i piani di riduzione dell’inquinamento atmosferico ne risultano spiazzati.
Sui risultati della ricerca, Tommaso Tesi, ricercatore Ismar-Cnr e primo autore del lavoro, ha spiegato che “oltre un terzo del carbonio della Terra si trova in Artico in uno stato congelato noto come permafrost. Negli ultimi trenta anni questi suoli stanno subendo un progressivo riscaldamento e sono a rischio di destabilizzazione termica, ossia di scioglimento”.
La ricerca del Cnr ha analizzato per la prima volta lo scioglimento del permafrost alla fine dell’ultima glaciazione, ed ha evidenziato in quel periodo un sensibile aumento di anidride carbonica e metano. Il Cnr ha studiato “la destabilizzazione termica del permafrost durante il riscaldamento post-glaciale, risalente dai 14.000 mila ai 7 mila anni fa, quando la concentrazione di anidride carbonica passò da 190 a 270 parti per milione e la temperatura globale media aumentò di circa 4 gradi”. “Le bolle di carbonio intrappolate nelle biomasse del suolo, composte da materiale organico sedimentato nei secoli, una volta scongelate si trasformano da materiale inerte a risorsa viva disponibile allo sviluppo dei batteri che, ‘nutrendosene’, lo trasformano in CO2 e metano. Lo stesso identico processo che ha causato circa 10.000 anni fa un forte innalzamento delle temperature sulla Terra”. Il punto è che il fenomeno potrebbe ripetersi. Ma, questa volta, sommato alla massa di CO2 prodotta dalle attività umane.
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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]