Aquarius (Film, 2016)

Rivedere Sonia Braga su grande schermo, dopo Milagro, Il bacio della donna ragno, Dona Flor e le storie di Amado, le telenovelas brasiliane su Rete Quattro di quando eravamo adolescenti, fa un certo effetto. Bellissima come allora, vera e propria icona sexy del tempo perduto, attrice intensa, perfetta, ispirata. Non per questo va sminuito il merito di Kleber Mendoça Filho, autore a tutto tondo di un film minimalista e politico, poetico e realista, proustiano e bergmaniano, con pennellate di neorealismo in salsa carioca.

In breve la trama. Clara (Braga) è una vedova di 65 anni, benestante, ex critico musicale, che vive nella sua casa di Recife in riva al mare, ultima residente dell’edificio Aquarius, costruito negli anni Quaranta sulla Avenida Boa Viagem. Una società ha acquistato tutti gli appartamenti del complesso residenziale, ma non il suo che resiste, perché Clara non vuole abbandonare la storia della sua famiglia, i suoi ricordi, la sua infanzia, i bagni in mare di primo mattino, nonostante gli squali. Il film è tutto qui, costruito sulla lotta senza tregua tra Clara e l’impresa edile, fino a un rocambolesco finale (che non sveliamo), ma soprattutto è cesellato sui ricordi della donna, sul passato che riaffiora, sul suo carattere forte e deciso, sulla malattia e i lutti che l’hanno colpita, sulla sua grande voglia di indipendenza.

Kleber Mendoça Filho è al secondo lungometraggio – presentato a Cannes con buon successo – e si è fatto le ossa con documentari e televisione, dimostra grande padronanza tecnica, usa al meglio il piano sequenza (straordinario il passaggio dal prato dove una coppia amoreggia, al campetto di calcio, fino al divano della protagonista), non disdegna lo zoom anni Settanta e la macchina a mano. Grande direttore di attori, gestisce al meglio un’ispirata Sonia Braga, interprete di un ruolo complesso, che sostiene tutta l’architettura della pellicola. Alcuni eccessi erotici – che sconfinano nel porno – si potevano evitare, anche perché hanno dato la possibilità al governo brasiliano di vietare la pellicola ai minori di diciotto anni (ridotto a sedici) e di osteggiarla al punto di non candidarla per gli Oscar.

Aquarius è un film politico, la protagonista si scaglia contro i neocapitalisti brasiliani che sono andati a studiare negli Stati Uniti per sfruttare meglio la povera gente e per orientare i comportamenti secondo le regole del dio denaro. Il film esce proprio mentre cade il governo di Dilma Rousseff e il cast in occasione del Festival di Cannes si schiera dalla sua parte, osteggiando il nuovo corso brasiliano. In Italia non abbiamo niente di simile, almeno tra i giovani autori, scavando nei film del passato (Fratelli e sorelle, per esempio) troviamo analogie con il cinema di Pupi Avati. Da vedere.

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Regia: Kleber Mendoça Filho. Soggetto e Sceneggiatura: Kleber Mendoça Filho. Fotografia: Pedro Sotero, Fabricio Tadeu. Montaggio: Eduardo Serrano. Scenografia: Juliano Dornelles, Tales Junqueira. Suono in Presa Diretta: Kleber Mendoça Filho, Emilie Lesclaux, Tales Junqueira. Costumi. Rita Azevedo. Trucco: Tayce Vale. Produttori: Said Ben Said, Emilie Lesclaux, Michel Merkt, Dora Armorin, Tiago Melo. Durata: 140’. Paesi di Produzione: Brasile, Francia. Interpreti: Sonia Braga (Clara), Maeve Jinkings (Ana Paula), Irandhir Santos (Roberval), Humberto Carrão (Diego), Zoraide Coleto (Ladjane), Fernando Texeira (Gerardo Bonfim), Jeff Rosick (Colin McInerny), Julia Bernat, Carla Ribas, Rubens Santos.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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