Cronache dai Palazzi
I Trattati di Roma del 1957 – embrione dell’Ue – e il discorso di stringata lucidità del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nell’Aula di Montecitorio di fronte alle Camere riunite in seduta comune. Aspettando le celebrazioni del 25 marzo (60° anniversario dei Trattati di Roma), il Capo dello Stato ha tracciato le linee fondamentali di un rilancio dell’Unione europea senza mezzi termini, e rovesciando il motto di Massimo D’Azeglio ha affermato: “Fatti gli europei, ora è necessario fare l’Europa”. Una scelta irreversibile.
Le parole ruvide e senza smussature del presidente Mattarella definiscono L’Ue “ripiegata su se stessa, consapevole dei passi da compiere eppure incerta nell’intraprendere la rotta”. Al bando inoltre gli “arroccamenti e certe puntigliose distinzioni pro-tempore”, in sostanza occorre “coraggio” per fare l’Europa.
Nella pratica “bisogna riformare gli attuali Trattati” a partire da “quello di Lisbona, le cui ambizioni sembrano inadeguate rispetto alla crisi”. A nulla, infine, servono “separatezze e amputazioni” secondo lo stile Brexit.
Con il suo discorso Mattarella cerca di preservare un prezioso bene comune, il patrimonio europeo, con un promemoria che vuole evitare la retorica rivendicando la realtà dei fatti. Occorre quindi rendere onore ai padri fondatori, “uomini che hanno avuto il coraggio di trasformare le debolezze, le vulnerabilità, le ansie dei rispettivi popoli in punti di forza, mettendo a fattor comune le capacità di ciascun Paese e puntando a realizzare una grande società aperta”.
I momenti di “cammino non facile”, che comunque ci sono e ci sono stati, non hanno prevalso e finora ha sempre vinto “una spinta all’unità che si è rivelata più forte degli arroccamenti e delle distinzioni di singoli governi o gruppi di Paesi”. Un discorso assolutamente attuale e valido ancora oggi, nonostante le diverse tendenze alla disgregazione, le spinte isolazioniste, e quindi gli incoraggiamenti alla separazione.
“Oggi come ieri c’è bisogno di visioni lungimiranti, con la capacità di sperimentare percorsi ulteriori e coraggiosi”, ha ammonito Sergio Mattarella, e soprattutto è necessario riconquistare i cittadini accorciando le distanze dalla gente comune, in quanto “un grande progetto politico” è stato trasformato “in un programma tecnico-burocratico nel quale i cittadini stentano a riconoscersi”. “Gli appuntamenti con la storia” non possono essere rimandati, né si può tornare ad innalzare muri divisori. Anche “le grossolane definizioni di Nord e Sud dell’Europa” non rappresentando di certo la “soluzione alla crisi sui debiti sovrani”, né servono a rimettere in moto un’economia un po’ asfittica.
Le celebrazioni dei Trattati di Roma rappresentano di certo l’occasione per ravvivare il sentimento europeista anche se non tutte le forze politiche (Lega e Cinque Stelle in testa) condividono questa volontà, al contrario tacciano di retorica certe parole di incoraggiamento per il progetto europeo, a partire dalla moneta unica. La bozza condivisa dai 27 Paesi membri in Campidoglio in occasione dell’anniversario del 25 marzo raccomanda, non a caso, di condurre l’Unione economica e monetaria “verso il completamento” e mette in evidenza un generale impegno finalizzato alla costruzione di “un’Europa sociale”, che contempli altre visioni oltre a quella dell’austerità di bilancio.
L’Unione europea è “indivisa e indivisibile”: è questo il messaggio fondamentale dell’anniversario dei Trattati di Roma che i 27 rivolgono al resto del mondo ma anche a se stessi. Nonostante tutto permane però il concetto di un’Ue a più velocità in cui agire insieme ma “a ritmi e intensità differenti dove necessario, pur muovendo nella stessa direzione”, così come è avvenuto in passato “in linea con i Trattati e tenendo la porta aperta a coloro che vogliono unirsi successivamente”. Del tutto eccezionali, quindi, sono le operazioni di allontanamento effetto Brexit, che non rappresenta di certo un modello da imitare.
Il tentativo di ribadire un’Europa a più velocità potrebbe comunque portare alla strutturazione di un’Europa à la carte, in cui si potrebbe formare un gruppo dominate e dove ciascun Paese membro potrebbe vedere i doveri comunitari come una scelta (come un menù per l’appunto) più che una necessità. La strada da percorrere sarebbe un’integrazione più forte per alcune materie specifiche, fra gli Stati che condividono le singole scelte, per cui i Trattati fanno riferimento alle cosiddette cooperazioni rafforzate.
Per il vertice europeo il Viminale ha rafforzato le misure antiterrorismo, mettendo in atto “un controllo capillare del territorio”, e innalzato al massimo il livello di allerta, impegnando oltre 5 mila agenti di ordine pubblico, tra cui mille in borghese e altri mille di supporto tra telecamere e intelligence. Tutto ciò per garantire “la protezione delle personalità, la tranquillità dei cittadini e la manifestazione pacifica del dissenso”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Marco Minniti, che ha aggiunto: “Ogni protesta sarà consentita, ma non superando il limite che porta alla violenza”. Dopo l’attacco di Londra, ma anche dopo Nizza (14 luglio 2016) e Berlino (due giorni prima di Natale), è stato infine potenziato il divieto di circolazione per i camion e altri mezzi pesanti: “L’analisi delle modalità di attacco ci consente di aggiungere un tassello fondamentale al quadro che avevamo già delineato per mettere a punto le misure di prevenzione”, ha sottolineato Minniti ricordando che per tre volte i fondamentalisti hanno messo a punto lo stesso copione.
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