Una boccata d’ossigeno per l’Europa

 

Il risultato delle elezioni in Olanda è la prima boccata d’ossigeno per un’Europa in affanno. Sui 150 scranni di deputato in palio, il partito populista ed antieuropeista ne ha vinti solo 20. È in aumento rispetto alle precedenti elezioni, ma questo era stato largamente previsto e alcuni si aspettavano addirittura un trionfo. Il resto è andato ad altri 13 partiti, tutti europeisti, e la maggioranza relativa, 33 seggi, ai liberali del Governo uscente di Mark Rutte [in foto, NdR]. Non è ancora chiaro che tipo di maggioranza potrà formare, visto che il Parlamento è  diviso tra partiti di distinta identità e con distinti programmi, dalla destra estrema alla sinistra ambientalista, ma una cosa è chiara: i populisti resteranno fuori del potere.  Gli olandesi, popolo serio e abituato a ragionare, ha voltato le spalle alla demagogia populista e anti-europea.

Come ha potuto realizzare questa impresa il Primo Ministro uscente? La risposta non è complicata: adottando  una linea  ferma ma ragionevole: europeista, ma attenta a salvaguardare i valori nazionali (con ragione: io non credo, e non ho creduto mai, che l’integrazione europea possa farsi cancellando antiche e radicatissime  identità nazionali): non anti-immigrazione a priori, ma decisi a mettere un limite alla minaccia di una presenza sempre maggiore e aggressiva dei musulmani in Olanda, un piccolo Paese in cui la popolazione di origine islamica (turca per lo più) ha raggiunto livelli di guardia, suscitando la preoccupazione le decise  reazioni dell’opinione pubblica.  Poco prima delle elezioni, Rutte aveva compiuto due gesti molto chiari: rifiutato a un Ministro turco l’autorizzazione a fare campagna elettorale in Olanda per il prossimo referendum istituzionale in Turchia (e per questo si è attirato i peggiori insulti e minacce di un Erdogan ormai fuori controllo) e pubblicando una lettera aperta agli immigranti nei quali li invita a rispettare  lingua, leggi e costumi della società in cui vivono o, altrimenti, ad andarsene. Richiesta che mi sembra elementare: se qualcuno viene a casa mia, non posso imporgli di cambiare religione e modo di pensare ma ho il diritto di chiedere, anzi di esigere, che rispetti i miei.

Una linea di questo tipo è oggi la sola in Europa che possa fare da barriera all’ondata populista e razzista che ci minaccia. Non ci vuole un genio politico per capirlo, basta vedere i sondaggi o semplicemente parlare colla gente comune. Ma l’eterna cecità della sinistra radicale non lo comprenderà mai e per questo continuerà a inseguire sogni o utopie di braccia aperte a tutti, in sintonia – come negarlo? – con  una certa demagogia dell’attuale Pontificato.

In Europa, la partita naturalmente è appena cominciata: l’Olanda, per quanto Paese fondatore ed economicamente molto solido, non è da sola decisiva. Vedremo cosa succederà in Francia, in Germania e da noi. In Francia, Fillon aveva  capito la lezione e adottato la linea giusta, quella di una destra europeista, attenta ai valori nazionali, ferma in materia di immigrazione e  il suo programma piaceva e rassicurava un gran numero di moderati francesi. Peccato che la squallida vicenda degli stipendi pagati a moglie e figli e la conseguente inchiesta giudiziaria in corso abbiano fatto a pezzi la sua popolarità, aprendo la strada a una nefasta alternativa tra l’estremismo di Marine Le Pen e l’eterna illusione socialista. In Germania, che vinca la Merkel o vinca Schultz, sarà comunque probabilmente inevitabile una nuova coalizione, che sarà certamente europeista. C’è solo da sperare che i movimenti neonazisti non ottengano risultati significativi.

Quanto a noi, è difficile vedere una luce in fondo al tunnel. La sola cosa saggia da fare è attendere il termine naturale della legislatura, sperando che a destra come s sinistra si realizzino coalizioni di forze che possano costituire un’alternativa al populismo grillino e all’oltranzismo leghista, e permettano comunque all’Italia di restare nel grande solco europeo che essa ha contribuito sessant’anni fa ad aprire.

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