Festival (Film, 1996)
Roma, estate 1981. Nascita del figlio, tutto va bene. Pupi Avati riprende con un poetico piano sequenza la visione panoramica della città per poi entrare nella casa dell’attore Franco Melis (Boldi), il protagonista, dove si festeggia la nascita del figlio. Tutto è allegria ed entusiasmo, la nascita del bambino finirà sulle copertine dei giornali femminili, grazie alla brillante agente Mirna (Quattrini) che compila la lista degli invitati illustri. La moglie Carla (Mazzantini) è stanca ma felice, pur se deve subire la ressa dei giornalisti e fingere sorrisi da rotocalco.
Scorrono i titoli di testa su sfondo rosso e fotografie di un matrimonio che sembra felice, quindi comincia il vero e proprio film ambientato nel 1996, in tempi moderni. Per Carlo Melis tutto è cambiato, il successo gli ha voltato le spalle, adesso si ritrova con un matrimonio in crisi, un figlio che tenta il suicidio e una carriera distrutta. Solo un amico lo consola e gli trova qualche ingaggio, l’agente Renzo Polpo (Cavina) che non lo abbandona neppure di fronte ai peggiori insuccessi nei locali di periferia. A un certo punto per Franco si presenta l’occasione del possibile riscatto e di un’imprevedibile rinascita: interpreta un film d’autore che viene selezionato per la Mostra del Cinema di Venezia. Franco e la sua ritrovata famiglia – il figlio non l’ha mai abbandonato e fa il tifo per lui – ci sperano fino in fondo, quasi si illudono, ma alla fine il premio per il miglior attore va al giovanissimo Totò Cascio (nella parte di sé stesso). Nuova delusione per Franco Melis e triste partenza da Venezia con il mondo che crolla intorno al vecchio attore, anche se – unica nota positiva – pare aver ritrovato gli affetti familiari.
Festival è un film minore di Pupi Avati, sottovalutato, persino dalla critica più attenta, ispirato a un episodio della vita di Walter Chiari, che a fine carriera interpretò Romance di Massimo Mazzucco, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, e sperò di vincere la Coppa Volpi come miglior attore, che sarebbe stata una buona occasione di rilancio. Il premio fu assegnato, invece, a Carlo Delle Piane per il ruolo interpretato in Regalo di Natale, diretto da Pupi Avati. Festival è scritto come una sorta di debito morale nei confronti di un grande attore, ma ha anche il merito di mostrare il sottobosco dei premi e delle mostre cinematografiche, in bilico tra grandi aspettative e delusioni in agguato. Avati tratteggia molto bene la psicologia dei personaggi, checché ne dica la critica alta Massimo Boldi è molto bravo e credibile nei drammatici panni di un attore in crisi, depresso, abbandonato da tutti. Gianni Cavina è uno straordinario buon amico mollato proprio quando il successo sembra di nuovo sorridere a Franco. Margaret Mazzantini è a suo agio nei panni della moglie ancora innamorata del primo uomo, Leo (Di Stasio), tra l’altro in giuria al festival e in grado di aiutare Franco. Personaggi positivi fino in fondo sono soltanto Renzo Polpo (l’agente ingenuo e bonaccione, un vero amico) e il figlio di Franco (innamorato del padre), tutti gli altri vivono di luci e ombre molto realistiche e sono pronti a disfarsi del prossimo quando non serve più. Emblematica la figura della bella Isabelle Pasco, attrice a caccia di successo che si lega temporaneamente a Franco. Brava anche Paola Quattrini nei panni di un’agente interessata che torna dal vecchio attore solo quando le cose sembrano andare meglio. Ci sono anche Gianluigi Rondi, Claudio G. Fava, Antonio Tentori e Vincenzo Mollica (inviato televisivo) nei panni di loro stessi, per conferire veridicità alla narrazione, ambientata proprio durante il 52° Festival di Venezia.
Un piccolo film minimalista ma lo stile di Avati c’è tutto: dal piano sequenza iniziale, alla lunga soggettiva che porta l’attore decaduto a percorrere in battello i canali di Venezia mentre il pubblico lo ignora e attende festoso soltanto i nuovi divi. Pennellate di poesia dipingono questa figura di triste attore in crisi, attaccato da una stampa velenosa per una vecchia storia di droga finita nel niente, sbeffeggiato dalla critica, ignorato dal pubblico. Il film serve anche a criticare l’ambiente falso e posticcio di un festival cinematografico, un piccolo mondo popolato di gente perfida, millantatori, sciroccati che vendono sceneggiature ai passanti (straordinario il finale che immortala un autore dilettante che offre versione corta e breve di una sua presunta opera). Girato tra Roma e Venezia, fotografato con toni cupi da Chicca Ungaro, con una colonna sonora struggente di Pino Donaggio, tra immagini reali e parti costruite in sala montaggio di cinema nel cinema, con il finto film interpretato da Melis, in un gelido bianco e nero. Un film da riscoprire.
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Soggetto e Sceneggiatura: Pupi Avati. Collaborazione alla Sceneggiatura: Antonio Avati, Giorgio Gosetti, Doriano Fasoli, Nino Marino. Fotografia: Chicca Ungaro. Montaggio: Amedeo Salfa. Costumi: Isabella Rizza. Scenografia: Alessandra Arienti, Alessandra D’Ettorre, Marina Francini. Suono in Presa Diretta: Bruno Pupparo. Musiche: Pino Donaggio. Direttore di Produzione: Mariantonia Avati. Produttori: Antonio Avati, Aurelio De Laurentiis. Case di Produzione: Duea Film, Filmauro. Distributore: Filmauro. Genere: Drammatico. Durata: 93’. Interpreti: Massimo Boldi, Margaret Mazzantini, Paola Quattrini, Isabelle Pasco, Gianni Cavina, Massimo Bonetti, Lorenzo Flaherty, Andrea Scorzoni, Elide Melli, Alberto Di Stasio, Cinzia Monreale, Irene Grazioli, Jack Basehart, Gianni Franco, Pietro Bontempo, Frank Pevec, Andrea Montuschi, Laura Fo, Dario Ballantini, Renato Rossini, Luciano Roffi, Orazio Stracuzzi, Marco Guadagno, Renzo Rinaldi, Maria Luisa Taddei, Imelde Marani, Chiara Sani, Roberto Ceccacci, Saverio Laganà. Nella parte di loro stessi: Gianluigi Rondi, Vincenzo Mollica, Claudio G. Fava, Totò Cascio. Esterni: Roma; Venezia, durante la 52° Edizione della Mostra.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]