Il dramma del Venezuela
L’attenzione del mondo è attratta, con ragione, da quello che sta accadendo e può accadere in Corea e Siria, in questo momento i due punti più caldi del globo. Ma allo stesso tempo si sta consumando un dramma, ma forse è meglio chiamarlo tragedia, in un Paese che fu per molti anni simbolo di ricchezza e di possibilità, e in cui vivono centinaia di migliaia di italiani: il Venezuela.
Il dramma ha origini ormai lontane: quando al potere salì, democraticamente eletto, un populista coll’animo di dittatore, Hugo Chavez. I suoi propositi erano buoni: superare i grandi dislivelli sociali, favorire le classi meno abbienti, realizzare una società più giusta. Ma i risultati sono stati catastrofici. Il Paese ha percorso senza interruzione una china discendente: demagogia, decisioni improvvisate e letali per l’economia, repressione dell’opposizione, censura alla stampa libera, statizzazioni, alleanza coi peggiori regimi autoritari (Iran in testa), guerriglia contro gli Stati Uniti e l’Occidente, liti coi vicini, il solito cocktail esplosivo portatore di disastri sicuri. Ma Chavez ha potuto disporre per molto tempo delle ampie risorse derivate dal petrolio e finanziare così i suoi folli sperperi. E, a modo suo, aveva una certa statura.
Il suo successore, Nicola Maduro, ha dimostrato di essere solo un pericoloso e incapace demagogo, con nessuna preparazione o cultura economica ma di forte caratterizzazione ideologica e per di più il calo del prezzo del petrolio, principale fonte di entrate per il Venezuela, ha accresciuto di molto la crisi già grave. Il risultato è alla vista: inflazione altissima, corruzione generalizzata e, soprattutto, penuria assoluta di beni e di servizi, compresi quelli basici, come le cure mediche. Il popolo venezuelano ha reagito, dando la maggioranza in Parlamento alle forze di opposizione, le quali hanno tentato di mettere in marcia un processo di destituzione di Maduro per Referendum popolare (previsto dalla Costituzione) ma l’iniziativa (riuscita in Brasile, pur in una situazione non comparabile con quella venezuelana) è stata bloccata dalla Corte Suprema, organo servile del regime. La stessa Corte ha poi messo in atto il goffo tentativo di abrogare il Parlamento e assumerne le funzioni legislative, tentativo frustrato dalla forte reazione interna e internazionale, che ha costretto persino Maduro a fare un passo indietro.
Ma questo non è bastato: la popolazione è scesa in piazza, con manifestazioni che reclamano nuove elezioni, ma che hanno in parte degenerato in saccheggi. La sola risposta del regime, tuttora sostenuto dalle Forze Armate, è stato di ricorrere alla repressione violenta. Il bilancio è già di 11 morti e decine di feriti e centinaia, forse migliaia, di arresti. Sia chiaro che in piazza non è scesa solo la borghesia, danneggiata dallo chavismo, ma lavoratori, gente comune e soprattutto giovani. Per il momento il regime è isolato, salvo l’ovvio appoggio di regimi simili, come Cuba. I grandi Paesi di America Latina sono tutti critici della politica di Maduro e gli Stati Uniti hanno espresso già più volte la loro preoccupazione (a proposito degli Stati Uniti trumpiani c’è peraltro qualche fatto strano: l’America è ormai la sola a pagare in contanti per il petrolio venezuelano e una filiale della compagnia petrolifera di stato del Venezuela risulta aver contribuito con mezzo milione di dollari alle cerimonie per l’insediamento di Trump il 20 gennaio scorso.
Non è possibile dire a questo punto come andrà a finire, se finalmente in nuove e libere elezioni o in una repressione ancora più dura. Ma una cosa si può dire: il Venezuela è un nuovo esempio di come finiscono i populismi di vario segno ma, occorre riconoscerlo, soprattutto quelli di ispirazione marxista: crisi economica, penuria, corruzione, violazione dei diritti umani elementari. E pensare che, anche nel nostro Paese, c’è qualche sprovveduto che continua (o almeno continuava fino a qualche mese fa) a inneggiare pervicacemente allo “chavismo”, nuovo modello di progresso, in sostituzione di tanti altri finiti nelle macerie della Storia.
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