Il prossimo tuo (Film, 2008)
Un film di Anne-Riitta Ciccone interessante e ben confezionato dal punto di vista tecnico-formale che si sviluppa su tre piani alternati, narrando tre storie parallele ambientate in tre diverse città. Jean Paul è il protagonista del segmento girato a Parigi, un giornalista traumatizzato dalla guerra in Iraq, che non riesce più a lavorare e ad avere un rapporto normale con le donne.
Jean Paul è in crisi con la moglie, ha una storia con una collega più giovane, non può incontrare i figli per un’assurda opposizione della madre che pretende alimenti non pagati, ma soprattutto si ammala di sesso e passa le giornate tra siti porno e incontri con giovani prostitute. Nel segmento romano conosciamo Maddalena, una pittrice che insegna arte alla giovane Elena, figlia di immigrati; due storie di solitudine ben tratteggiate, perché se la prima non vuole uomini accanto dopo aver visto la madre succube del compagno, la seconda è vessata da un padre padrone che non comprende l’arte e la vuole ragioniera. La terza storia è finlandese e narra il rapporto di amicizia tra una hostess che rifugge gli uomini dopo aver subito una violenza carnale e un anziano professore di storia, vedovo della moglie, abbandonato da figlia e nipote tra i ghiacci della sua terra. Il tema conduttore del film è la paura del prossimo, ma la regista affronta anche il razzismo, gli attentati arabi e separatisti (Madrid), la complessità di rapporti tra marito e moglie, il divorzio, la difficoltà di capire i figli adolescenti.
Il prossimo tuo ricorda il cinema di Bergman, come tono e andamento, la regista dimostra mestiere e grande capacità tecnica sia a livello di riprese (straordinarie panoramiche e piani sequenza, ma anche molti campi e controcampi teatrali) che di direzione di attori. La parte finlandese è straordinaria. Ottima la figura del vecchio professore che non comprende il rapido mutare dei tempi e teme per la perdita delle tradizioni, consapevole che la cultura finlandese è rimasta nelle mani di pochi, Una donna ferita ritrova la gioia di vivere accanto a un vecchio che potrebbe essere suo padre e parte insieme a lui per un viaggio capace di esorcizzare le paure di entrambi. Il bagno nuda nel lago finlandese, libera dagli spettri del passato, è un capolavoro sia da un punto di vista tecnico stilistico che come metafora letteraria. Sceneggiatura scritta senza punti morti, con tre storie che si incastrano alla perfezione e che conducono a identica morale, un finale ottimista, dopo aver descritto con dovizia di particolari tanta depressione.
Personaggi più che realistici, azzeccati, veri. Ben scritto il giornalista separato, nella sua depressione maniacale a base di sesso, non è da meno la ragazzina che vuol fare la pittrice, ma anche la pittrice che teme il rapporto con gli uomini e non vuol fare la fine di sua madre, schiava di un uomo. A un certo punto apprezziamo la poesia di Pasolini (Io sono una forza del passato...) che definisce benissimo la figura e il ruolo dell’artista nella società contemporanea. Interessanti le presenze di Remo Remotti e di Franco Citti, come avventori del bar degli extracomunitari, che simboleggiano due romani veraci non razzisti. Notevole la storia francese che mette in campo una famiglia disgregata con una madre nevrotica che vuol portare in analisi due figli normalissimi, perché il primo vuol farsi prete e la seconda vuol abbandonare lo sport. Molto intensa la sequenza in cui la figlia rivela alla madre il grande desiderio di vedere il padre, per poi tornare in piscina sotto gli occhi dei genitori, separati, ma consapevoli che la loro storia non può danneggiare la vita dei figli. Una pellicola che analizza la solitudine umana, mette in primo piano le difficoltà di rapporti interpersonali, i traumi che condizionano la vita, il difficile rapporto uomo – donna, la crisi della famiglia.
Insomma, un film dove pulsa la vita e nel quale si nota una sofferenza vera e partecipe nella scrittura delle singole storie. Fotografia gelida e intensa che simboleggia la freddezza dei rapporti, l’aridità dei cuori dei protagonisti. Musica intensa, suadente e cupa, che accompagna il crescendo del dramma. Anne Riitta Ciccone (Helsinki, 1967), è una regista promettente che ha già fatto cose interessanti, nata da padre siciliano e madre finlandese, assistente e aiuto regista (tra gli altri) di Nanni Loy (1984-1996), dirige in proprio Banana Splatter (1999), Le sciamane (2000), L’amore di Marja (2002), Il prossimo tuo (2008) e Victmis (2010). Ricordiamo le sceneggiature di Benzina (2001) e Voce del verbo amore (2007). Solito problema quando un prodotto è ottimo, quasi un letmotiv: distribuzione carente. Continuiamo così, facciamoci del male.
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Regia: Anne-Riitta Ciccone. Soggetto e Sceneggiatura: Anne-Riitta Ciccone. Fotografia: Fabio Cianchetti, Pasquale Mari, Fabio Zamarion. Montaggio: Luigi Mearelli, Marco Spoletini. Musiche: Franco Piersanti. Costumi: Sabrina Beretta. Produttore: Francesco Torelli. Casa di Produzione: La Trincea, FS Film Oy, Astra Films. Paesi di Produzione: Italia, Francia, Finlandia. Durata: 124′. Genere: Drammatico. Interpreti: Jean-Hugues Anglade, Maya Sansa, Laura Malmivaara, Sulevi Peltola, Massimo POggio, Matti Ristinen, Romina Hadzovic, Ivan Franek, Samuelk Cahu, Aylin Prandi, Lena Reichmuth, Dijana Pavlovic, Diane Fleri, Anis Gharbi.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]