Trattati di Roma, allerta sicurezza nella Capitale

La Brexit ha indubbiamente tracciato un solco profondo tra ciò che era la UE prima di essa e ciò che sarà dopo il 29 marzo prossimo, data d’inizio delle procedure formali di uscita del Regno Unito dal consesso istituzionale europeo. La defezione britannica, tutt’altro che unanime, ha segnato il punto apicale della diffusa impopolarità che affligge oggi l’Unione ed è dai più ritenuta uno spartiacque tra la  passata fisionomia di Bruxelles e quella futura.

In occasione della Celebrazione del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, istitutivi della Comunità Economica Europea e siglati nel 1957 dai sei Paesi fondatori (Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo), la città eterna – padrone di casa, il premier Gentiloni – ospita un summit alla ricerca di una rinnovata coesione tra gli Stati membri.

La direzione auspicata è quella di giungere – di comune accordo fra i governi europei – alla sottoscrizione della nuova Dichiarazione di Roma, il cui testo adotta misure volte al forte rilancio dell’Unione e dei suoi programmi. La Dichiarazione sarà firmata dai ventisette leader partecipanti (è assente, naturalmente, l’inquilina di Downing Street, Theresa May); tuttavia, per ottenere unanimità di consenso e stemperare le numerose divisioni interne, è stato necessario diluire in maniera consistente i contenuti del documento, ora privi di particolare forza e incisività. Naufraga, dunque, l’ipotesi di un’Europa a “più velocità”, per virare sul concetto annacquato – ma che mantiene intatto il principio cardine dell’indivisibilità europea – di diverse “intensità” d’integrazione, cui possano discrezionalmente ricorrere i Paesi membri. Non ci saranno un’Europa di serie A e una di serie B, bensì la possibilità di scegliere il livello d’integrazione al momento più congeniale, suscettibile di successivi aggiustamenti.

Maggiore è il grado di coinvolgimento, maggiori saranno i vantaggi; sul piatto, ovviamente, pesa la contropartita delle cessioni di pezzi di sovranità nazionale. L’Est del Vecchio Continente, capeggiato dalla Polonia, ad esempio, non intende aderire a ulteriori trasferimenti di sovranità; molti altri Paesi del fronte orientale subiscono tuttora l’influenza antieuropeista del vicino russo. Nella Dichiarazione, si cerca di supplire agli errori di governance che hanno compromesso l’appeal dell’UE agli occhi del cittadino, rafforzando l’impegno nel sociale, garantendo difesa e sicurezza, variando le politiche monetarie per scongiurare crisi economica, austerity e – finalmente – ripartire con la crescita e gli investimenti.

Il vertice di Roma ospiterà oltre quaranta alte personalità, tra capi di Stato, primi ministri ed esponenti dell’Europarlamento. Le forze dell’ordine sono in massima allerta, perché, a parte il rischio permanente di attacchi terroristici, nel week end capitolino sfileranno anche cortei pro e contro l’Unione, col serio pericolo d’infiltrazione di Black Bloc, no global e faune d’ogni sorta, specializzate nella guerriglia urbana. La Questura ha stabilito il divieto per i manifestanti di indossare caschi, copricapi o indumenti che ne impediscano l’identificazione.

Il centro storico sarà presidiato con unità di controllo presso i varchi d’accesso. In città è previsto lo schieramento di quasi tremila uomini, sopralluoghi e bonifiche sono già in fase d’attuazione e sono stati predisposti l’interdizione del sovrastante spazio aereo, con l’istituzione di una no fly zone, e il rafforzamento della sorveglianza negli aeroporti. Viste le restrizioni a tutela del summit e il clima teso della vigilia, i commercianti del centro hanno deciso di optare per la chiusura dei negozi e un fine settimana di ferie obbligate.

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Tomas Milian

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