La Scozia verso il Referendum indipendentista

Detto, fatto. Tenendo fede alle dichiarazioni del post-Brexit, la premier scozzese Nicola Sturgeon traghetta il Paese verso un nuovo Referendum di matrice indipendentista. La precedente consultazione popolare sull’argomento aveva dato esito negativo, ma – all’epoca – nessuno immaginava che la successiva scriteriata mossa politica del Primo Ministro inglese, David Cameron, “reo”di aver sottoposto ai sudditi di Sua Maestà il quesito sulla permanenza o uscita dall’Unione Europea, avrebbe scatenato l’inferno.

L’endemica pulsione separatista scozzese, mai sopita nell’arco dei secoli, ha ripreso velocemente vigore e i negoziati divorzisti di questi giorni tra Gran Bretagna e Bruxelles hanno servito l’assist vincente al Governo di Edimburgo per rilanciare la questione, con la giustificazione di stabilire se la Scozia voglia seguire la via del Regno Unito o restare, come epresse in gran maggioranza nel corso del voto sulla Brexit, agganciata alla UE.

Il Parlamento di Edimburgo ha dunque approvato, con 69 voti favorevoli verso 59 contrari, la richiesta dell’esecutivo diretto dalla nazionalista Sturgeon d’indire un Referendum bis per l’indipendenza dal Regno Unito, proprio mentre Londra muove i primi passi ufficiali per affrancarsi dall’Unione Europea.

La premier britannica Theresa May ha manifestato l’inopportunità dell’iniziativa, soprattutto se attuata nel delicato momento della Brexit. Teoricamente, il governo centrale di Londra ha facoltà di opporre il veto all’organizzazione del Referendum secessionista; tuttavia, un suo rifiuto potrebbe ispirare sentimenti negativi anche in quegli scozzesi che, pur non essendo nazionalisti, detestano le imposizioni dall’esterno e le limitazioni alla propria sovranità. E’ bene ricordare che Tony Blair, come accadde in passate epoche storiche, accordò alla Scozia una nutrita serie di benefici e privilegi, pur di tenere insieme il Regno Unito. Negare la consultazione significherebbe vanificare gli sforzi compiuti con la cosiddetta devolution. L’altra faccia della medaglia, non meno preoccupante, è invece il rischio di dover incassare un responso separatista, col pericolo d’innesco di analoghi effetti a catena anche in Irlanda e Galles e l’incubo, all’orizzonte, del definitivo sgretolamento dell’UK.

Al momento, la Sturgeon prosegue per la sua strada, pur garantendo che il Referendum sarà fatto al momento giusto, presumibilmente nell’autunno del 2018, quando la trattativa britannica con Bruxelles sarà definitivamente risolta.

Gli attuali sondaggi vedono ancora in testa il No all’indipendenza, ma i Si’ – rispetto alle previsioni fatte in occasione del primo Referendum del 2014 – sarebbero vertiginosamente aumentati dal 28 al 48%, dato statistico che innegabilmente alimenta le aspettative di una possibile vittoria nazionalista e di una conseguente affermazione politica personale di Nicola Sturgeon.

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