Trump e l’FBI
Non contento di inimicarsi mezzo mondo, Donald Trump ha scelto ora di attaccare personalmente Obama e l’FBI, accusandoli di averlo spiato durante la campagna elettorale, tra l’altro mettendo sotto controllo il suo telefono.
Intendiamoci, credo che sorvegliare un candidato alla Presidenza degli Stati Uniti sia una pratica abbastanza normale per un organismo la cui funzione essenziale è vegliare alla sicurezza del Paese. Kennedy era sistematicamente sorvegliato anche durante il suo mandato, così l’FBI scoprì le sue relazioni con fanciulle di facili costumi legate al mafioso Sam Giancana e l’allora capo onnipotente dell’FBI, Hoover, poté avvertirlo e, a quanto pare, anche ricattarlo per assicurarsi la permanenza nel posto. In questo caso, sia Obama che la stessa FBI hanno vigorosamente smentito l’accusa, e anche questo era normale e prevedibile.
Non credo dunque che Trump sia, né stupito né veramente indignato. Dopo tutto, le elezioni le ha vinte comunque e se il campo democratico ha usato argomenti squalificanti contro di lui, si trattava per lo più di temi noti a tutti. A me sembra piuttosto che il suo attacco sia una manovra per reagire alle notizie sui rapporti che i suoi collaboratori (non solo il suo Consigliere per la Sicurezza Nazionale, che per questo si è dovuto dimettere, ma anche il suo attuale Ministro della Giustizia, Conway) hanno avuto con l’Ambasciata russa. Notizia che non sarebbe in sé conclusiva, se non ci fosse l’inquietante sfondo dei rapporti di Trump con Putin e della campagna russa in suo sostegno.
Sono notizie che disturbano il Presidente e pongono seri ostacoli al suo programma di riavvicinamento a Putin (contraddetto peraltro dalla sua decisione di aumentare il potenziale nucleare degli Stati Uniti e dalla sua politica anti-iraniana). Ho sempre pensato che questo tema, assieme a quello di possibili conflitti d’interesse, costituisca un tallone d’Achille per Donald Trump. E resta scoperto il suo fianco nei confronti degli organismi di sicurezza interna ed esterna degli Stati Uniti. Cose che non fanno presagire una presidenza tranquilla, né priva di conflitti, anche pericolosi.
Purtroppo, quello che sta avvenendo a Washington conferma il degrado presente nella politica di molti tra i maggiori Paesi occidentali, Italia compresa, dove il ”valzer dei dossier” e l’uso dei veleni della calunnia sembrano sostituire il normale dibattito delle idee, che dovrebbe essere la regola di una democrazia avanzata. Anzi, di ogni Paese civile.
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