Elettronica, marketing più Product che Client oriented?
Immaginiamo di voler organizzare una cena a buffet con gli amici, di entrare in una salumeria in cerca di bresaola e prosciutto, olive, pizza e formaggio di fossa, e di trovare sul bancone solo stracchino: è più o meno quello che accade quando entriamo in un megastore di elettronica in cerca di un netbook leggero e con una tastiera digitale, e troviamo in vetrina solo pesanti pad montati come schermo sopra leggere tastiere di plastica, ‘che se apri la finestra dello studio e tira vento, il ‘simil netbook’ così ottenuto si capovolge sulla scrivania. Ora immaginiamo di chiedere al salumiere dove sono i salumi, e che quello ci guardi come alieni e risponda ironico che di salumi non se ne fanno più: questa è la reazione media del commesso alla richiesta del netbook di cui sopra, accompagnata da uno sguardo compassionevole e da un’aria che dice “non farmi perder tempo”.
Di fronte a tutto ciò, è chiaro che la mia insoddisfazione come consumatore è un problema che al produttore si pone, eccome: ma mentre nel settore enogastronomico la mia insoddisfazione troverebbe soddisfazione nel negozio accanto, nell’elettronica non se ne parla nemmeno. Ammesso infatti che un salumiere, un droghiere o l’analogo reparto di un moderno supermercato fossero così bizzarri da mettere in vendita solo stracchino, il negozio accanto mi offrirebbe, per concorrenza, tutti i salumi e le delicatezze disponibili sul mercato. Anche se inventati nel Medioevo. Il mercato dell’elettronica, invece, ti offre solo quello che ha da offrire in quel momento. Solo stracchino: e se chiedi del San Daniele, o del Parmiggiano Reggiano, i commessi ti guardano pure male. E fa rabbia, perché sai perfettamente che il mondo è pieno di tecnici informatici che inventano e creano, tecnici che, quando non sono rassegnati, sono liberi dalla pressione psicologica dei grandi produttori; ma tecnici che, per quanto orientati al cliente, restano emarginati in un mercato dominato dall’orientamento al prodotto, e ai grandi numeri.
Quello che accade cercando e non trovando un ‘netbook’, o un cellulare con tastiera fisica e non ottica, per non parlare di sistemi e programmi informatici semplici e stabili, insomma il trovare sul bancone stracchino e solo stracchino invece di salumi e formaggi vari, è l’impatto con quello che si chiama, nel gergo anglofono del settore, ‘marketing product oriented’. Tradotto, significa offerta commerciale orientata in funzione di quello che il produttore vuole vendere – il ‘product’ – e non in funzione dei bisogni da soddisfare del cliente. E’ come entrare in un ristorante, sederci comodamente, prendere il menù ma poi, invece di sentirci offrire dieci primi, dodici secondi, sette contorni, otto dessert e una ventina di etichette di vino, sentirci rispondere dal cameriere: “Zitto e mangia quello che passa il convento”. Beh, non è proprio così, naturalmente: quasi sempre il cliente è una persona che da mesi vede in pubblicità solo zuppa, offerta con tutti gli ammiccamenti immaginabili fino a fargli pensare che esista solo quella. Insomma, è ‘distratto da sé’ ed è ‘formato’ in funzione del prodotto, e non viceversa. Accade un po’ come nell’episodio ‘Hostaria!’ de I Nuovi Mostri, film collettivo a episodi del 1977. Nella scena in questione un gruppo di clienti si accomoda in un ristorante di un rione caratteristico e il cameriere, interpretato da Vittorio Gassmann, ottiene un ordine unico di ‘Zuppone alla Porcara’ dalla dozzina di commensali accomodati. Un ottimo risultato, in termini di ‘economia di scala’ e di impiego razionale dei ‘fattori produttivi’. In cucina inizia la preparazione: gli animi si scaldano – cosa, viene fatto capire, ‘rituale’, e quindi sorta di ‘filiera produttiva’ ormai consolidata – e nel calderone che troneggia sui fornelli finisce di tutto: alla fine, pure una scarpa lanciata nella rissa tra cameriere e cuoco. Il marketing messo in atto dal ristorante e dal cameriere è convincente, e un pezzo di suola rinvenuto in un piatto viene iscritto fra ‘i segreti del cuoco’.
Il marketing dell’elettronica, che come quello del settore enogastronomico è rivolto alla persona e ai suoi bisogni immediati, è dunque ‘product oriented’. A differenza di quello dell’enogastronomia, quello dell’elettronica è però un marketing ‘brutale’ – nonostante le ‘coccole’ al consumatore che il design da una parte e le applicazioni dall’altra mettono in atto – ed è datato: è il marketing che, per fare un parallelo col settore alimentare, veniva applicato dal forno che produceva pane nel Dopoguerra, quando la gente aveva solo fame e non si preoccupava degli ingredienti.
Il marketing moderno è esattamente l’opposto: è ‘client oriented’, orientato al cliente, e offre – vedi ancora ad esempio il forno – pane realizzato con diversi ingredienti, diversa lievitazione e diversi sistemi di cottura. Lo stesso fanno il mercato dell’auto – che offre utilitarie e suv, crossover e familiari – o quello dell’abbigliamento, che offre casual e formale, classico e sportivo; anche se, è vero, è difficile trovare un auto ‘vera’, con telaio separato, trazione posteriore ed elettronica limitata all’essenziale; o un blazer, o una giacca a due bottoni se vanno di moda quelle a tre. Impossibile trovare un maglione di vero cachemire. Vero, non misto, please. O una scarpa a punta larga quando sono di moda quelle a punta stretta. Ovvio che un po’ tutti stiano tirando fuori dagli armadi i prodotti di qualche anno fa, quelli ‘veri’, fatti bene, per durare.
Insomma, la ‘moda’, denominazione accattivante del marketing product-oriented, limita molto la varietà dei prodotti in vendita, ma mai come nel settore dell’elettronica. I megastore dell’elettronica offrono solo gli ultimi ritrovati, in realtà solo l’ultima moda appunto, e nessuno di quei prodotti che erano validissimi, ma che essendo ormai riproducibili non sono più producibili da pochi soggetti e in via esclusiva su larga scala. Perché questo è il nodo: il ‘product’ unico imposto al ‘client’ – come la moda è una sorta di ‘pensiero unico’ imposto ai consumatori – è l’anello di congiunzione fra il mercato e una produzione centralizzata. Tutto qui. E continuerà ad essere così finché i clienti saranno come quelli di ‘Hostaria!’: personaggi radical-chic, atteggiamento che oggi si può rileggere in chiave di ‘vezzosi’ anziché consapevoli ed esigenti, e continueranno ad ordinare la zuppa del giorno.
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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]